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Popolare di Vicenza e Veneto Banca. Cosa cela la proroga delle offerte agli azionisti

Fondo Risoluzione, Popolare

La Popolare di Vicenza e Veneto Banca prendono tempo sulle offerte di rimborso agli azionisti, che a oggi non hanno ancora raggiunto la percentuale dell’80% di adesioni che era stata posta come condizione per il successo delle stesse.

NUOVE SCADENZE

Le due banche venete hanno annunciato di avere prorogato l’offerta di transazione rivolta ai soci che erano stati azzerati con gli aumenti di capitale dell’anno scorso da mercoledì 22 a martedì 28 marzo. Il fatto è che in entrambi i casi le adesioni sono sotto l’80% che era stato preventivato. In particolare, la proposta di transazione della Banca Popolare di Vicenza ha raccolto adesioni pari al 65,44% delle azioni coinvolte nel perimetro dell’offerta mentre nel caso di Veneto Banca la percentuale si è attestata al 64%. I dati fotografano la situazione alle ore 13.30 del 22 marzo. In totale, hanno aderito alla proposta 115.200 soci, di cui 63.300 della Vicenza e 51.900 di Veneto Banca su una platea di circa 169 mila azionisti. Da ricordare che nel caso della banca vicentina sono stati proposti agli azionisti 9 euro per titolo mentre per l’istituto di Montebelluna l’indennizzo è del 15% della perdita teorica. In entrambi i casi – ed è un passaggio fondamentale – si chiede di rinunciare a qualsiasi causa legale verso la banca. I soci sono stati praticamente azzerati con i due aumenti di capitale dell’anno scorso, per un totale di circa 2,5 miliardi, che hanno sancito l’ingresso nel capitale delle due banche del fondo Atlante, quasi al 100% in entrambi gli istituti di credito.

LE IMPLICAZIONI

I due gruppi hanno bisogno che aderisca all’accordo almeno l’80% dei soci per disinnescare la mina delle cause legali riferite alla passata gestione che potrebbero valere tra i 4 e i 5 miliardi. E se le banche venete dovessero sborsare tutti questi soldi, per loro, che hanno bisogno di un nuovo aumento di capitale stimato complessivamente in circa 5 miliardi, si aprirebbero le porte del bail-in, cioè del salvataggio con penalizzazione, nell’ordine, di azionisti, obbligazionisti (non solo subordinati) e correntisti oltre i 100 mila euro. Al contrario, i vertici delle due banche, cioè Fabrizio Viola (nella foto) per la Popolare di Vicenza e Cristiano Carrus per Veneto Banca (Viola dovrebbe anche guidare le due banche che stanno studiando la fusione), con il sostegno del Tesoro e del governo italiani, sarebbero intenzionati a fare scattare, in scia a quanto si sta cercando di fare con Mps, il paracadute della ricapitalizzazione precauzionale, che limita la penalizzazione ai soli azionisti e obbligazionisti subordinati. Alcuni dei piccoli azionisti ritengono però che questa pistola alla tempia del bail-in sia solo un modo per esercitare pressioni e convincerli a rinunciare alle cause. Inoltre, come scritto da Formiche.net, non sono mancate frizioni tra Tesoro e vertici delle banche venete anche sulle offerte agli azionisti. Con ambienti degli istituti che si attendevano parole esplicite e pubbliche di sostegno al l’operazione in corso.

IL NODO ATLANTE

Resta il problema di quel che farà il fondo Atlante in occasione della ricapitalizzazione. Il fatto è che il numero uno del fondo, Alessandro Penati, aveva fatto sapere di volere restare al controllo, anche per potere poi beneficiare degli eventuali vantaggi della ristrutturazione, dal momento che fino a oggi ha dovuto sostenere solo oneri. Ma le banche azioniste, a cominciare da Intesa Sanpaolo e Unicredit e passando per Bpm, hanno espresso diverse perplessità sull’eventualità che Atlante impieghi ulteriore risorse per ricapitalizzare le venete e non per acquistare sofferenze, mission primaria del fondo.


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