Se molte delle aree di frontiera europea orientale sono in parte riconquistate alle simpatie filorusse – dalla Moldavia di Igor Dodon all’Ungheria di Viktor Orban alla Bulgaria di Rumen Radev – la Bielorussia offre segnali opposti. Se il presidente neo-eletto delle Moldavia Dodon è volato a Bruxelles il 7 febbraio ad annunciare proposte per rivedere e superare l’Accordo di Associazione del suo Paese con l’Unione europea, la Bielorussia sta bisticciando con Mosca sulle frontiere e sul gas, e si apre (moderatamente) a occidente. Da venerdì scorso, tra l’altro, non è più richiesto il visto per accedere al Paese, sebbene per permanenze brevi, fino a cinque giorni.
DEBITI DEL GAS E CRISI FINANZIARIA
La ragione delle tensioni con Mosca è il prezzo del gas: la stessa che ha minato i rapporti anche con altri Paesi, come Ucraina o Moldavia. Come avvenne nel 2004 e nel 2007, nel 2016 la disputa è risorta in un clima di contrazione economica nazionale del 2,6%, che segue un meno 3.9% dell’anno precedente. La Russia chiede il pagamento dei debiti (425 milioni di dollari, secondo l’Economist), mentre il primo ministro Andrei Kobyakov (nella foto) dichiarava il 20 dicembre a Reuters che un prezzo accettabile doveva essere 73 dollari per 1000 metri cubi, rispetto ai 132 dollari richiesti da Gazprom. Intanto un programma del FMI di 3,5 miliardi di dollari di aiuti – che suonano come salvataggio – è previsto per quest’anno.
Il governo di Minsk, per far ripartire l’economia – controllata al 70% dallo Stato – ha rafforzato la caccia agli investitori stranieri, con prime misure di liberalizzazione in materia bancaria e nelle privatizzazioni, e con l’apertura della frontiera senza visto per i cittadini di 80 Paesi, compresi gli Stati membri dell’UE. È la logica dei soggiorni brevi, tipicamente d’affari, con ingresso e uscita dall’aeroporto della capitale. Il 9 febbraio, intanto, il Consiglio Affari generali dell’Unione europea ha abolito, con un gesto corrispondente, il contingentamento sulle importazioni dalla Bielorussia di prodotti tessili e d’abbigliamento.
PICCOLE E MEDIE TENSIONI
Il 3 febbraio, in una conferenza stampa, il presidente bielorusso, Alexander Lukashenko, ha accusato i russi di prendere il Paese per la gola utilizzando lo strumento energetico, di aver violato i trattati bilaterali, di attaccare l’indipendenza nazionale. Il giorno precedente, d’altra parte, il servizio russo di sicurezza, il FSB, aveva annunciato la realizzazione di tre zone di sicurezza sui movimenti delle persone e dei beni nelle regioni russe confinanti. Si trattava di una specie di risposta all’apertura sui visti, ma la tensione è stata per alcuni giorni elevata, per quanto nella norma dell’andirivieni politico est-ovest che caratterizza la politica estera di Minsk. Nella stessa conferenza stampa, Lukashenko ha comunque messo a tacere le voci che circolavano sulla possibile uscita della Bielorussia dal trattato CSTO (Collective Security Treaty Organization) dell’Unione economica eurasiatica guidata da Mosca. Ancora il 5 febbraio però, lo stesso Lukashenko salutava provocatoriamente la “sorella Ucraina che combatte per la propria indipendenza”.
RIFLESSI MILITARI
D’altra parte, va considerato anche il versante militare e di sicurezza. A novembre 2016, al termine di un anno con numerose esercitazioni militari sui due versanti, si sono tenute manovre congiunte anche in Bielorussia, non lontano dal confine con la Polonia, che le fake news accusano di tanto in tanto di inviare guastatori e missioni oltre confine. La Bielorussia è strategica per la sua posizione geografica e anche per il “Suwalki gap”, il collo di bottiglia che la separa dall’enclave russa di Kaliningrad ora armata di missili: un motivo di preoccupazione sulla capacità di movimento della Nato in caso di invasione dei Paesi baltici. La reazione di Lukashenko potrebbe quindi anche essere collegata all’attuale pressione militare russa, che ha pianificato, tra l’altro con un bando pubblico di offerta del novembre scorso, l’invio di 4.162 vagoni ferroviari di materiale militare nel 2017 in Bielorussia, rispetto ai 100-200 vagoni annuali del lustro precedente, come nota Arseni Sivitski, direttore del Centro per gli studi strategici di politica estera di Minsk.
Alexander Surikov, ambasciatore russo a Minsk, pur con l’intenzione di rassicurare gli animi, il 10 febbraio ha detto all’agenzia Tass che le analisi recenti sulle relazioni tra Russia e Bielorussia sono soltanto futili esercizi per minare la fratellanza tra di due Paesi, come avvenuto in passato in altri casi, sull’Ucraina, Moldavia e Georgia.
Visto com’è andata in quei Paesi, è dunque veramente opportuno mantenere una lampadina accesa sulle prossime ed eventuali vicende bielorusse.