Il Partito Democratico (PD) vive oggi un momento di forte malessere. Questi congressi di circolo, che si svolgono dal 20 marzo al 2 aprile, e le primarie del 30 aprile 2017, in Italia come in tutto il mondo, segneranno in modo forte il destino del partito, il rapporto con milioni di elettrici ed elettori e dunque avranno un impatto anche sul Paese. Ho seguito da vicino le vicende che hanno attraversato, scosso e lacerato il PD. Come dirigente locale del partito, a Berlino, come delegato nazionale e come membro dell’esecutivo del gruppo di minoranza, ReteDem, ho vissuto sulla mia pelle gli effetti di queste tensioni e di questi contrasti profondi.
La candidatura di Andrea Orlando appare come l’opportunità da non perdere affinché il PD torni ad essere protagonista nel panorama politico italiano, come forza capace di ricomporre il mondo della sinistra in Italia e non come entità astratta, distratta e sempre più lontana dalle persone e dalla realtà, come è stato, purtroppo, in questi ultimi anni.
In questi giorni di congressi ho presentato la mozione Orlando e mi è stato chiesto spesso e volentieri “perché Orlando?” e ancora “credi davvero sia l’alternativa giusta?”. A pormi queste domande sono spesso e volentieri elettrici ed elettori del PD arrabbiati e sfiduciati. Sono tanti, purtroppo. Ma il fatto che chiedano, mi interroghino è sintomo di interesse e di voglia di tornare ad essere parte attiva e motivata nella vita politica del partito, ma anche del Paese.
PERCHE’ ORLANDO?
Perché è un politico capace, competente, pacato nei modi, che riflette, che ascolta prima di parlare, che usa il plurale invece del singolare, che fa squadra e non si impone sugli altri per il gusto di farlo, che collabora, che rispetta opinioni differenti, che ha a cuore il partito.
Per alcuni è negativa la volontà di separare le figure di Segretario e Premier, ma è così ovunque. Anche nella SPD, tanto citata a sproposito. Gabriel è stato otto anni Presidente e mai candidato. Oggi è Schulz candidato e Presidente, poiché a decidere è sempre l’Assemblea Nazionale. Questo è l’approccio giusto.
Renzi fa un Ticket con Martina, dandoci la conferma che a lui il partito non interessa, vuole il governo. Ci dice: Segretario e Premier devono coesistere, ma poi appalto la gestione del partito ad un altro. Non ci leggete incoerenza? Io anche un po’ di sfacciataggine.
CREDI DAVVERO SIA L’ALTERNATIVA GIUSTA?
Sì, assolutamente sì. Il PD è un partito che si è smarrito. Ha perso completamente di vista il suo ruolo, il suo significato, la sua identità. Nel 2014 si è fatta una scelta: aderire al Partito Socialdemocratico Europeo. Si è deciso da che parte stare. Ma la coerenza di quella scelta spesso è venuta a mancare. Un partito che si è indebolito pericolosamente. Una struttura depotenziata, svilita spesso. Di fatto, nessuna partecipazione attiva, nessun coinvolgimento, nessuna reale possibilità di dettare una linea politica, e dopotutto è lo Statuto Nazionale a dire che a definire la linea politica è l’Assemblea Nazionale. Così non è stato. A volte si ratificavano scelte, a volte nemmeno quello.
Con Andrea Orlando ho percepito qualche cosa di diverso. Ascoltandolo, leggendo le sue proposte, osservando i modi con cui è gestita la sua campagna all’interno, sono stato colpito positivamente da almeno tre cose:
1) la disponibilità e la predisposizione all’ascolto
2) la voglia di includere e coinvolgere (anche i giovani)
3) la sua visione socialdemocratica ed europeista
I punti 1 e 2 mi hanno permesso di immaginare quel che potrebbe essere un PD con Orlando segretario: inclusivo, aperto all’ascolto, partecipato, dinamico e vitale. La forte apertura ai giovani, infatti, e il loro attivo coinvolgimento nei vari coordinamenti locali, nazionali ed esteri, dà il senso della sua capacità di scommettere sul futuro, di dare fiducia, di spinta al rinnovamento. Il tutto, senza mai dimenticare le radici di una storia importante. Con lui non ci saranno contrapposizioni generazionali, non verrà fomentato l’astio e non verrà provocata alcuna lacerazione.
