Dopo la vittoria del partito di centro-destra VVD (Partito per la Libertà e la Democrazia) alle elezioni parlamentari olandesi, ci aspettiamo un governo sostanzialmente analogo a quello attuale, forse ancora più allineato con Bruxelles.
La sconfitta di Geert Wilders e del PVV, il Partito per la Libertà, prelude alla nascita di un governo di coalizione fra diversi partiti pro-UE. L’Olanda non sarà quindi la prossima tessera a cadere nel domino europeo, dopo la Gran Bretagna. Dato il buono stato di salute dell’economia olandese, il nuovo governo non dovrebbe cambiare sostanzialmente le proprie politiche economiche. I Paesi Bassi beneficiano del libero scambio globale e di un euro debole, al punto che presentano prospettive di investimento più simili a quelle delle controparti globali che a quelle dei vicini europei.
L’IMPORTANZA DELLE COALIZIONI IN OLANDA
Il 15 marzo milioni di elettori olandesi si sono recati alle urne per eleggere i 150 membri della Tweede Kamer, la Camera bassa. Il sistema proporzionale prevede l’assegna-zione dei seggi in base al numero di voti ricevuti da cia-scun partito in lizza.
A differenza degli altri Paesi, in Olanda è praticamente impossibile vedere un partito di maggioranza alla guida del Paese: un governo di coalizione è la norma perché per formare l’esecutivo occorrono 75 seggi, ed è molto difficile aggiudicarseli. Ma non è facile neppure dar vita a una coalizione: nel 2010 le trattative per la formazione del nuovo governo sono durate 127 giorni, un periodo relati-vamente breve se paragonato ai 207 giorni del 1977.
Queste sono alcune delle ragioni per cui l’ultimo partito con la maggioranza assoluta è stato quello liberale all’inizio del XX secolo. In quest’ottica i risultati raggiunti dall’esecutivo attuale, guidato dal Primo Ministro Mark Rutte del VVD, appaiono ancor più degni di nota.
Il governo Rutte, nato dall’alleanza con il partito di centro-sinistra PvdA, è il primo dal 2002 a giungere a fine mandato. Grazie alla sua longevità, ha garantito al Paese una continuità politica molto apprezzata dal popolo olandese, che ha certamente pesato nella valutazione degli elettori che riflettevano sulla possibilità di un cambiamento radicale.
IL NUOVO GOVERNO
Dopo la vittoria del VVD, ci aspettiamo un governo sostanzialmente analogo a quello attuale, con il possibile ingresso di nuovi membri. La nuova compagine sembra unita sull’istruzione e sull’europeismo. Vi sono naturalmente profonde differenze fra un partito e l’altro e sono quindi prevedibili lunghe negoziazioni su composizione e obiettivi della coalizione. Ciò non dovrebbe però impedire la nascita di un governo pro-UE, forse ancora più forte. I Paesi Bassi, quindi, non stanno per uscire dall’UE.
TRE QUESTIONI IN PRIMO PIANO
La campagna elettorale è stata dominata da tre temi: sicurezza, immigrazione e sovranità. I primi due, sicurezza e immigrazione, sono divenuti tutt’uno in seguito agli attacchi terroristici e alla crisi dei migranti europea che hanno minato la credibilità del governo olandese. Naturalmente, l’immigrazione è una questione scottante in tutta Europa, data la posizione della Cancelliera Angela Merkel sui rifugiati e la politica tedesca delle porte aperte. Ma, nei Paesi Bassi in particolare, il PVV, antislamico e euroscettico, ha ottenuto grandi consensi invocando limiti all’immigrazione, la chiusura delle moschee e il bando del Corano dagli edifici pubblici.
L’altro tema importante per l’elettorato olandese, la sovranità, è rimasto in primo piano grazie al principio della “libertà di movimento” nell’UE e alla risposta tedesca alla crisi dei migranti. Gli elettori olandesi hanno dovuto fare i conti con l’idea che l’appartenenza all’UE implichi la rinuncia alla sovranità e i populisti ne hanno indubbiamente tratto vantaggio. Nel quadro di un sistema proporzionale, i cavalli di battaglia del populismo, come libertà di movimento e immigrazione, continueranno a sicuramente a influenzare sia la politica interna sia il dibattito sul futuro dell’Europa.
