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Renzi, il PD e la realtà oltre la narrazione

Ilvo Diamanti ha pubblicato oggi i nuovi dati del suo atlante politico e ci offre la descrizione di una realtà che sempre più sembra essere sconosciuta ai politici che sentiamo e leggiamo da giorni sui giornali e nelle tv.

Il 70% delle italiane e degli italiani non vuole andare al voto prima del 2018. Il dato è oltre il 90% per elettrici ed elettori del PD. Anche nel M5S il 50% si dice non favorevole a un voto anticipato con questa legge elettorale. Incredibile: il 50%.

Sono sempre stato convinto che in un sistema democratico come il nostro la rappresentanza fosse l’elemento fondamentale. Ecco, mi chiedo, ma chi sta rappresentando chi e che cosa? I leader politici che meglio conosciamo, da Matteo Renzi a Beppe Grillo, che cosa stanno inseguendo esattamente? Il sentire comune e chiaro della popolazione o le loro piccole ambizioni personali e politiche?

In particolare, voglio dire una cosa sulla questione del PD: Matteo Renzi è un leader indebolito, anzi, forse già del tutto delegittimato. Andare al voto con le tempistiche che ha annunciato è per me un’assurdità e un azzardo davvero troppo grosso. Sembra una posizione condivisa anche nelle file della maggioranza, leggendo le parole di Richetti, per esempio.

Le esperienze recenti hanno dimostrato, che lo si voglia o meno, che lo si voglia vedere o meno, il fallimento di una classe dirigente e di una proposta politica. Si tratta del naufragio vero e proprio. E se vogliamo salvare la barca è urgente ripartire da quello che in questi anni è stato ignorato dalla dirigenza, miope e spesso arrogante, che ci siamo ritrovati: iscritte ed iscritti.

Serve un congresso che stabilisca la piattaforma programmatica di base del partito. Serve un momento di confronto e discussione politica ri-fondativo. Serve che le iscritte e gli iscritti, le elettrici e gli elettori, vengano attivati, motivati e coinvolti della definizione del progetto che si vuol portare avanti per il Paese. Non basta la nomenclatura, non basta discutere del “chi”, ma urgentemente e seriamente del “cosa”.

Le primarie per la selezione del candidato premier, o della candidata premier, devono avvenire, dopo una chirificazione interna: chi siamo, cosa vogliamo fare, dove vogliamo arrivare e come. Non c’è più tempo per i giochi. Il partito è al suo apice critico: o cambia, o si dissolve. E la responsabilità politica è del segretario in questo momento. Metta da parte l’ambizione, seppur lecita, e si faccia un bagno di realtà oltre che di umiltà. Il suo mandato è in scadenza, o si aspettano i tempi previsti, e li si rispetta tutte e tutti quanti, oppure, se vuole una conferma sul proprio nome deve dimettersi, come fece Bersani nel 2013, e lasciare la gestione del passaggio a qualcuno di diverso, che accompagni il partito a un congresso anticipato. Lo scrive bene anche Paolo Gandolfi, esponente di ReteDem, in un suo post recente.

Reputo più sensato che le beghe del PD e la vita del governo restino cose distinte. Sarebbe imbarazzante far cadere un altro governo dopo una direzione di un partito, il nostro. Le italiane e gli italiani sembrano dirci: basta, non ne possiamo più di tutto questo, occupatevi dei nostri problemi concreti. Esatto, e non sono certo leggi elettorali, riforme costituzionali o nomenclatura di partito. Sono il lavoro, la povertà, i servizi carenti, la sanità, l’istruzione. La vita di tutti i giorni è altro da quel che leggiamo sui giornali.

Mi viene da dire una sola cosa: riconciliamoci con la realtà, è urgente!



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