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Come si sbuffa in Germania per la foga di Peugeot verso Opel

Il mondo dell’automobile guarda con grande interesse a Parigi, dove lunedì alle ore 9.15 si terrà la conferenza stampa presso il quartier generale di PSA. Venerdì, i vertici francesi avrebbero dato il loro benestare all’acquisizione di Opel.

Sono ovviamente soprattutto i tedeschi a voler conoscere i dettagli del passaggio di proprietà dall’americana General Motors ai francesi di PSA. Da quando, qualche settimana fa, sono trapelate le prime notizie sulle trattative tra americani e francesi, i media tedeschi hanno espresso soprattutto dubbi e timori al riguardo. E lo stesso hanno fatto molti politici, non ultimo perché questo è un anno di importanti elezioni regionali e politiche.

E anche il settimanale Spiegel appena uscito si occupa approfonditamente della vicenda. Non ci si fida delle rassicurazioni fatte dal portoghese Carlos Tavares, capo di PSA, giunto di persona al quartier generale di Opel per tranquillizzare i quasi 8mila lavoratori Opel distribuiti sui tre impianti di Rüsselsheim (il quartier generale), Kaiserslauten e Eisenach. Poi ha chiamato la Kanzlerin Angela Merkel, ribadendo anche a lei che non ci saranno tagli al personale. Almeno, non fino al 2018 o 2020. Ma è difficile credere a queste parole visto che, secondo lo Spiegel, “i francesi di Peugeot intendono rimettere in piedi Opel propinandogli una cura da cavallo di risparmi”.

Dei tre siti, il più a rischio è quello di Eisenach, in Turingia, ex Land dell’est, che conta 1850 maestranze. Eisenach, che subito dopo la caduta del Muro, era diventato un modello di riconversione di successo. Sulle rovine degli impianti dove la DDR produceva i modelli Wartburg era nata una moderna linea di produzione Opel. Oggi da questa linea di produzione escono quotidianamente 600 vetture tra Opel Corsa e Opel Adam. Lo stabilimento ora è particolarmente a rischio perché i volumi sono bassi, perché non ha un centro studi, ricerca e sviluppo, e perché parte dei pezzi da assemblare arrivano da Kaiserslauten o dall’impianto di Saragossa, che peraltro reggerebbe bene carichi di lavoro superiori agli attuali. In altre parole, dunque, la produzione di Eisenach potrebbe essere facilmente spostata nella Repubblica Ceca, con notevoli risparmi di costo del lavoro.

Si capisce perciò perché l’ottimismo non è alle stelle. Inoltre Tavares stesso, pur avendo promesso di non toccare, almeno per un po’, i posti di lavoro, ha definito Opel un’industria da risanare da cima a fondo. A Parigi, la settimana scorsa, avrebbe poi aggiunto: “I lavoratori sanno che da dieci anni la loro impresa è in perdita e che brucia ogni anno 1 milione di euro cash. Al loro posto sarei preoccupato anch’io”.

Il quotidiano Die Welt sembra guardare con un pizzico di minor scetticismo all’operazione, ma i motivi che enumera e che sarebbero alla base dell’interesse del manager portoghese, in fondo, danno ragione alla diffidenza dello Spiegel. Tavares con questa acquisizione vorrebbe superare per volumi il concorrente numero uno di PSA, cioè Renault, diventando, dopo Volkswagen la seconda industria automobilistica europea. Acquisire Opel sarebbe inoltre un’operazione di immagine. Avere un marchio tedesco nel portafoglio garantisce prestigio: “Perché per molti clienti il made in Germany è qualitativamente imbattibile” ha spiegato. Probabile, dunque, che non verrà toccato il settore ingegneristico, ma come già scritto sopra, Eisenach è solo assemblaggio.

La Märkische Oderzeitung osserva, invece: “Non c’è dubbio che la fusione permetterebbe sinergie interessanti, liberando così capitali da investire nello sviluppo e nella ricerca. A farne le spese sarebbero però i lavoratori”. E infine ecco il commento di un paio di settimane fa della Frankfurter Allgemeine Zeitung, che vale la pena riportare più ampiamente: “Dal punto di vista giuridico non c’è nulla da eccepire nell’operazione. In un’economia di mercato i compratori e i venditori sono soggetti liberi, che si scambiano partecipazioni e fabbriche. E per fare ciò non hanno bisogno né del permesso dei governi né di quello dei sindacati tedeschi. Se ciò nonostante, hanno deciso di fare un po’ di anticamera a Berlino e Parigi, le ragioni sono più cosmetiche e di bon ton: si vuole rassicurare i politici, il management e le maestranze sul fatto che nulla cambierà e tutto non potrà che migliorare. Ma sono solo belle parole, i fatti sono altri e meno poetici: GM ha perso interesse a Opel, diventata sempre più un pozzo senza fondo di perdite. (…) Meno chiaro è cosa possa allettare i francesi e quanto siano disposti a pagare, anche se stando a voci di corridoio parrebbe attorno ai 2 miliardi di dollari. Sarebbero soprattutto le economie di scala e le sinergie e rendere l’affare interessante. (…) Difficile credere però che alla fine dell’operazione e con la produzione a regime saranno ancora operative tutte le fabbriche Peugeot, Citroën e Opel attive oggi”. Qualcosa in più su prezzo d’acquisto, progetti e tempistiche si saprà alla conferenza stampa. Mentre per le risposte che più interessano i quasi 8mila dipendenti, sarà il tempo a fornirle.



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