La Popolare di Vicenza e Veneto Banca vanno avanti a studiare il progetto di fusione e si apprestano a formulare la richiesta formale di ricapitalizzazione precauzionale, sulle orme di quanto già fatto da Monte dei Paschi di Siena. Secondo indiscrezioni poi confermate nella serata di venerdì, i due istituti veneti controllati dal fondo Atlante con quasi il 100% del capitale ciascuno sono sul punto di richiedere la procedura al Tesoro.
LE INCOGNITE EUROPEE
Questo non significa che la strada sia tutta in discesa. Anzi. In primo luogo, bisogna ricordare che la ricapitalizzazione precauzionale implica l’intervento pubblico e il burden sharing, ossia la penalizzazione di azionisti e obbligazionisti subordinati della banca in questione. Uno dei principali problemi è che, dopo la formalizzazione della richiesta al Tesoro, a dire sì dovranno essere la Bce, ossia l’autorità di vigilanza, che vuole che gli istituti di credito siano il più ricapitalizzati possibile, e la Commissione europea, che per definizione non vede bene il ricorso ad aiuti di Stato. Due visioni che per ovvie ragioni nel caso della ricapitalizzazione precauzionale cozzano l’una contro l’altra (lo stiamo vedendo sia per le venete sia per Mps, per la quale i tempi di approvazione della procedura si sono allungati).
GLI SCAMBI DI LETTERE
Non bastasse, la Bce ha chiesto alla Popolare di Vicenza e a Veneto Banca due piani industriali distinti, mentre i gruppi, che studiano la fusione, vorrebbero considerarsi già un’unica entità, così da potere sfruttare tutte le possibili sinergie, migliorando in questo modo i conti. E’ in quest’ottica che si deve leggere la notizia per cui le due banche venete, proprio in questi giorni, avrebbero risposto alle richieste della Bce (che domandava dove intendessero reperire le nuove risorse necessarie per la loro sopravvivenza) con lettere identiche, sottolineando l’importanza di una integrazione. A complicare le cose per le due venete, poi, è stata l’agenzia di rating Fitch, che venerdì ha tagliato i giudizi di lungo e di breve termine sulla Popolare di Vicenza.
L’OFFERTA AGLI AZIONISTI
Inoltre, la ricapitalizzazione preventiva scatta soltanto in caso di solvibilità della banca che la richiede. E qui arrivano i problemi, perché per stabilire se le due venete abbiano questa caratteristica è fondamentale che si chiudano le mini-offerte di rimborso agli azionisti. Da ricordare che la Banca Popolare di Vicenza mette sul piatto 9 euro per titolo e Veneto Banca il 15% del valore dell’azione al momento dell’acquisto in cambio della rinuncia ai contenziosi con la banca. Dalle parti di Vicenza e Montebelluna continuano a ripetere che, nel caso in cui queste offerte saltassero e le due banche dovessero affrontare il mare magnum delle cause legali (dati i problemi, anche giudiziari, legati alle vecchie gestioni), l’esborso potrebbe addirittura arrivare a 5 miliardi di euro, contro i 600 e rotti milioni dei mini-rimborsi. In quel caso, potrebbe scattare il bail-in, ossia il salvataggio con le regole europee e senza gli aiuti pubblici. Alcuni azionisti ritengono però che quello del bail-in sia solo un modo per mettere loro pressione addosso, forzandoli a consegnare le azioni e facendoli promettere di non promuovere cause legali. Si vedrà comunque cosa faranno: hanno tempo fino al 22 marzo per decidere e a oggi si dice che l’offerta abbia raccolto circa il 50% contro l’80% di target delle banche.
L’AUMENTO DI CAPITALE
In pratica, si stima che le cause legali possano costare quanto l’aumento di capitale complessivo delle due banche, collocato appunto da indiscrezioni intorno a 4,5 miliardi. Di queste risorse, si calcola che 1,2 miliardi potrebbe arrivare dalla conversione delle obbligazioni subordinate, mentre il fondo Atlante, che ha già anticipato quasi 1 miliardo, potrebbe aggiungere altre risorse per evitare di subire una diluizione troppo forte dall’ingresso del Tesoro nel capitale. Quello stesso Tesoro, tra l’altro, che si dice fosse stato regista della “cacciata” da Mps dell’ad Fabrizio Viola, ora proprio alla guida di Popolare di Vicenza e in procinto di capitanare le due venete nel caso in cui riuscissero a convolare a nozze.