Mi ha fatto sempre un po’ sorridere l’espressione B2B. Ho sempre pensato che fosse uno dei tanti vezzi linguistici modaioli per parlare di un fenomeno che è sempre esistito: gli scambi commerciali tra imprese. Mi è venuto meno da sorridere, però, quando mi sono imbattuta in Sardex. Un sistema di gestione del credito e di collaborazione tra realtà produttive, basato sulle relazioni tra imprenditori. Su PRIMOPIANOSCALAc abbiamo intervistato Roberto Spano, amministratore delegato di questa azienda della provincia di Cagliari, recentemente diventata una Spa.
Impossibile raccontare cosa è Sardex senza un esempio. Maria, che ha un’impresa che produce formaggi, si iscrive a Sardex, pagando una modesta quota annuale. La nostra imprenditrice vende i suoi prodotti a prezzo di mercato ad alcuni ristoratori iscritti anche loro nel circuito. Con i crediti in Sardex ricavati dalla vendita, Maria acquista una vacanza per sé e il marito in un albergo del circuito Sardex. Antonio, proprietario dell’albergo dove villeggerà Maria con il marito, usa i Sardex guadagnati per compare dei nuovi divani, sempre da un’azienda iscritta. Qual è il vantaggio? Ogni debito e ogni credito sono a interessi zero e le imprese del circuito non sono incentivate ad accumulare, ma a far girare il business. Non solo. Il metodo Sardex contribuisce a creare un sistema di relazioni fiduciarie tra gli aderenti, portando – come effetto collaterale – a una crescita produttiva del territorio.
Ad un primo, superficiale sguardo, il meccanismo messo in piedi dai fondatori di Sardex sembrerebbe una sorta di romantico ritorno al baratto. Ma non è così. Oggi Sardex, che è nata nel 2009, può contare su 3500 aziende iscritte ed è diventata un modello finanziario e di sviluppo locale studiato all’estero, tanto da attrarre l’interesse dell’autorevole Financial Times che ha pubblicato un articolo dall’eloquente titolo “The Sardex Factor”. L’esperienza Sardex non è passata inosservata neanche in Italia. Sono soci dell’azienda il venture capitalist Innogest, Banca Sella e il Ministero dell’Economia, attraverso Invitalia. E non chiamatelo baratto.
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