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Scuola, ecco cosa cambia per i nidi d’infanzia

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Al Senato e alla Camera sta facendo il suo percorso lo schema di decreto legislativo recante istituzione del sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita sino a sei anni, norma di delega prevista dalla Legge 13 luglio 2015, n. 107, articolo 1, commi 180, 181, lettera e, e 182 (Buona Scuola). Il Provvedimento il cui iter deve concludersi entro il 17 marzo 2017 prevede che sia il Fondo nazionale per il sistema integrato di educazione e di istruzione, con una dotazione pari a € 209 mln per il 2017, € 224 mln per il 2018 e € 239 mln, a decorrere dal 2019 ad assicurare chiaramente i nidi d’infanzia come servizi educativi a tutti gli effetti integrati alla scuola per l’infanzia, con l’obiettivo  di “garantire ai bambini e alle bambine pari opportunità di educazione, istruzione, cura, relazione e gioco, superando disuguaglianze e barriere territoriali, economiche, etniche e culturali”.

Importante sapere che a queste risorse si aggiungono quelle del Piano straordinario per lo sviluppo dei servizi socio-educativi per la prima infanzia, varato con la legge finanziaria 2007 (art. 1, co. 1259, della L. 296/2006), e rifinanziato annualmente, che ha previsto un finanziamento statale, nel triennio 2007-2009, pari a € 446 mln per l’incremento dei posti disponibili nei servizi per i bambini da 0 a 3 anni, a cui si sono aggiunti circa € 281 mln di cofinanziamento regionale, per un totale di € 727 mln stanziati. In totale, con il Piano straordinario triennale avviato nel 2007 e con le successive Intese di riparto del Fondo famiglia del 2010 e 2012, e del recente Piano famiglia sono stati stanziati a favore dello sviluppo dei servizi per la prima infanzia oltre € 616 mln. Anche la quota di cofinanziamento regionale è stata incrementata, attestandosi su € 300 mln. Considerando anche le altre iniziative statali, come la sperimentazione delle sezioni primavera e i nidi aziendali nella PA, complessivamente sono stati messi a disposizione dei territori oltre € 1.000 mln. L’ultimo finanziamento è intervenuto con la legge di stabilità 2015 (L. 190/2014) che, al comma 131, ha istituito, per l’anno 2015, nello stato di previsione del MEF, un Fondo con la dotazione di € 112 mln, da destinare ad interventi a favore della famiglia. Gran parte delle risorse del Fondo, per un importo pari a € 100 mln, sono state finalizzate al rilancio del Piano per lo sviluppo del sistema territoriale dei servizi socio-educativi per la prima infanzia.

L’ultima indagine Istat del monitoraggio eseguito sugli anni 2013/2014, poi aggiornato successivamente ma la cui consistenza non ne modificava i numeri  modestissimi dei servizi a livello territoriale, rivelava che, se si considerano i posti in strutture pubbliche, convenzionate e private, si arriva ad un tasso di copertura pari a circa il 20%: un dato molto lontano dall’ obiettivo del 33% che l’Unione Europea si è data all’interno della Strategia Europa 2020. Si tenga conto che a differenza delle scuole per l’infanzia, i nidi sono definiti servizi a domanda individuali, per i quali è richiesta la compartecipazione ai costi da parte dell’utente e non solo della mensa secondo il reddito della famiglia. Oggi a livello nazionale verifichiamo una scarsità dell’offerta di servizi nido, differenze tra nord e sud molto evidenti che rafforzano le disuguaglianze tra piccoli italiani e le loro famiglie, con una aggravante della possibilità di bilanciare il tempo di vita e di lavoro e di una minore occupazione femminile e disuguaglianza di genere e sociale. I dati Eurostat, poi,  mostrano inequivocabilmente le persistenti differenze sul mercato del lavoro e indicano lo sviluppo indispensabile per correggere questa disparità fonte inevitabile di un grande spreco di potenzialità e skill, che Eurofond stima essere 325 miliardi di euro,pari al 2,5% dell’UE.

Dunque al Governo Gentiloni suggeriamo di coordinare le misure sopra descritte per non perdere l’occasione attraverso le risorse stanziate sia dall’Istruzione che dal Mef che dal Ministero della semplificazione e pubblica amministrazione, anche per quanto riguarda le spese del personale, nonché della conferenza Unificata Stato Regioni, perché questa struttura di servizi per l’infanzia sia operativa al più presto per agevolare anche il lavoro femminile, tenuto conto che sempre queste novità coinvolgono le imprese disponendo che le aziende pubbliche e private, quale forma di welfare aziendale, possono erogare alle lavoratrici e ai lavoratori con figli di età compresa fra i 3 mesi e i 3 anni un «Buono nido» spendibile nel sistema dei nidi accreditati o a gestione comunale. Tale buono non prevede oneri fiscali o previdenziali a carico del datore di lavoro e del lavoratore, fino a un valore di € 150 per ogni singolo buono.

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