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Cosa si dice in Africa delle novità nella Radio Vaticana

Dario Edoardo Viagnò

Il Vaticano limita l’ascolto delle parole del Papa? È l’interrogativo che circola in alcuni ambienti giornalistici e tra i vescovi africani dopo la decisione della Segreteria per la comunicazione di spegnere le trasmissioni in onde corte di Radio Vaticana, trasferendole completamente su web, nel nome dell’efficienza e del risparmio. I vescovi africani hanno scritto una lettera per chiedere di ripensarci.

IN NOME DEL RISPARMIO

Radio Vaticana presenta ogni anno bilanci in rosso intorno ai 26 milioni di euro. È anche per questo che il nuovo super-ministero della Comunicazione guidato dal prefetto monsignor Dario Edoardo Viganò (in foto) – dal quale dall’1 gennaio dipende direttamente anche la Radio – ha previsto di chiudere le trasmissioni in onde corte. Ma a che prezzo? Annota il portale specializzato Italradio: “Da un punto di vista economico è certamente conveniente; ma è in drammatica contraddizione con i valori che Radio Vaticana, da sempre vista come il mezzo con cui la Chiesa raggiunge anche gli ultimi e quelle periferie alle quali è così attento Francesco, ha incarnato fin dal primo giorno della sua fondazione. Era, in altre parole, il simbolo stesso dell’universalità del messaggio che trasmetteva. Oggi questa universalità viene meno”.

LA VOCE DEL PAPA SOLO SUL WEB

Già da tempo Radio Vaticana è disponibile tramite internet. Chiuso per Europa e Americhe nel 2012, il servizio onde corte rimaneva disponibile per Africa, Asia e Medio Oriente, proprio per garantirne l’ascolto nei Paesi più poveri o dove il web è sottoposto a controllo e censura. Ora la decisione di spegnere e puntare sul digitale. Per l’Africa in particolare, la Segreteria delle comunicazioni vaticane ha cercato un accordo con Facebook per garantire l’ascolto tramite app e smartphone. Spiegava Viganò ad ottobre: “Hanno tutti il cellulare in Africa”. Nell’agosto precedente Bergoglio aveva ricevuto Mark Zuckerberg, fondatore, presidente e ad di Facebook.

PROTESTANO I VESCOVI AFRICANI

Non la pensano come Viganò i vescovi africani. I rappresentanti delle Conferenze episcopali hanno scritto all’emittente per chiedere di ristabilire le trasmissioni in onde corte. Quindi ascoltabili con una radiolina a poco prezzo. Mentre riconoscono che i servizi di Radio Vaticana possono essere ricevuti grazie al web, i vescovi osservano: “Il fatto è che molti africani semplicemente non hanno i mezzi o le tecnologie per godere di tali servizi”. Quindi viene meno per milioni di africani l’opportunità “di sentire il Santo Padre”. Si rende irraggiungibile uno strumento formidabile “per l’evangelizzazione”. Si ammutolisce una voce libera e “affidabile di notizie sulla Chiesa, sull’Africa e il resto del mondo”.

IL REPORT

Secondo il rapporto dell’International Telecommunication Union (Itu), nel 2016 poco più del 49% della popolazione mondiale ha una connessione mobile. Appena il 41% nei Paesi in via di sviluppo. In Africa, in particolare, utilizza internet appena il 25% della popolazione e solo il 15% ha una connessione domestica.

UN PRESIDIO PER L’INFORMAZIONE LIBERA

Tracciando un bilancio dei suoi quasi 26 anni alla guida di Radio Vaticana, un anno fa padre Federico Lombardi prima del pensionamento sottolineava la sfida di come “tener veramente presenti i poveri”, di “come combattere la ‘cultura dello scarto’ nel mondo della nuova comunicazione”. Con un servizio che si può svolgere solo con le onde corte: “E questo è il motivo per cui personalmente ne ho difeso pervicacemente l’uso fino ad oggi”. Riconoscendo che le tecnologie della comunicazione hanno aperto nuovi spazi – fu lui stesso a prevedere nel 2012 il taglio delle onde corte per Europa e Americhe, dove però internet è realtà diffusa – ricordava che “nel Dna della Radio Vaticana e della sua missione fin dalle origini e poi in particolare nel tempo della Chiesa oppressa dai totalitarismi, soprattutto comunisti, c’è stato sempre il servizio dei cristiani oppressi, dei poveri, delle minoranze in difficoltà, piuttosto che la sudditanza assoluta all’imperativo della massimizzazione dell’audience”. Ora, nel processo di riforma delle comunicazioni vaticane, questo pare passare in secondo piano.

