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Ecco perché la voluntary-bis rischia lo splash

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La voluntary-bis sembra destinata a un flop. Nonostante le ottimistiche previsioni dell’Amministrazione finanziaria, infatti, i professionisti e le banche che nel 2015/2016 erano impegnati ventre a terra nella regolarizzazione dei capitali all’estero sono concordi nel dire che questa volta l’operazione sta interessando pochissime persone, in genere situazioni particolari o proprietari di piccoli patrimoni che per qualche motivo non erano riusciti ad approfittare della prima edizione della voluntary.

I motivi di questo disinteresse sono probabilmente legati al fatto che non sono stati inseriti vantaggi aggiuntivi rispetto all’operazione chiusa nel 2016, anzi il meccanismo è stato reso più fumoso soprattutto in materia penale e l’unico incentivo originariamente previsto dalla voluntary-bis, legato alla possibilità di regolarizzare il contante, è stato eliminato dalla paura del governo di essere tacciato di favorire l’evasione e il riciclaggio: un riflesso condizionato dei soliti moralisti a tempo perso, smentiti su questo preciso punto addirittura dal procuratore di Milano, Francesco Greco.

Peraltro manca ancora la circolare dell’Agenzia delle entrate che dovrebbe chiarire soprattutto i punti nei quali l’attuale disciplina si discosta dalla precedente. Ma forse il motivo più importante è che ormai la Svizzera è stata ripulita dai capitali italiani non dichiarati al fisco. Non è un caso se il 90% delle regolarizzazioni proveniva proprio dalle banche elvetiche che hanno dato una spinta decisiva al successo della prima voluntary.

Proprio in quei mesi, infatti, il governo di Berna, per non rischiare di finire nella black list dell’Ocse, aveva deciso di rinunciare al segreto bancario e ha perciò fatto fortissime pressioni sulle banche perché rifiutassero i depositi di cittadini stranieri non regolari dal punto di vista fiscale. A loro volta le banche hanno spinto la gran parte dei loro clienti italiani verso la regolarizzazione.

Chi ha rifiutato la voluntary ha dovuto scegliere altri lidi. Difficile che ora la voluntary-bis riesca a fargli cambiare idea. Nella grande maggioranza dei casi, infatti, chi non ha approfittato della prima regolarizzazione ha scelto consapevolmente la strada di un paradiso fiscale.

Ha messo in atto artifici per nascondere il capitale non dichiarato, ha corso dei rischi in modo consapevole, ha preso le necessarie contromisure contro lo scambio di informazioni che nei prossimi anni diventerà sempre più generalizzato, almeno tra le amministrazioni finanziarie dei paesi più sviluppati. Per quale motivo ora dovrebbe cambiare idea? Se il governo non amplierà il perimetro delle attività regolarizzabili, la voluntary-bis sarà un flop.

(Articolo pubblicato su Italia Oggi, quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi)

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