Quando io e mio marito facciamo la spesa al supermercato e arriviamo alle casse, abbiamo ormai l’abitudine di gettare un occhio nei carrelli di chi ci precede e di chi è in coda dopo di noi. Potrei definirlo una sorta di riflesso condizionato.
Guardiamo e spesso inorridiamo: perché, pur se da qualche tempo stiamo notando una nuova consapevolezza nelle scelte di chi compra, che sembrano timidamente iniziare ad andare in una direzione più salutare, la maggior parte di ciò che vediamo mettere sul tappetino scorrevole, per finire poi nei sacchi da portare a casa, rientra nell’elenco dei prodotti che andrebbero eliminati. E non dico parzialmente, ma in certi casi proprio del tutto: “robacce” da cancellare in modo categorico, per sempre, dalle nostre abitudini.
Da cancellare in quanto artificiali, manipolate all’inverosimile, addizionate con sostanze da evitare da parte di chiunque abbia la legittima aspirazione a stare bene, arricchite da quantità elevate di scadentissimi e nocivi grassi saturi che hanno un solo pregio, ma unicamente agli occhi di chi li produce: quello di costare poco a loro! Peccato che abbiano invece un prezzo altissimo per il nostro benessere. In cima all’elenco delle cose che non vorrei mai vedere nei carrelli della spesa, potrei mettere certe megaconfezioni di bottiglioni magnum di bibite gassate. Si tratta di autentiche bombe di zuccheri quando sono in versione normale, ma ancor più dannose e oltretutto senz’altro ingannatrici se in versione cosiddetta diet.
Queste ultime sono peggiori dal momento che i dolcificanti utilizzati, gli stessi che troviamo anche nelle caramelle e nelle gomme da masticare definite light, fanno tutto meno che bene alla nostra salute. Potrei iniziare dal fatto che aprono la strada al diabete, una malattia terribile, invalidante, in grado di peggiorare in modo intollerabile la qualità della vita di chi ne è affetto. Uno studio condotto in Francia su un campione di 100mila insegnanti abituati a bere quotidianamente bibite dai distributori delle loro scuole (prima che le proibissero), ha dimostrato che i consumatori delle cosiddette bibite diet si ammalavano più degli altri di diabete. Bibite che sono oltretutto ingannatrici dato che il loro effetto dimagrante è una clamorosa bufala; è invece reale il suo esatto contrario, e cioè un “effetto spugna” che trattiene i liquidi dei nostri tessuti, anziché aiutarci a smaltirli.
Oltre al danno, insomma, la beffa. Perché convinta che si tratti di prodotti autenticamente dimagranti, la gente continuerà a comprarli e a berli, attribuendo la colpa del proprio mancato dimagrimento a qualcosa d’altro. Magari di assolutamente incolpevole. Il fatto che siamo noi, uomini e donne adulti, a bere simili cose, oltre che dannoso è profondamente stupido; ma metterle in tavola per i nostri bambini, al posto di una sana e normalissima bottiglietta d’acqua, è un’autentica follia. Un recente studio britannico ha dimostrato che nell’arco di dodici mesi un bambino inglese medio di cinque anni introduce nel suo organismo un quantitativo di zucchero pari al suo peso. E non pensiamo di potercela cavare alzando le spalle con sufficienza dicendo che il problema riguarda gli inglesi: la globalizzazione dei marchi, dei consumi e delle abitudini alimentari ci ha ormai resi tutti uguali, sovrapponibili al di là delle nostre differenti nazionalità. Io mi chiedo e chiedo a quei genitori, che siano essi inglesi o tedeschi, francesi o italiani: ma lo sapete che cos’è il diabete? Sapete che vita penosa si prospetta per un diabetico adulto? Volete davvero condannare a questo i vostri figli?
Lo so bene: sto continuando ad andare giù dura, senza usare né mezzi termini né mezze misure. Ma lo faccio con cognizione di causa, con lo spirito di missione e, vorrei dire, soprattutto con il cuore di chi, da 23 anni, vive in mezzo ai malati e ai loro familiari cercando di guarirli o quantomeno di migliorarne le condizioni di vita. Come oncologa, mi occupo da sempre, in tutte le sue forme, solide e non, di quella malattia terribile che per giustificata paura facciamo spesso fatica a chiamare con il suo nome: cancro. Ma quando parlo in conferenze pubbliche, in interviste o magari soltanto con parenti e amici, ricordo sempre che se il cancro rappresenta senza alcun dubbio nella mente di tutti, così come nella cruda realtà, la punta dell’iceberg della malattia, ce ne sono altre, non meno terribili, che si chiamano malattie autoimmuni, oppure altre patologie “infiammatorie croniche” capaci di rendere l’esistenza invivibile, carica di sofferenze e scandita dall’uso di farmaci. Lo ricordo sempre perché anche queste malattie sono quasi sempre strettamente collegate a un consumo abituale e giornaliero di cibi sbagliati.
Sbagliati perché ricchi di grassi nocivi oppure, come ho detto, di zuccheri, di ormoni o di sostanze chimiche aggiunte, di aminoacidi o di proteine magari naturali, ma che il nostro organismo non è programmato ad assimilare. Questi errori scatenano i processi di acidificazione dai quali scaturiscono poi gli stati infiammatori, che a loro volta si possono tramutare in forme tumorali. L’ho detto: siamo tutti diversi e questo non è fortunatamente un processo che si replica in modo automatico in ognuno di noi; ma è il processo dal quale prendono il via le neoplasie. Vogliamo correre il rischio di innescarlo per non dover rinunciare al vizio di una stupida bibita gassata, all’abitudine di consumare (magari a cena!) insaccati zeppi di nitriti o altro ancora? Pensiamo davvero che ne possa valere la pena?
Maria Rosa Di Fazio
“Mangiare bene per sconfiggere il male” (Mind)