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La ripresa del Mezzogiorno passa dall’agricoltura

“L’agricoltura guida la ripresa del Sud Italia” dice il rapporto Ismea-Svimez sull’agricoltura del Mezzogiorno, presentato alla Camera dei Deputati martedì 21 febbraio. Vi si descrive l’ottima performance che il settore primario ha registrato nel 2015 e nel 2016, crescendo a tassi superiori rispetto al resto d’Italia, sfruttando gli ampi margini di miglioramento associati al suo storico ritardo e ponendosi al centro della ripresa economica.

Nel 2015, infatti, l’agricoltura meridionale cresce del 7,3%, un dato di ben altre proporzioni rispetto a quello dell’industria e dei servizi per la stessa area, che si attestano rispettivamente al -0,3% e al +0,8%, e di grande rilievo se comparato al 1,6% di cui è cresciuta l’agricoltura nel Centro-Nord Italia. Le regioni del Sud che più hanno beneficiato di una dinamica positiva sono state la Calabria, grazie soprattutto al settore olivicolo, che tuttavia nel 2016 è stato duramente colpito da infestazione di parassiti e fenomeni atmosferici, e la Campania, che ha presentato aumenti di valore del prodotto superiori al 40%.

Ugualmente, più al Sud che al Nord, crescono l’export e gli investimenti nel settore primario. È l’occupazione, inoltre, a regalare elementi di interesse. Nel 2015, infatti, i lavoratori del settore agricolo meridionale sono aumentati del +3,8% rispetto all’anno precedente, fino a raggiungere quota 500mila, e nell’anno successivo hanno registrato una crescita ulteriore del 5,8% nel primo trimestre e del 6,5% nel secondo. Il rapporto precisa come la crescita abbia riguardato sia i lavoratori dipendenti che quelli autonomi, ma al Sud sono in numero maggiore i primi, e viceversa. Inoltre, l’aumento coinvolge in particolare i più giovani: gli under35 impiegati in questo settore sono cresciuti del 9,1%. La tendenza positiva è proseguita nella prima metà del 2016, quando in Italia si è verificato un aumento dei lavoratori under35 pari all’11,3% e al Sud del 12,9%. Un dato, questo, che assume ancora più valore se si considera il +14,4% degli impiegati a tempo pieno. Nelle regioni del Mezzogiorno, inoltre, si avverte una forte crescita dell’imprenditorialità giovanile agricola, Basilicata, Calabria e Molise in testa. Il saldo delle imprese agricole under35 è positivo di 20mila unità nei primi mesi del 2016.

Più in generale, sembra evidente un ritorno di attenzione verso l’agricoltura tra le giovani generazioni. Nell’anno accademico 2015/2016, il numero di immatricolati alle discipline dell’ambito agrario ha segnato un aumento di quasi il 20% rispetto a dieci anni prima. Tuttavia, nonostante l’interesse che l’attività nel settore primario riscontra tra i più giovani e le politiche di sostegno attivate dalle Istituzioni, quali misure per il primo insediamento e detassazione dell’impresa under35, il processo di ricambio generazionale sembra zoppicare. È necessario, pertanto, rafforzare le azioni in tal senso.

Il ringiovanimento del comparto agricolo, inoltre, va di pari passo con la sua diversificazione. Sempre più, infatti, alle tradizionali mansioni agricole si affiancano agriturismi, attività di agricoltura sociale e di sistemazione di parchi e giardini, produzione di energia da fonti rinnovabili. Seppure in percentuale inferiore al Centro-Nord, queste funzioni connesse alle aziende agricole rappresentano già oggi il 5% del valore aggiunto del settore primario e valgono 958 milioni di euro.

In sintesi, il settore primario del Sud Italia presenta una dinamica molto vivace e rilevanti potenzialità ad oggi non valorizzate in modo adeguato. Si pensi, per esempio, al comparto agroalimentare, su cui il Mezzogiorno è più specializzato rispetto al resto del Paese, ma ne detiene solo il 16% degli addetti e meno del 25% delle unità locali. Si impongono, perciò, politiche pubbliche ed iniziative private in grado di promuovere e accompagnare processi di innovazione che contemperino i due aspetti della modernizzazione così come definiti nel rapporto: la “modernizzazione produttivistica”, basata sulla capitalizzazione e la riduzione dei costi, e la “modernizzazione qualitativa”, composta di multifunzionalità, biodiversità, filiere corte e produzione di beni pubblici, che si pone maggiormente in linea con la politica agricola comune e la politica di sviluppo rurale dell’UE e risponde meglio alle aspettative dei consumatori e dell’opinione pubblica.



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