La crisi politico-militare sviluppata nella città ucraina di Avdiivka, vicino a Donetsk, per una decina di giorni dopo la telefonata tra Donald Trump e Vladimir Putin del 28 gennaio ha lasciato uno strascico di scaramucce e scontri. In quei giorni si era sfiorata la crisi umanitaria (20.000 persone senza gas, luce e acqua con 15 gradi sottozero): e l’ambiente è rimasto minaccioso.
CINQUANT’ANNI DI CRIMEA RUSSA
Il 19 febbraio, il New York Times ha dato notizia di uno schema di piano di pace che supera gli accordi di Minsk: si scambia (una specie di prestito per 50 o 100 anni) la Crimea con il ritiro delle forze russe dal Donbass. La proposta è arrivata sulla scrivania di Michael Flynn, consigliere per la sicurezza nazionale a inizio di febbraio: una settimana prima delle sue dimissioni per aver conversato nel periodo transitorio di sanzioni e di accordi con l’ambasciatore russo a Washington, e senza bene informarne in seguito il vicepresidente degli Stati Uniti. Gli autori del piano sono Michael Cohen, avvocato personale di Trump, Felix Sater, che ha aiutato il Presidente per prospezioni di business in Russia nel 2015 (già in epoca di sanzioni), e Andrii Artemenko, un parlamentare ucraino che viene dal Partito delle Regioni dell’ex-presidente Viktor Janukovyč.
PRESSIONE MILITARE E POLITICA
Il 21 febbraio, al Consiglio di Sicurezza dell’ONU dedicato alla crisi ucraina, il segretario generale dell’OSCE, Lamberto Zannier, ha confermato le preoccupazioni per la situazione militare. In particolare nella zona di Avdiivka ci si spara con le armi leggere ma anche con tiri di esplosivi che testimoniano l’uso di armi pesanti: sono violazioni degli accordi Minsk, così come nel caso dei carri armati che si sono visti nei dintorni della città, e che indicano come un attacco potrebbe partire in brevissimo tempo. Il presidente Putin ha poi adottato un ordine esecutivo di riconoscimento dei passaporti delle sedicenti repubbliche di Donetsk e Lugansk. Ha detto che si trattava di un atto provvisorio e a fini umanitari, raccogliendo però solo reazioni di sconforto e di preoccupazione.
ACQUA SUL FUOCO
Lo schema del piano di pace prodotto dalla cerchia più ristretta del Presidente Trump trova oggi un certo numero di pompieri e diversi oppositori. Dimitry Peskov, portavoce di Putin, ha detto che l’amministrazione russa non ne sapeva nulla. Andrii Artemenko, il parlamentare ucraino che a gennaio aveva esaminato con Sater e Cohen il piano di pace, rischia l’accusa di alto tradimento. Nikki Haley, ambasciatore statunitense di nomina trumpiana alle Nazioni Unite, ha detto che una migliore relazione con la Russia non può essere costruita a spese di amici e alleati. Il segretario alla difesa, Jim Mattis, e il vicepresidente Mike Pence hanno espresso sostegno a favore dell’Ucraina alla Conferenza di Monaco il 17 e 18 febbraio.
Intanto, il disprezzato di piano di pace è rimasto sulla scrivania del generale Herbert Raymond McMaster, successore di Michael Flynn come Consigliere per la sicurezza nazionale.