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Perché Geert Wilders ha già vinto le elezioni in Olanda

Geert Wilders è a capo di un partito virtuale, appare raramente in pubblico, comunica mediante Twitter, predica l’uscita dall’Unione Europea e di proibire il Corano. Personaggio mediatico, definito il prototipo del politico populista, la sua vittoria alle prossime elezioni del 15 marzo non si misurerà nei consensi, ma in come è riuscito a cambiare la scena politica olandese.

Il 15 marzo l’Olanda andrà al voto per eleggere i 150 rappresentanti della Tweede Kamer, la seconda camera del paese, la quale dovrà poi nominare il prossimo governo. Al di là dei possibili risultati, queste elezioni certificano la sostanziale rivoluzione che è avvenuta nel paese nell’ultimo decennio, che ha visto l’ascesa del personalismo politico, la crisi della sinistra e la vittoria della retorica populista, tutto grazie a Geert Wilders e il suo Partito delle Libertà (PVV).

La situazione. Secondo gli ultimi sondaggi il PVV potrebbe ottenere 25 seggi, contro i 24 del più tradizionale Partito Popolare per la Libertà e la Democrazia (VVD) dell’attuale primo ministro Mark Rutte. Nella precedente legislatura il PVV aveva 15 seggi, mentre il VVD 41. Seguono gli altri partiti con i cristiano-democratici del CDA – potenziali alleati del VVD di Rutte – a 21 seggi, i verdi di GL e i liberali-conservatori di D66 a 17, i socialisti di SP al 13 ed infine i laburisti del PdvA – attualmente partner di minoranza del governo Rutte – a 10 seggi, ventotto in meno rispetto alle ultime elezioni. Seguono poi i partiti minori, fra cui gli Animalisti, i pensionati, i dominionisti – sorta di fondamentalisti cristiani – ed altre formazioni di estrema destra, tutti con una chance di entrare in parlamento visto che si vota tramite un proporzionale puro con sbarramento simbolico allo 0,67%.

Il duello. Con la fine della tradizionale dicotomia fra sinistra – il PdvA è stato per anni il primo partito del paese – e i centristi, i dati suggeriscono un testa a testa fra due rappresentanti della destra. Da una parte il conservatore liberale Mark Rutte la cui agenda politica unisce le istanze liberali – meno governo e tagli alle tasse – alla costruzione di un consenso allargato tipico della politica olandese. Diametralmente dall’altra parte, Wilders, il politico liberale fuoriuscito dal VVD, critico del sistema politico tradizionale la cui agenda prevede l’abbandono dall’Europa e la lotta all’Islam. Un politico unico nel suo genere, avversato in patria ed in Europa da molti, ma la cui figura è stata capace di riplasmare la politica e l’elettorato olandese, oltre che diventare l’esempio per altri populisti dentro e fuori il continente.


 

Sono contro l’Unione Europea, ma in favore dell’Europa – Geert Wilders

Il partito virtuale. Capire la figura di Wilders significa esplorare la politica post-moderna, non solo dell’ Olanda, ma dell’intero panorama europeo. Dal punto di vista tradizionale, il PVV, è un partito vuoto con un unico membro: Geert Wilders. Il partito non ha un’organizzazione territoriale né rappresentanti nelle regioni o nei comuni, tutto è nelle mani del leader che – come se fosse il capo di una setta – opera principalmente sui media creando le liste fra simpatizzanti che ne devono accettare la linea politica senza discussioni. Pur se Wilders è in parlamento dal vent’anni, il suo palcoscenico non è quello della politica tradizionale fatta di concertazione e costruzione del consenso, ma dei social-media che gli permettono di trascendere i confini nazionali e di auto-definirsi come politico anti-sistema avversario del “politically correct” tipico della politica olandese.

