Perle di sinistra
Andrea Orlando (ministro della Giustizia): “Bisogna escludere anche la spesa sociale dal calcolo del deficit”.
Vincenzo De Luca (governatore della Campania): “Bisogna assumere qualche decina di migliaia di giovani diplomati e laureati nelle pubbliche amministrazioni del Mezzogiorno”.
Laura Boldrini (presidente o, se preferisce, presidentessa della Camera): “Bisogna ripristinare la tassa sulla prima casa”.
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Caminetti notturni
Matteo Renzi aveva giurato di non volerli, ma un caminetto notturno dei maggiorenti del Pd ha deciso che sarà Matteo Orfini, e non il segretario dimissionario, il reggente del partito durante la fase congressuale. Forse è una mossa per allentare la tensione con la minoranza, forse si spera ancora di scongiurare la scissione. Certamente è una scelta che non risolve nulla. È scoccata, inesorabile, l’ora dei pontieri a Largo del Nazareno. È un film già visto tante volte nella lunga storia di quello che un tempo si chiamava movimento operaio. Generosi o opportunisti, i pontieri spesso hanno finito con l’accendere il fuoco invece di spegnerlo. Se Renzi, smentendosi clamorosamente, si acconcia al ruolo di capocorrente è virtualmente finito.
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Il dandismo che c’è nella politica italiana
“Che cosa fa il dandy? (…) Il dandy non fa niente. (…) E’ la cicala nel formicaio, filo di raso viola che unisce i due lembi dell’accidia e della tracotanza. La sua è la maestà di chi ha capito tutto, ma lo volge in burla per il proprio divertimento – atteggiamento presuntuosamente aristocratico, lo stesso che fece notare André Breton a proposito dell’ufficiale-dandy Jacques Vaché: «disserviva con zelo». Non solo il dandy non fa nulla per propria attitudine, ma si impegna nello sforzo appassionato di non servire a niente, e quindi a nessuno. Chi rifiuta chi, a questo punto? E’ la società che, spinta da un senso di nausea e, forse, di invidia verso quest’essere perniciosamente frivolo che non produce, lo mette al bando? Oppure è il dandy stesso a sfarfalleggiare via dalla massa brulicante di «voglio» e di «mio» per meglio riderne dall’alto di un evanescente trespolo?” (Massimiliano Mocchia di Coggiola).