Il tema destinato ad alimentare la campagna elettorale e a polarizzare il voto degli elettori sarà quello dell’immigrazione. Il flusso netto dell’immigrazione nei Paesi Bassi si è mantenuto stabile attorno allo 0,2% della popolazione dal 2002 al 2014, un tasso simile a quello registrato in Germania, dove però dal 2014 il rapporto è salito allo 0,7%, secondo Eurostat, e dove si è verificato un ulteriore aumento dal 2015.
L’arrivo dei rifugiati nei Paesi Bassi è stato meno intenso che in Germania. La domanda di richiedenti asilo, stabile allo 0,1% della popolazione dal 2008 al 2014, nel 2015 è salita allo 0,3% per poi tornare a 0,1% nel 2016. In Germania il rapporto è stato di 0,5% e 0,9% rispettivamente nel 2015 e nel 2016. Quindi, in termini relativi, i Paesi Bassi hanno assistito a un fenomeno meno massiccio di altri Paesi. La Commissione europea, tuttavia, nella sua ultima In-Depth-Review del 2016 per l’economia olandese aveva indicato persistenti problemi d’integrazione di rifugiati e migranti nel mercato del lavoro. Sebbene il tasso di partecipazione di migranti e rifugiati sia qui simile a quello tedesco (57,5% e 58,8% rispettivamente nel 2016), il tasso di disoccupazione degli extra-comunitari rimane più alto ed è anzi aumentato tra il 2007 e il 2016. L’immigrato di religione islamica svolge un ruolo molto importante nella piattaforma politica del Pvv: è il simbolo della minaccia ai valori tradizionali della società olandese, l’altro rispetto al quale per contrapposizione viene definita la propria identità.
Il tasso di disoccupazione fra gli olandesi, sebbene basso nel confronto europeo, rimane ancora superiore ai livelli pre-crisi e può aver contribuito al massiccio consenso che stanno riscontrando i partiti nazionalisti di destra. L’euroscetticismo è giustificato dal Pvv sulla base di un ipotetico legame tra partecipazione all’Unione e impossibilità di controllo delle dinamiche migratorie, similmente a quanto successo nel Regno Unito.
CHE COSA PREVEDONO I SONDAGGI?
Di norma, le elezioni in Olanda vedono una campagna elettorale molto compressa e concentrata in poco più di un mese prima delle elezioni. Dai sondaggi emerge una forte incertezza dell’elettorato: secondo diverse agenzie demoscopiche, sette elettori su dieci sono ancora indecisi su chi votare e nessun sondaggio indica una quota di indecisi inferiore al 50%. Tra gli intervistati, la quota di chi sta pensando di astenersi sarebbe al 20%, ma questa percentuale potrebbe velocemente scendere nel caso la campagna elettorale si polarizzasse.
Dagli olandesi residenti all’estero giungono invece segnali che potrebbero far pensare a una forte affluenza, maggiore che in passato, stando alle richieste dei votanti dall’estero che sono aumentate del 20% dalle 50mila delle elezioni del 2012 (su un totale di circa mezzo milione di elettori espatriati). La numerosa offerta politica e la presenza di partiti con piattaforme piuttosto simili rendono lo scenario liquido. In questo contesto, gli elettori potrebbero decidersi soltanto negli ultimi giorni (alle elezioni del 2012, il 40% degli elettori ha deciso chi votare nell’ultima settimana) e le proiezioni dei sondaggi potrebbero attualmente essere inaffidabili. Assai probabile rimane però uno spostamento a destra del consenso, che ha spinto anche il premier Rutte ad assumere toni più duri verso gli immigrati e a irrigidire le posizioni del suo partito di destra per cercare di rubare consenso a Wilders, (nella foto), sul tema centrale della campagna elettorale.
Le cinque principali agenzie demoscopiche olandesi conducono sondaggi con cadenza mensile e, a differenza di altri paesi che indicano la percentuale del consenso per ogni partito, in Olanda si preferisce indicare il numero presunto di seggi che ogni forza politica potrebbe raggiungere. Tuttavia, in un sistema proporzionale come quello olandese la differenza tra consenso e seggi è contenuta.
Stando quindi ai sondaggi condotti regolarmente dall’estate scorsa, il partito di Rutte, che viaggiava attorno ai 28-30 seggi fino a fine 2016, sembra sia ora in calo verso una forchetta attorno ai 23-27: un drastico ridimensionamento del Vvd, che rimarrà comunque il primo o secondo principale partito. I sondaggi danno anche l’altro partito di governo, il Pvda, in ampio ridimensionamento dai 38 seggi attuali a una forchetta attorno ai 10-12 seggi. La perdita di consenso dei partiti dell’attuale maggioranza sarebbe dunque superiore al 40%.
Il partito di Wilders invece è dato al primo posto, con una forchetta di 29-35 seggi, con un trend nei sondaggi stabilmente al di sopra dei 30 seggi già da agosto scorso. C’è da dire che alle ultime elezioni il numero di seggi ottenuti è stato inferiore ai sondaggi di circa il 18%, perché gli indecisi che alla fine si recano alle urne tendono a optare per uno dei partiti moderati. Tuttavia, ci sono concrete possibilità che il Pvv sia il primo o il secondo partito più votato, anche perché (a parte il Vvd) nessuna lista sembra ad oggi poter ottenere più di 15-20 rappresentanti. Il Partito della libertà vedrebbe quindi il proprio peso più che raddoppiare.
Socialisti (Sp), Cristiano Democratici (Cda) e D66 si troverebbero, secondo i sondaggi, testa a testa, tutti entro a una forchetta tra i 10-19 seggi, con il Cda leggermente favorito rispetto agli altri due, mostrando un trend in crescita: potrebbe configurarsi come la terza forza politica in campo. Altro partito che i sondaggi danno in ascesa rispetto ai deludenti risultati delle elezioni del 2012 è quello dei Verdi, che sono dati ora tra i 13-17 seggi.