Il punto 3 mi ha invece fatto dire: finalmente! Sì, perché io sono un socialdemocratico. Sono iscritto anche alla SPD e sono un convinto europeista. Non è possibile, oggi, immaginare una politica nazionale senza ri-pensare quella europea. Non è possibile adeguarsi allo stato attuale delle cose, occorre il coraggio di cambiare avendo una bussola che orienti la nostra azione. Quella bussola è fatta dai valori della solidarietà, giustizia sociale, equità e dignità. La socialdemocrazia è anche questo.
Anche il modo in cui il suo progetto politico si sta delineando è convincente: una proposta che lui ha avanzato con temi precisi, ma aperta alle integrazioni da parte di iscritte ed iscritti, in un percorso di discussione che si concluderà l’8 aprile con la conferenza programmatica di Napoli. Non è un pacchetto chiuso, non è un documento di soli addetti ai lavori: c’è la possibilità che la voce dei militanti, delle elettrici e degli elettori, venga recepita e integrata in questa piattaforma politico-programmatica.
Nella sua proposta si trovano idee innovative sul tema dei diritti e delle libertà civili, come dimostra il documento del gruppo arcobaleno della sua mozione, sul lavoro e l’economia, la lotta per la legalità, la forma partito, l’ambiente e l’Europa.
Sì, non ho dubbi, Orlando è un’alternativa valida ed è quella giusta in questo momento storico, per il partito e per il paese. Può ricucire il tessuto sfibrato di questa comunità politica. L’appoggio di Enrico Letta, per esempio, ce lo dimostra. Lo può fare, inoltre, perché ha le caratteristiche del leader autorevole, oserei dire nordico. Lo stile conta moltissimo: saper parlare alle persone senza dover ricorrere a uno stile populista.
Concludo con una parentesi pragmatica: le elezioni del 2018.
Il sistema attuale è un proporzionale puro. Il premio di maggioranza, infatti, non verrà preso da nessuna forza politica oggi esistente. Il 40% non lo prenderanno né il PD né il M5S. Si pone allora la questione delle alleanze. Orlando ha, in modo inequivocabile, detto che bisogna creare un campo ampio di centro sinistra e che per farlo non si può certo guardare ad Alfano o alle destre. Un chiaro segnale di rottura rispetto a quello che abbiamo visto in questi anni: pur di governare, qualsiasi alleanza andava bene. No, non è così. Prima le idee, prima i temi, prima le proposte e poi gli accordi. Ma con chi? Questa è la domanda.
La dichiarazione di Giuliano Pisapia, a sostegno di Orlando, ci dice che domani la possibilità di una cooperazione di questo tipo con lui sarà possibile, con altri, semplicemente no. Alle elezioni sconteremo un nuovo 4 dicembre, se il Segretario sarà di nuovo Renzi. Dopo 3 anni di governo è difficile presentarsi come il nuovo, fingendo che questi tre anni non siano esistiti. La rabbia delle persone era evidente e domani lo sarà ancora di più. Con Orlando avremo un PD perno dell’alleanza di centro-sinistra, diversamente sarà un PD isolato.
Per tutti questi motivi, e per tanti altri che non ho citato, credo che Andrea Orlando sia la persona giusta per ricompattare il PD, ricostruire la rete del centro-sinistra e sperare di vincere la prossima sfida elettorale, rimettendo al centro del nostro agire politico le persone e i loro bisogni. Ripartiamo da qua. Per il partito e per il Paese.