C’è anche la riforma delle popolari (e ora in primis la Popolare di Bari) sulla strada dei candidati alla segreteria del Partito democratico. Nel giro di tre giorni si contano il botta e risposta fra Matteo Renzi e Francesco Boccia, che sostiene Michele Emiliano, e un passaggio in un’intervista dello stesso governatore pugliese che critica l’ex premier (“Trovo strano che si accanisca sulla Popolare di Bari, l’unica banca di livello rimasta nella Regione”). I motori però si erano accesi già nel corso della direzione nazionale del Pd.
LA RIFORMA
Tutto nasce dalla riforma voluta dal precedente governo che obbligava entro il 27 dicembre 2016 le banche popolari con attivo superiore agli 8 miliardi a trasformarsi in società per azioni. Novità che sono state frenate dal Consiglio di Stato il quale, nell’ordinanza del 12 gennaio scorso, ha chiesto alla Consulta di esprimersi su alcuni aspetti di costituzionalità della riforma. Solo in un secondo momento Palazzo Spada tornerà a esprimersi sul tema. In tutto questo non va dimenticato quello che potrebbe essere un vero e proprio incubo per le popolari: il diritto di recesso, ovvero il rimborso ai soci che decidano di vendere agli istituti le proprie quote. Nella circolare attuativa della riforma la Banca d’Italia ha infatti chiarito che tale diritto può essere limitato o escluso dalla banca qualora il rimborso pieno o dilazionato possa pregiudicare il patrimonio dell’istituto stesso. Proprio questo è uno dei più importanti dubbi di legittimità su cui il Consiglio di Stato ha chiesto aiuto alla Corte Costituzionale, sottolineando che il rimborso può essere differito ma non negato.
L’EMENDAMENTO SALTATO
Un altro passo indietro ci porta a novembre 2016 quando Formiche.net ha raccontato di un emendamento sulle popolari saltato improvvisamente. In Parlamento maggioranza e opposizioni avevano raggiunto un accordo per inserire alcune modifiche al decreto fiscale riguardanti le banche. Nello specifico, sarebbe passata la norma sul fondo di risoluzione per il salvataggio di Banca Etruria, Banca Marche, CariChieti e CariFerrara – che consentiva di “spalmare” su più anni il conguaglio finale per il salvataggio delle quattro banche – e in cambio si sarebbe tornati indietro sulla soglia degli attivi delle popolari, riportandola a quota 30 miliardi. Ma dopo conciliaboli e riunioni tecniche fra il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Tommaso Nannicini, esponenti del ministero dei Rapporti con il Parlamento allora retto da Maria Elena Boschi, uomini del Tesoro e delle commissioni parlamentari competenti l’intesa è saltata.
RENZI IN DIREZIONE NAZIONALE, IL COMMENTO DI BOCCIA
Tornando alla Puglia – terra di provenienza sia di Boccia (nato a Bisceglie) sia di Emiliano (nato a Bari) – la Popolare di Bari è l’unico dei dieci istituti che supera il tetto degli 8 miliardi – insieme alla Popolare di Sondrio – a non aver deliberato la trasformazione in società per azioni ed è più interessata delle altre al parere della Corte costituzionale. E c’è da dire che al tema delle Popolari si interessano ancora molto anche Renzi che peraltro, durante la direzione nazionale del Pd lo scorso febbraio, non ha dimenticato di mostrarlo. “Non vedo l’ora che parta questa commissione d’inchiesta sulle banche (il ddl per la sua istituzione è stato approvato dalla commissione Finanze del Senato ed è già stato calendarizzato per l’Aula, ndr). Per mesi è sembrato che il problema fosse solo di due-tre banchette toscane (abbastanza chiaro il riferimento a Banca Etruria, ndr). Ma quanto sarà affascinante e appassionante poter discutere delle banche pugliesi, della Banca Popolare di Bari, della 121. Ma quanto sarà interessante discutere delle banche venete, dell’acquisto di Antonveneta, della Banca Popolare di Vicenza. Si è fatto credere che il problema fosse di qualche banchetta territoriale. Ci sarà questa commissione d’inchiesta e potremo discuterne tutti insieme. Recuperando l’allegria! E la tranquillità, la gentilezza, la trasparenza, la voglia di costruire un partito che parli il linguaggio del futuro”. Parole che non sono passate inosservate dalle parti di Boccia, sempre molto critico con la riforma voluta dall’esecutivo Renzi. “Quella di Renzi in direzione nazionale Pd sulle banche è stata una caduta di stile. Alcune delle banche che ha citato non esistono più e altre, come la Popolare di Bari, sono banche importanti anche se danneggiate dalla sua riforma – ha detto intervenendo alla trasmissione “Omnibus” su La7 -. Indipendentemente dalla simpatia o meno che ha Renzi verso i management di alcune popolari rispetto ad altre, tutte oggi si trovano in queste condizioni a causa del suo decreto sulla cosiddetta riforma delle popolari”.