LA SOLIDITÀ DELL’ECONOMIA INTERNA
Nel complesso, l’Olanda gode di buona salute economica e di una posizione di forza in Europa. Il PIL è tornato a livelli che non si vedevano dalla grande crisi finanziaria, con una proiezione di crescita del 2,1% circa per il 2017, men-tre il debito pubblico è pari al 64% del PIL, una percentuale inferiore a quella della Germania. In Olanda, inoltre, il rap-porto fra debito pubblico e PIL è in calo, anche grazie a un gettito fiscale maggiore del previsto nel 2016 e ai proventi della riprivatizzazione delle banche nazionalizzate dopo la crisi.
Le politiche monetarie della BCE destano una certa preoccupazione nei Paesi Bassi. Le banche centrali di Olanda e Germania hanno “prestato” ingenti somme al sistema di pagamento europeo noto come Target 2, venendo in soccorso dei Paesi più deboli dell’eurozona. Da settembre 2016, però, il saldo positivo dei Paesi Bassi nell’ambito del sistema è diminuito. L’UE è forse più sensibile di quanto si pensasse agli sviluppi politici e i mercati hanno probabilmente cercato di proteggersi da una vittoria a sorpresa dei populisti in Olanda. Quanto al sistema fiscale, non prevediamo variazioni significative, ma, se le forze antieuropeiste riuscissero a far sentire il loro peso all’interno della coalizione, l’ostilità al libero scambio potrebbe tradursi in un aumento delle imposte sulle società
NECESSARIA UNA MAGGIORE APERTURA MENTALE
Il clamore suscitato dalla proposta di fusione di due grandi società europee di servizi postali lascia presagire un atteggiamento ostile di fronte ad altre operazioni di consolidamento regionale, di cui il mercato olandese ha beneficiato in passato. Di conseguenza, alcune aziende olandesi han-no cercato di investire altrove, dato il contesto interno sfavorevole – una decisione che potrebbe rendere meno dinamico il mercato azionario locale.
Nel complesso, il percorso verso gli “Stati Uniti d’Europa” presuppone una maggiore apertura mentale a livello locale o nazionale, che garantisca ai consumatori europei l’accesso a servizi migliori a prezzi migliori e permetta alle aziende di beneficiare delle economie di scala che offre l’Europa.
Gli investitori obbligazionari noteranno che la prudenza del governo olandese mantiene l’offerta di debito sovrano a livelli contenuti, contribuendo a mantenere i rendimenti bassi e i prezzi alti. Nello stesso tempo, chi investe sul mercato azionario e del credito dei Paesi Bassi, constaterà che le emissioni sono dominate da una forte esposizione internazionale più che dall’economia locale – un altro fattore positivo
CONSIDERAZIONI IMPORTANTI PER GLI INVESTITORI
In Olanda l’atteggiamento antieuropeista non ha preso piede durante la campagna elettorale, anche se il sentimento anti-islamico è certamente più diffuso rispetto a qualche tempo fa. Malgrado il seguito del populismo, ci sembra poco probabile che i Paesi Bassi escano dall’UE o dall’euro, ben consapevoli che la forza dell’economia do-mestica è legata al commercio.
Stando all’ultimo Eurobarometro della Commissione europea, che monitora i cambiamenti in atto nell’opinione pubblica degli Stati membri dell’UE, i Paesi Bassi non sono i più euroscettici. Come mostra il grafico, gli Olandesi sono meno critici verso l’UE di Francesi, Italiani e Inglesi, ma più di Tedeschi e Spagnoli.
Anche se gli investitori internazionali sembrano essersi scossi di dosso le sorprese politiche del 2016 con incredibile “nonchalance”, le elezioni europee previste per quest’anno potrebbero causare nuovi shock al mercato. Il mercato olandese, però, non ha perso l’ottimismo, probabilmente perché sostenuto da buoni fondamentali crediti-zi che hanno aiutato il Paese a difendere la tripla A.
A livello globale, i mercati azionari dovrebbero ora concentrarsi sulle consultazioni elettorali in Francia, Germania e forse anche in Italia, alla ricerca di eventuali cambiamenti d’umore. Importante sarà anche la risoluzione del problema del debito greco e delle criticità legate ai saldi del sistema della BCE Target 2; entrambe le questioni avranno ripercussioni politiche sui Paesi Bassi, la cui banca centrale ha concesso ingenti prestiti ai Paesi periferici. Nel complesso, l’Olanda avrà un ruolo centrale nel dibattito sul futuro europeo, ancora incerto fra la mera sopravvivenza, una “coalizione dei volenterosi” e la nascita di un super-stato europeo.