PADRE LOMBARDI: AUDIENCE E RISPARMIO NON BASTANO

Tirato in ballo da Sandro Magister, nei giorni scorsi Lombardi ha scritto una lunga lettera al vaticanista dell’Espresso. Articolando il suo pensiero per non risultare in scontro diretto con l’attuale dirigenza della comunicazione vaticana: “Non ho mai pensato a fare una battaglia all’ultimo sangue per le onde corte, ma le ho sempre difese con decisione di fronte a quelle che mi sembrassero posizioni superficiali o non consapevoli dei limiti ancora reali delle possibilità offerte da tecnologie alternative”. Se, quindi, nel quadro della riforma dei media vaticani si prendono decisioni in questo senso, “potrò sentire il naturale dolore per la caducità delle nostre opere, ma non sarò io a contestarle, auspicando naturalmente che tutti gli aspetti della questione siano presi in considerazione”. Per Lombardi, audience e risparmio non sono i soli criteri gestionali della Radio del Papa.

LO SPAZIO LASCIATO VUOTO NELL’ETERE VERRÀ OCCUPATO. DA CHI?

Voluta da Pio XI, Radio Vaticana è stata fondata nel 1931. Con l’apporto diretto del padre principale della telegrafia senza fili, Guglielmo Marconi. Progressivamente, da allora ha garantito un servizio di informazione libera in decine di lingue nei quattro angoli del pianeta. Informazione a tutto campo, non solo religiosa. Nella sua lettera a Magister, Lombardi accenna ad un problema: quello del carattere politico-strategico delle trasmissioni in onde corte. Se Radio Vaticana spegne le sue frequenze, altri le occuperanno. “Chi? Per che cosa?”, si domanda il padre gesuita, che cita l’esempio di quando alcuni anni fa comunicò a un’importante agenzia di trasmissioni internazionali che la Radio avrebbe terminato di ricorrere a un loro servizio – “che in quel periodo era stato importante, ma naturalmente costava” –, il responsabile disse subito che gli dispiaceva, “non tanto per il motivo economico, perché avrebbe trovato presto un cliente sostitutivo, ma perché sapeva che il cliente sostitutivo sarebbe stato certamente musulmano e le sue trasmissioni non sarebbero state di informazione del tutto oggettiva”.

RIFERIMENTI AMBIENTALISTICI

In un’ampia intervista a Prima Comunicazione, lo scorso anno, monsignor Viganò citava l’impegno affidato dall’enciclica ambientale di Francesco Laudato si’ a ripensare la tecnologia. E spiegava l’impatto inquinante delle emissioni di anidride carbonica che producono FM e onde corte. Quindi meglio internet. “Ma è uno strano parallelo”, replicavano pochi giorni dopo gli esperti. Informa da Italradio Filippo Giannetti, docente di Telecomunicazioni all’Università di Pisa: dietro le apparentemente pulite tecnologie digitali ci sono milioni di apparati di rete e infrastrutture. “Ogni apparato consuma energia elettrica per funzionare, ne ha consumata molta per essere costruito e ne richiederà ancora per essere correttamente smaltito una volta giunto al termine del proprio ciclo operativo”. In sintesi: le trasmissioni radio analogiche in onde corte, non solo sono più democratiche e accessibili, ma inquinano meno del digitale. Intanto si va verso la chiusura del centro di trasmissioni di Santa Maria di Galeria, nord di Roma, che tante polemiche aveva suscitato per le emissioni elettromagnetiche, giudicate dannose per la salute dei residenti. Il Vaticano si era sempre difeso. Magister scrive che la giapponese NHK ha comunque già chiesto a Radio Vaticana di poter utilizzare quegli impianti.

LA RIFORMA CURIALE

Quanto sta accadendo intorno a Radio Vaticana rappresenta solo un esempio di quella che Gianni Valente su Vatican Insider individua come uno scarto “tra il sensus Ecclesiae confessato da Papa Bergoglio e certe dinamiche operative messe in atto a suo nome” nel cantiere delle riforme. “Mentre il Papa porteño affranca ulteriormente la Chiesa cattolica da ogni identificazione esclusiva e obbligata con l’Occidente avanzato, le strategie mediatiche costruite intorno a lui si appiattiscono sull’identificazione con i social network occidentali e i meccanismi eterodiretti dei motori di ricerca”. Esattamente il contrario dello sguardo del Papa. Lunedì 20, ricevendo in Vaticano il presidente del Rwanda, Paul Kagame, Francesco ha detto parole forti sul genocidio contro i Tutsi, richiamando l’implorazione di Giovanni Paolo II di perdono a Dio per i peccati e le mancanze della Chiesa e dei suoi membri. Giovedì 23, Francesco incontrerà il presidente del Camerun, Paul Biya. Chissà se il nuovo sistema di comunicazione radio riuscirà a portare le parole del Papa al di là del Palazzo Apostolico.

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