Da una lettura in filigrana delle pagine lasciate in bianco dal Segretario PD alla direzione del Nazareno, dell’intervista a tutta pagina del Presidente rosso-nero concessa al giornale del rivale di sempre, tessera n. 2 del PD (niente avviene a caso!) ed il silenzio del plenipotenziario Dario Franceschini alla Direzione PD, molto appare assai più chiaro.
Il voto si terrà entro l’anno (“non prima di novembre”) con una legge elettorale di tipo proporzionale (“puro”), il premio di governabilità alla coalizione (come assicurano i cronisti parlamentari che, a più riprese, hanno parlato di disponibilità del PD), i capilista bloccati estesi anche al Senato (qualora si rivelasse impraticabile l’eliminazione delle preferenze come chiesto da Forza Italia). Il tutto con il consenso del premier Paolo Gentiloni che – da leale ed apprezzato “facilitatore istituzionale” (non si ricordano parole tanto generose pronunciate dal Cav all’indirizzo di un Premier che non fosse lui stesso) – potrebbe rappresentare una “giusta” risorsa per un futuro Esecutivo.
I “Moschettieri della terza Repubblica” hanno compiti diversi ma convergenti: Berlusconi si è preso l’incombenza di scaricare Salvini. A Renzi è affidato il compito di riconquistare il PD, “strappare” al centro, liberandosi dalle “grinfie” di una sinistra molto abile nei giochini di palazzo. Mentre a Franceschini, per le sue riconosciute ed apprezzate doti di fine mediatore, è stato affidato il delicato ruolo di tessitore di una possibile proposta politica.
Il ritorno della “Balena bianca”? Macchè! Una DC 2.0? Neppure per idea. Allora cosa? Una coalizione moderata a vocazione maggioritaria, svincolata dai vecchi schemi di centrodestra o centrosinistra ed in grado di sfidare -con qualche velleità di successo- la famigerata soglia del 40%.
Ecco il non detto?
L’ambizione è quella di dare finalmente al Belpaese una nuova fase di stabilità politica sfidando, a viso aperto e senza riverenza alcuna, la montate marea populista.
Il progetto, come del resto tutto il cantiere della politica nostrana, è in fieri e “modulabile” asseconda della fisionomia che assumerà la legge elettorale. Se, infatti, il premio di governabilità dovesse restare alla lista non servirebbe una coalizione per correre alle urne ma la tela tessuta da Franceschini tornerebbe comunque assai utile, dopo. Per dare vita, in Parlamento, ad un vero e proprio “patto politico” da riproporre, eventualmente, anche sul territorio.
Se questo è l’orizzonte scenico su cui gli interpreti reciteranno il proprio copione, un sussulto di realismo s’impone (soprattutto in uno scenario di premio alla coalizione): davvero il PD dei D’Alema, Bersani, Orlando potrebbe allearsi prima del voto con Berlusconi? Per l’attuale assetto DEM, la prospettiva risulterebbe impossibile oltre che impraticabile. Ecco perché serve un tempo sufficiente a porre ogni casella nel posto giusto. Intanto Berlusconi e Renzi si sono portati avanti con il lavoro: il primo disarcionando pubblicamente Salvini (non è l’addio ma una sonora sberla da resa dei conti). L’altro aprendo subito il congresso…
Tutto si tiene nella “Repubblica dei tre Moschettieri”.