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Legge Gelli, come cambia la responsabilità dei medici

KELLY DEGNAN ALBERTO QUADRIO CURZIO BEATRICE LORENZIN

Ci sono voluti tre anni di lavoro, ma alla fine il Parlamento è riuscito ad approvare una legge sulla responsabilità dei camici bianchi che potrebbe far uscire il settore sanitario dal caos creato dal decreto Balduzzi e ridurre in modo consistente il fenomeno della cosiddetta medicina difensiva che, secondo le stime più prudenti, costa al sistema sanitario nazionale intorno ai 10 miliardi di euro, il 10% della spesa sanitaria.

La nuova legge prevede per la struttura sanitaria la responsabilità contrattuale per i fatti colposi o dolosi del personale sanitario e degli ausiliari. La conseguenza è l’applicazione del termine di prescrizione di 10 anni e l’onere della prova in capo alla struttura, per cui al paziente danneggiato sarà sufficiente provare il rapporto con la struttura e il danno patito mentre sarà la struttura a dover offrire la prova del corretto adempimento.

Per medici e infermieri la responsabilità contrattuale cede il passo alla responsabilità extracontrattuale, e questo significa termine di prescrizione di 5 anni e, soprattutto, onere per il paziente di provare la colpa dei sanitari. L’effetto sarà di indirizzare la gran parte delle richieste risarcitorie verso la sola struttura sanitaria.
Al centro di questa chiarificazione del sistema della responsabilità sanitaria ci sono i protocolli di riferimento (linee guida e best practice) per misurare la perizia del medico e l’accertamento tecnico preventivo con finalità conciliativa come condizione di procedibilità in giudizio, in alternativa al procedimento di mediazione, che si è dimostrato inadeguato a ridurre il contenzioso. In pratica in sede penale il professionista che ha rispettato le linee guida e le buone pratiche clinico-assistenziali risponde soltanto in caso di comportamento negligente o imprudente e non più per imperizia; in sede civile la responsabilità nei confronti del paziente è quella extracontrattuale.

Un ruolo di equilibrio sarà svolto dalle assicurazioni. La polizza è obbligatoria per medici e strutture, inoltre il risarcimento dei danni sarà definito dalle tabelle ministeriali, che prevedono importi normalmente più bassi rispetto a quelli definiti dalle tabelle dei tribunali. Un sistema standardizzato, con indennizzi meno gravosi, ma più sicuri e veloci.
Un elemento critico potrebbe essere l’obbligo della copertura assicurativa per le strutture sanitarie e per i professionisti, senza però l’obbligo da parte del mercato assicurativo a contrarre le polizze, cosa che potrebbe spostare l’equilibrio del mercato assicurativo a favore delle compagnie. Resta comunque per le strutture la possibilità di assicurarsi tramite strumenti interni che siano equivalenti a una copertura assicurativa.

Un altro punto critico potrebbe essere quello della formazione delle linee guida e delle best practice, da adottare ufficialmente selezionando la migliore tra le diverse oggi esistenti e utilizzate in contesti diversi. Trattandosi comunque di protocolli scritti sempre da medici, qualcuno già sospetta che saranno scelte in modo da ridurre al minimo la responsabilità dei camici bianchi. Ma bisogna tener conto che questi protocolli non saranno comunque vincolanti per il giudice, che potrà sempre valutare l’adeguatezza ai casi concreti dei risarcimenti previsti, e questo porta a escludere la possibilità di scelte troppo orientate verso l’interesse dei professionisti.

Uno dei risultati positivi della legge dovrebbe essere la riduzione dei costi della medicina preventiva, come già scritto, ma anche delle remore che un atteggiamento troppo difensivo generava nell’attività dei medici che, nel dubbio di incorrere in responsabilità, potevano essere indotti a evitare interventi con un tasso eccessivo di rischio. Una recente indagine ha rilevato che l’80% dei medici adotta frequentemente strategie difensive: il 51% ha prescritto farmaci non necessari e il 24% ha prescritto trattamenti non necessari; il 26% ha escluso pazienti a rischio da alcuni trattamenti, al di là delle normali regole di prudenza e il 14% ha evitato procedure rischiose (diagnostiche o terapeutiche) su pazienti che avrebbero potuto trarne beneficio.

Con le nuove norme i professionisti potranno svolgere con più serenità la propria attività, a beneficio dei pazienti, perché viene meno il timore di vedersi costretti a pagare risarcimenti non per la presenza di una colpa ma per la mancata possibilità tecnica di dimostrare l’assenza di colpa.

(Articolo pubblicato su Italia Oggi, quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi)


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