 

La leggenda dell’angelo biondo. Nonostante il suo dichiararsi un “outsider” della politica, Geert Wilders è in parlamento dal 1998. Conosciuto come l'”angelo biondo” per la sua altezza e il suo tingersi i capelli di biondo, milita ai tempi nel VVD, lo stesso partito del suo attuale rivale Mark Rutte. Nel 2004 viene cacciato dai liberali che ne criticano le  posizioni anti-Islam che che aveva adottato dal 2002, l’anno in cui il politico populista Pim Fortuyn – di cui il PVV condivide molti punti programmatrici – venne ucciso per le sue posizioni di totale contrapposizione agli immigrati musulmani. A seguito di questo omicidio e di quello del regista anti-Islam Theo van Gogh (2004), Wilders entra nel programma di protezione della polizia, vivendo da allora sotto scorta e non dormendo mai due notti consecutive nello stesso appartamento. Questo lo porta a sospendere le apparizioni pubbliche e a trasferire la sua presenza su internet. Qui nasce il “mito” Geert Wilders, la cui stessa vita – da alcuni ex-collaboratori definita “una parte” recitata alla perfezione – diventa il simbolo della sua lotta all’Islam per la libertà del popolo olandese. Sempre in movimento e sotto minaccia, si trasforma da figura politica in personaggio mediatico, un opinion-maker capace di cavalcare ed indirizzare i trend politici e gli umori dell’elettorato, travolgendo la società e la politica olandese, i cui modi – costante presenza mediatica, uso di Twitter, provocazione – verranno poi copiati da altri politici populisti come, ad esempio, Matteo Salvini in Italia e Donald Trump negli Stati Uniti, di cui egli è indicato come un prototipo più metodico e calcolatore.

Il Corano è un libro fascista che incita la violenza, per questo, come per il Mein Kampf di Hitler, deve essere bandito – Geert Wilders

Il paradosso elettorale. Stando ai sondaggi, il PVV potrebbe risultare il primo partito del paese ed allo stesso tempo non accedere a posizioni di governo. Nessuno dei principali partiti, di destra o di sinistra è disposto a formare un’alleanza con Geert Wilders che si troverà, quindi, all’opposizione di un governo di coalizione a probabile guida liberale con la partecipazione di centristi e laburisti. Poco importa, perché i temi dell’agenda politica del paese, li detta Wilders, nominatosi protettore dei “valori sociali” olandesi. Abilissimo a percepire gli umori dell’elettorato ed estremizzarli, Wilders parla di revisione del modello di accoglienza in un paese in cui molti – anche chi non vota per il PVV – contestano la concessione dello stato sociale agli immigrati appena arrivati. Egli inoltre parla di uscita dall’UE in un’Olanda che è diventata sempre più euroscettica e vuole un Europa più leggera, meno burocratica e ispirata più al modello del “Nord Bloc” – ovvero Germania, paesi scandinavi ed Olanda stessa – che a quello statalista francese. Infine, la messa al bando del Corano, lo stop all’immigrazione dai paesi musulmani e la chiusura delle scuole religiose ad ispirazione islamica, in un paese ancora scosso dagli eventi terroristici avvenuti nel vicino Belgio. Temi non a caso ripresi – in maniera più moderata – dallo stesso primo ministro Mark Rutte – che aveva provato a guidare un governo con il supporto di Wilders dal 2010 al 2012 – la cui campagna elettorale è volta ad incanalare una parte del voto di protesta attualmente destinato al PVV.


 

Questa, a 10 giorni dalle elezioni, è la dimostrazione della vittoria già conseguita da Geert Wilders: spostare la politica olandese a destra e verso le proprie posizioni. In un paese in cui discutere di abbandonare l’Europa o di chiudere ai migranti era impossibile fino a qualche anno fa. Che il PVV acceda al governo o no diventa irrilevante, perché anche laddove non vengano rappresentate le sue idee politiche, queste saranno comunque presenti in forme più politicamente corrette.

Questa è la lezione principale che ci viene dall'”angelo biondo” Geert Wilders: il populismo non si batte nelle urne, ma imponendo i propri temi e comunicandoli all’elettorato, in Olanda come in Francia, Germania ed Italia.

 

Pubblicato dall’autore su: il Caffè e l’Opinione

 



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