LA LETTERA DI BOCCIA AL “SOLE 24 ORE”
Due giorni fa il presidente della Bilancio alla Camera – e democrat che appoggia Michele Emiliano alla segreteria del Pd – è tornato sull’argomento con una lettera sul Sole 24 Ore in risposta all’articolo di Renzi apparso il giorno prima in cui l’ex presidente del Consiglio ha difeso la “sua” riforma. Boccia ha ribadito che la riforma era “necessaria e attesa da anni” ma ha nuovamente criticato il fatto che avrebbe dovuto seguire lo smaltimento dei crediti deteriorati e delle sofferenze – passate dai i 40 miliardi del 2008 ai 200 miliardi del 2015 – e il consolidamento del sistema bancario. Peraltro, sempre a suo dire, l’ex presidente del Consiglio ha commesso l’errore di valutare le sofferenze solo delle prime dieci popolari nel periodo 2011-2016, che ammontano a 20 miliardi: un po’ poco rispetto ai 200 totali. C’è poi una “aggravante”, come l’ha definita Boccia, ovvero “l’incomprensibile” soglia degli 8 miliardi che “ha determinato un blocco alle aggregazioni per tutte le popolari sotto quella soglia”. Si tratta di “un capolavoro al contrario” ha rilevato il parlamentare democratico che nella lettera al quotidiano confindustriale si è domandato se la soglia sia stata pensata in riferimento ai primi dieci istituti di questo genere o all’intero sistema bancario aggiungendo un’ulteriore questione: “Chi ha davvero scritto la proposta poi approdata in Parlamento che alcuni di noi non votarono per evidenti incoerenze?”. Boccia non salva neppure la commissione d’inchiesta sul sistema bancario, considerata “l’ennesima giravolta”.
EMILIANO AL “CORRIERE DELLA SERA”
Ieri è arrivato l’ultimo intervento sulla vicenda, almeno per ora. In un’intervista al Corriere della sera uno dei due avversari di Renzi alla guida del Nazareno, Emiliano, è stato piuttosto esplicito: “Renzi ogni volta che parla della Puglia vede rosso, forse perché lì ha preso sempre bastonate impressionanti?” si domanda il governatore pugliese che poi fa un riferimento diretto. “Trovo strano che si accanisca sulla Popolare di Bari, l’unica banca di livello rimasta nella Regione”.
BOCCIA A FORMICHE.NET
“Emiliano, come dovrebbe fare ogni pugliese, difende il risparmio della sua Regione e il patrimonio che rappresenta la Popolare di Bari ma attenzione: Renzi pensa che gli altri abbiano con il mondo della finanza e con il sistema economico in generale le stesse relazioni che ha lui. E lo dico con il massimo del rigore e del rispetto. Io ed Emiliano – sottolinea il deputato – non facciamo sconti a nessuno e abbiamo un rapporto all’antica con il management delle banche, da cui ci separano distanze siderali. Io non sono mai stato azionista né ho mai avuto un conto corrente alla Popolare di Bari”. Boccia, il quale continua a nutrire il dubbio che la riforma delle popolari sia stata scritta a Palazzo Chigi, puntualizza: “Non c’era e non c’è mai stato un problema Popolare di Bari, che aveva i suoi 77 mila azionisti come principali controllori. Semplicemente l’istituto pugliese doveva digerire l’acquisizione di Tercas in più anni. Acquisizione che, grazie alla riforma voluta da Renzi, è diventata un’indigestione”. Eppure l’ex presidente del Consiglio sembra proprio avercela con questo istituto di credito. “Rivolga a lui la domanda. Se ha qualche problema con il management di questa banca non lo so. Un’ultima richiesta: Renzi la smetta di affermare che ha portato a casa per le popolari la riforma di Ciampi e Draghi. Non è così, quella riforma non prevedeva né il diritto di recesso né la soglia degli 8 miliardi. In questo modo non rende un buon servizio alla memoria di Ciampi e non rende onore a Draghi che per signorilità tace”.