Dopo essere salita per quattro mesi di fila fino a toccare un massimo da quattro anni a 1,6% a febbraio, l’inflazione è tornata a calare a marzo, a 1,4% secondo l’indice nazionale e a 1,3% in base all’IAPC.
Nel mese i prezzi al consumo sono rimasti invariati secondo il NIC e sono aumentati di 1,8% m/m in base all’indice armonizzato (che tiene conto delle variazioni temporanee di prezzo legate al rientro dei saldi invernali).
Dopo tre mesi di sorprese verso l’alto, i dati sono stati inferiori alle attese, come accaduto d’altra parte nella maggior parte degli altri Paesi dell’eurozona (l’inflazione italiana resta comunque inferiore a quella media dell’area: 1,3% contro 1,5%).
La sorpresa è venuta dalla flessione, più accentuata del previsto, dei prezzi di alimentari e bevande (-1,2% m/m: da notare il -13,6% dei vegetali freschi), per via del rientro dei rincari dei due mesi precedenti dovuti al maltempo (+1,4% a febbraio e +1,3% m/m a gennaio). In calo anche i listini delle spese per tempo libero e cultura (-0,1% m/m).
Viceversa, si sono registrati rincari significativi per i trasporti (+0,6% dopo il +0,7% m/m precedente), per via sia dei carburanti che dei servizi di trasporto aereo e ferroviario (+8,1% e +3,3% m/m, rispettivamente), nonché per i servizi ricettivi e di ristorazione (+0,4% m/m).
Il rallentamento tendenziale dell’inflazione è dovuto quasi interamente agli alimentari (2,8% da 3,8% a/a precedente), e solo in minor misura ai trasporti (4,6% da 4,9% a/a). Restano appena due le divisioni di spesa che registrano una tendenza deflattiva: comunicazioni (-2,3% da -2,4% a/a di febbraio) e istruzione (-0,9% a/a, invariato rispetto al mese precedente).
L’inflazione di fondo (al netto di energetici e alimentari freschi) è salita di un decimo per il secondo mese consecutivo, da 0,6% a 0,7% a/a (un livello più che moderato; nel mese, i prezzi core sono comunque aumentati di due decimi in presenza di un indice totale invariato). Al netto della sola energia, l’inflazione annua è scesa a 1,1% da 1,3% precedente (-0,1% m/m).
L’inflazione sui beni ad alta frequenza di acquisto (rilevante per il suo impatto sull’inflazione percepita dalle famiglie), dopo aver toccato un massimo da oltre quattro anni a 3,2% a/a a febbraio, è scesa a 2,6% a marzo (-0,5% m/m); anche più accentuata la frenata del cosiddetto “carrello della spesa” (beni alimentari, per la cura della casa e della persona), a 2,3% da 3,1% a/a precedente (con una flessione su base congiunturale di -0,9% m/m).
Sul dato hanno inciso effetti temporanei, destinati a rientrare verosimilmente già ad aprile: 1) il calo dei prezzi alimentari altro non è, come detto, che il rientro dei rincari legati ad effetti atmosferici dei due mesi precedenti; 2) il confronto annuo è distorto verso il basso (specie per quanto riguarda le spese per tempo libero e cultura) dal fatto che la Pasqua era caduta a marzo nel 2016 mentre è in calendario ad aprile quest’anno. In tal senso, l’inflazione potrebbe tornare a salire già ad aprile (quando per inciso vi sarà un aumento del 2,9% delle tariffe elettriche, compensato però dal calo del 2,7% di quelle del gas).
A nostro avviso, il picco per l’inflazione potrebbe non essere ancora alle spalle: ci attendiamo una salita all’1,7% ad aprile, seguita da una moderazione nei mesi successivi e poi da un nuovo massimo a 1,8% ad ottobre. Per la media del 2017 stimiamo un CPI a 1,5% ovvero non lontano dai valori correnti.
In altri termini, l’inflazione potrebbe muoversi lateralmente nei prossimi mesi: se la tendenza in salita (dopo la stagnazione dei tre anni precedenti) sembra essersi esaurita (era guidata soprattutto dall’effetto statistico sull’energia), d’altra parte non sembra nemmeno avviato un chiaro trend di calo.