La famiglia italiana attende, dal 1948 ad oggi, la garanzia del diritto alla libertà di scelta educativa. I genitori poveri non possono scegliere la buona scuola pubblica paritaria – ex L. 62/2000, una delle “due gambe del Sistema Nazionale di Istruzione” (dichiarato dal già ministro Stefania Giannini e altresì riconosciuto dall’attuale ministro Valeria Fedeli) – perché non possono pagare due volte: tasse allo Stato e retta di funzionamento. Ancora peggio se i genitori hanno un figlio portatore di handicap. Puniti due volte: cento euro scarsi di detrazione annui e mille euro per il sostegno del figlio disabile a fronte dei 25 mila necessari per il docente ad hoc.
In Francia – come in tutta Europa, tranne che in Grecia – il genitore povero sceglie la scuola pubblica che vuole, gestita o no dallo Stato. In Italia il povero non sceglie ciò che avrebbe diritto di scegliere. “Per te, povero, c’è la scuola statale”. “Ma io, veramente…avrei diritto a…”. “Taci! Il diritto è finto! Per te c’è solo la statale, come è, è”. Eppure “è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale” che limitano “di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini” (Cost. art. 3). L’Italia, quale Stato di diritto, non garantisce i diritti che riconosce.
Evidentemente urge far funzionare meglio la scuola pubblica, sia statale che paritaria. Gli aggettivi “pubblico” e “statale” non sono sinonimi. Ciò che è “pubblico”, non è necessariamente “statale”. Il San Raffaele è pubblico, ma non statale. “La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali” (Cost. art. 33, comma 4).
Insiste il Parlamento Europeo (risoluzione 14 marzo 1984, art 7): “La libertà di insegnamento e di istruzione comporta il diritto di aprire una scuola e svolgervi attività didattica. Tale libertà comprende inoltre diritto dei genitori di scegliere per i propri figli, tra diverse scuole equiparabili, una scuola in cui questi ricevano l’istruzione desiderata”.
Ma lo Stato non può reggere finanziamenti aggiuntivi per la scuola tout court. L’unica soluzione per evitare il tracollo della scuola pubblica, sia statale che paritaria, è il costo standard di sostenibilità. Lo dimostra scientificamente il saggio “Il diritto di apprendere. Nuove linee di investimento per un sistema integrato”, ed. Giappichelli, 2015, di Alfieri, Grumo, Parola.
La proposta prevede che lo Stato ponga al centro dell’attenzione lo studente. Si individui un costo standard di sostenibilità (da declinare in convenzioni, detrazioni, buono scuola, voucher ecc.) e lo si applichi ad ogni allievo della scuola italiana, sia statale che paritaria. Solo così si realizza la libertà di scelta educativa in un pluralismo formativo: la famiglia avrebbe la possibilità di scegliere la buona scuola che desidera, pubblica statale o pubblica paritaria; la spesa per lo Stato sarebbe a costo zero rispetto all’attuale, che è fuori controllo.
Migliorerebbe l’offerta educativa perché il passaggio decisivo del “costo standard” non sta nella uguaglianza economica, ma nel rafforzamento della responsabilità della famiglia e del potere della domanda, rispetto all’offerta scolastica garantita.
L’attuale regime dei finanziamenti a pioggia rappresenta il tracollo economico della scuola pubblica tutta, statale e paritaria. O il costo standard, o il tracollo. Tertium non datur.