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Vi spiego le convergenze parallele fra Beppe Grillo e Pier Luigi Bersani

paritarie disuguaglianze Rousseau Movimento 5 Stelle

Ci vuole coraggio, lo so, ad occuparsi ancora di Pier Luigi Bersani e di Beppe Grillo, o di quel fenomeno politico che chiamerei “Bersagrillismo”, dopo che a Londra è tornato a scorrere sangue per mano islamista e a Roma le celebrazioni dei 60 anni trascorsi dalla firma dei trattati europei sono state oltraggiate freddamente da un ministro olandese delle Finanze, e presidente del cosiddetto Eurogruppo, dal nome impronunciabile che ha dato a noi italiani, ai greci, ai maltesi, agli spagnoli, ai portoghesi e a buona parte dei francesi, quelli che si affacciano sul Mediterraneo, degli spendaccioni ubriachi e maniaci del sesso, pur facendo avvertire ad un sarcastico Romano Prodi più “invidia” che denuncia.

E’ il solito Prodi, che la butta a ridere piuttosto che unirsi come ex presidente della Commissione Europea alle richieste di dimissioni di questo scostumatissimo Jeroen Dijsselbloem. Che, spalleggiato dal potente omologo tedesco, si è permesso anche di opporre un rifiuto alle scuse, quanto meno, reclamate da qualche “terrone” che contribuisce a pagargli l’indennità.

E questa – verrebbe voglia di dire se non fossi trattenuto dal fastidio di ritrovarmi con Matteo Salvini e Beppe Grillo – sarebbe l’Europa per festeggiare la quale Roma è stata blindata in questi giorni.

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Ma veniamo al bersagrillismo, inteso come vecchio e rinnovato desiderio dell’ex segretario del Pd Pier Luigi Bersani, specie ora che ha rovesciato in Dp le insegne della sua “ditta”, di inseguire Beppe Grillo: prima per ottenerne l’aiuto, nel 2013, ad un governo “di minoranza e di combattimento” e ora per offrirglielo, se nella nuova legislatura, fra un  anno o anche meno, dovesse trovarsi il capo delle 5 stesse nella condizione di averne bisogno.

Allora Grillo liquidò Bersani, dopo averlo fatto sbeffeggiare dai suoi “portavoce” in uno streaming a dir poco imbarazzante, come uno “zomby”, un “morto” e altre amenità del genere. La prossima volta, a parti rovesciate, con un grillino provvisto dell’incarico di formare il governo senza avere però i numeri parlamentari della fiducia e un Bersani sopravvissuto miracolosamente alle elezioni, non so cosa potrebbe mai accadere.

Ma che cosa di Grillo attrae così irresistibilmente Bersani? Non credo soltanto la verve comica, alla quale l’ex segretario del Pd è certamente sensibile, come abbiamo tutti potuto constatare vedendolo ridere di gusto, nei salotti televisivi, delle imitazioni riservategli da Maurizio Crozza. Le risate non bastano a spiegare un fenomeno come il bersagrillismo. E temo che non basti neppure la convinzione dichiarata da Bersani che Grillo costituisca l’unico o il principale argine, ormai, a quella “robaccia di destra” che minaccerebbe tutti e che l’uomo di Bettola ha inutilmente rappresentato nella famosa “mucca” penetrata nei corridoi del Pd senza che nessuno se ne accorgesse. Non ci credo perché spesso e volentieri Grillo appare così simile a Matteo Salvini, per esempio, che i due sembrano fatti apposta per intendersi, com’è già avvenuto del resto con i loro elettorati l’anno scorso a Roma e in altri comuni dove governano adesso, si fa per dire, sindaci a 5 stelle.

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Nossignori. C’è, ci dev’essere dell’altro a spiegare questa attrazione fatale di Grillo. L’ho intravista in un anticipo dello spettacolo che lo stesso Grillo darà sabato sera a Lugano guardandosi nello specchio, esibendosi cioè in uno spettacolo in cui farà il politico senza rinunciare a fare il comico e viceversa: uno spettacolo al quale noi italiani, a dire la verità. siamo ormai abituati ma gli svizzeri forse no, per loro fortuna.

Lasciatosi intervistare dal Corriere del Ticino proprio in vista di questa performance, e dopo avere assicurato di essere “serio come un comico”, Grillo si è abbandonato ad un po’ dei suoi florilegi su Matteo Renzi: “Menomato morale”, “ragazzetto borioso e inconsistente”, “il nulla che non fa né ridere né piangere”.

Ecco, forse, svelato l’arcano. Grillo e Bersani sono accomunati dall’antirenzismo, dalla pratica di combattere l’avversario di turno sino al disprezzo. Con una differenza però, temo tragica per l’ex segretario del Pd. Grillo, nella sua onnipotenza magari inconsapevole, potrebbe anche fare a meno di Bersani. Che invece, vista l’ostinazione con la quale lo insegue da quattro anni, non mi sembra che possa o voglia fare a meno di Grillo.


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