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Alitalia, ecco perché Intesa Sanpaolo e Unicredit bisticciano con Etihad su Gubitosi

Alitalia, gubitosi

Si fa sempre più aspro il confronto interno ad Alitalia. Le banche – che rappresentano il 51% del capitale sociale – sono sempre più irritate nei confronti del partner industriale Etihad Airways, che detiene l’altro 49% dell’azienda ma in virtù del patto del 2014 guida le strategie della compagnia aerea.

LE NUOVE TENSIONI

Intesa Sanpaolo e Unicredit chiedono un cambio della governance. Carlo Messina, amministratore delegato di Intesa, ha dichiarato durante il roadahow da New York che Luigi Gubitosi (nella foto) può essere utile alla causa. Posizione condivisa anche da Jean Pierre Mustier suo omologo in Unicredit che ha fatto parte fino all’autunno scorso del consiglio di amministrazione dell’Alitalia (ora è rappresentato da Federico Ghizzoni).

IL NODO ETIHAD SU BALL

Messina e Mustier vorrebbero procedere con una rapida nomina di Gubitosi al vertice della compagnia, con tutte le deleghe operative. Etihad però sta facendo resistenza e ieri, racconta Gianni Dragoni sul Sole 24 ore, su questo sarebbe avvenuto un aspro scontro tra Gaetano Micciché (rappresentante di Intesa) e James Hogan (presidente di Etihad che lascerà a giugno). In sostanza Hogan, che secondo La Stampa di domenica si è già incontrato con lo stesso Gubitosi, avrebbe condizionato il suo assenso all’ingresso dell’ex direttore generale Rai purché si circoscriva il suo potere agli aspetti “Corporate” (finanza, personale, acquisti, legale), lasciando invece all’attuale ad Cramer Ball, fedelissimo di Hogan, le leve sulla parte di “business”. Una diarchia che per Dragoni vorrebbe dire un ruolo ridotto a numero due per Gubitosi.

GLI INCONTRI CON I SINDACATI

Su queste basi si preannuncia difficoltoso il dialogo con i sindacati, che a breve potrebbero indire un nuovo sciopero. Etihad, che già in passato ha avuto rapporti difficili con le parti sociali,vorrebbe lasciare questo tema a Gubitosi. Susanna Camusso, segretario generale della Cgil , ha ribadito che una nuova governance non potrà partire dal tema dei licenziamenti ma dalla nuova mission della compagnia (“si continua ad avere una logica di concorrenza nel cortile”). Claudio Tarlazzi della Uil Trasporti ha tenuto invece ad evidenziare come un falso mito il tema del costo del lavoro. “Secondo le nostre informazioni il costo del personale per Alitalia ha un peso sui ricavi del 19%, contro il 23% di Lufthansa”, ha dichiarato al Messaggero allegando anche tabelle comparative delle buste paga dei piloti Alitalia a confronto con quelle dei loro colleghi di easyJet, Airberlin, Aer Lingus.

I SUBBUGLI GOVERNATIVI

Alla finestra per ora il governo attende, da dicembre, di ricevere i vertici della compagnia con il famigerato piano di rilancio. Carlo Calenda ha già censurato la prima stesura di Ball che intendeva partire dal numero degli esuberi. “Le colpe dei manager non possono ricadere sui lavoratori”, ha detto in maniera abrasiva il ministro a Ball. Anche il suo collega Graziano Delrio, ministro dei Trasporti, è fortemente irritato verso Hogan per il tentativo di far ricadere il mancato rilancio dell’Alitalia sull’esecutivo. Il capo di Etihad, infatti, in un’intervista a Federico Fubini del Corriere della sera individuava nella mancata liberalizzazione dei voli da Linate il fallimento del piano industriale che, parole di Hogan, avrebbe dovuto fare di Alitalia una compagnia sexy e a cinque stelle con un ritorno all’utile nel 2017.

COSA SI DICE IN GENERALI E POSTE

Per supportare il piano industriale il Messaggero ha riportato sabato scorso che è pronta una complessa operazione finanziaria da 1 miliardo di euro. Operazione dalla quale si sono sfilate però Generali e Poste italiane. Il gruppo assicurativo di Trieste non intende convertire in capitale il bond da 300 milioni sottoscritto due anni fa, tuttalpiù è disponibile a rinegoziarlo, Poste invece ha chiarito per bocca del suo amministratore delegato Francesco Caio che non metterà più soldi nella compagnia aerea. Il coinvolgimento di Poste fu deciso nel 2014 dell’allora premier Enrico Letta, dopo il rifiuto di Ferrovie dello stato, per dare ossigeno all’Alitalia in attesa di un accordo con un partner industriale (poi trovato appunto in Etihad).


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