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Marco Biagi e i voucher

Marco BIAGI

Ricorre oggi l’anniversario dell’omicidio di Marco Biagi, un giurista del lavoro che andava in giro in bicicletta e che scendendo da una bicicletta fu ammazzato a Bologna da una delle ultime propaggini delle Brigate Rosse.
Quindici anni fa.

Biagi era stato l’autore di un Libro Bianco sul lavoro che costituì l’ossatura della riforma del mercato del lavoro varata dal governo Berlusconi – ministro del lavoro era Maroni – nel 2003.
Biagi era di cultura socialista ed aveva collaborato con il governo Prodi in una prima fase. Poi era stato chiamato da Prodi a Bruxelles come consulente quando il professore bolognese divenne presidente della Commissione europea.

Ad un convegno all’Unione Industriale di Torino c’era Biagi e c’era Sergio Cofferati. Cofferati disse che bastava accostare il Libro Bianco di Biagi alle tesi della Confindustria sul lavoro per capire che c’era “frequentazione”, che le tesi erano le stesse.
Qui c’è la registrazione dell’incontro, Cofferati lo dice chiaramente. D’altra parte quel libro aveva la prefazione di Maroni, era a tutti gli effetti un documento governativo.
Se vi interessa, direttore generale di Confindustria era Stefano Parisi, tra l’altro.

In realtà quel Libro Bianco andrebbe riletto oggi, 15 anni dopo la morte di Biagi e 17 anni dopo la sua realizzazione. Ancora oggi ci spiega perché in Italia c’è il più alto tasso di disoccupazione più alto d’Europa.

Ci si troverebbero cose sorprendenti oltre al rigore analitico e all’attenzione verso i modelli di welfare di altri Paesi europei che prima di noi avevano provato a rispondere ad alcuni problemi del mercato del lavoro.
Ma, a proposito di voucher, vale la pena di rileggere quel che suggeriva Biagi.

“Assai interessante è ad esempio il caso spagnolo dove sono in corso di sperimentazione i “contratti a costo zero”. Allorché occorra sostituire una dipendente in permesso di maternità, viene consentito al datore che assuma una disoccupata di essere esentato dal pagamento degli oneri previdenziali. Una misura sicuramente convincente soprattutto per le unità aziendali di piccole e piccolissime dimensioni. Anche l’esperienza belga del “lavoro accessorio” è sorretta dalla medesima finalità di favorire la riemersione. Si tratta di attività varie (assistenza familiare e domestica, aiuto alle persone ammalate o con handicap, sorveglianza dei bambini, insegnamento supplementare, piccoli lavori di giardinaggio, collaborazione a manifestazioni sociali, caritatevoli, sportive,
culturali). Tali attività vengono svolte a beneficio di famiglie, società senza scopo di lucro ed enti pubblici da soggetti quali disoccupati di lunga durata, casalinghe, studenti, pensionati. Fulcro dell’esperimento è costituito dall’utilizzazione di “buoni” in alternativa ai pagamenti diretti, per semplificare il processo e, nel contempo, certificare le prestazioni”.

Era tutta qui, l’idea dei voucher. Favorire la riemersione di una serie di lavori che si fanno e non sono regolari.

Io immagino che anche Susanna Camusso, anche un parlamentare come Nicola Fratoianni che diceva che i voucher erano diventati la “legalizzazione di un’altra forma di schiavitù”, anche un qualsiasi deputato del partito uscito dal Pd che non si chiama Arturo, insomma chiunque abbia o abbia avuto a che fare con una studentessa che dà ripetizioni, con la ricerca del sostituto del colf filippino o della badante ucraina che torna a casa per un mese, con la ricerca di un infermiere per venire ad assistere la mamma o la nonna malata.
E mi sono stupito di quella percentuale – 3 per cento – di utilizzo dei voucher da parte delle famiglie fornita dal presidente Inps Boeri. Considerando che peso ha nel nostro Paese il lavoro di cura.

E comunque come pensano di pagarli, questi lavori, ora? Sicuramente senza copertura per gli infortuni e quota di contributi previdenziali, per quanto miserabile. Sicuramente al nero, come si era sempre fatto prima dei voucher.

I voucher e il lavoro accessorio regolare nacquero con Biagi, e fino a qualche anno fa i voucher venivano utilizzati così: per il giardiniere, il cameriere occasionale, le ripetizioni, la baby sitter, la sostituzione di una colf malata. Da quegli italiani che volevano fare le cose in regola. Non moltissimi, fino a qualche anno fa.

Poi certo l’abolizione dei limiti di utilizzo ha determinato il boom e allora la Cgil se ne è accorta ed ha deciso di chiederne la cancellazione.

E il governo Gentiloni, fatto dagli stessi ministri che prima ne avevano liberalizzato l’utilizzo e poi si erano ripromessi di “controllarne gli abusi” annunciando sistemi di erogazione e utilizzo che c’erano pure prima, ha deciso di cancellare i voucher per evitare il referendum.

Triste storia e triste omaggio a Biagi.

Quanto al lavoro accessorio, sostitute di badanti, colf, baby sitter e studentesse continueranno come prima, solo che non sarà più regolare.


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