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Perché a Torino il vescovo Nosiglia bacchetta Chiara Appendino sulle scuole paritarie

torino

Attacco frontale dei parroci torinesi alla sindaca Chiara Appendino dopo i tagli dei fondi comunali alle scuole paritarie. In una lettera pubblicata martedì 29 marzo sul sito della Diocesi, l’arcivescovo Cesare Nosiglia e i 14 sacerdoti torinesi gestori di Istituti cattolici si dichiarano “sorpresi e amareggiati” per i minori finanziamenti stabiliti nel bilancio di previsione appena approvato dalla giunta, ritenuti “ingiusti e discriminatori”.

LA SFORBICIATA

Negli anni d’oro, il Comune di Torino versava alle 57 scuole paritarie torinesi (56 sono cattoliche e una ebraica) circa 3,5 milioni di euro l’anno. La prima sforbiciata, di mezzo milione, la diede Piero Fassino. Quest’anno Appendino ha rincarato la dose, stanziando “soltanto” 2 milioni e 250 mila euro.

E così i parroci si sono inalberati, rinfacciando al sindaco di non aver mantenuto la parola. “Lei aveva esplicitamente promesso che il welfare e le scuole non sarebbero stati oggetto di tagli rispetto alle risorse stanziate gli scorsi anni – scrivono – Invece il taglio è stato deciso, e in modo pesante, solo per le scuole paritarie: 57 istituti che garantiscono un servizio pubblico ad oltre 5.500 mila alunni e relative famiglie, con 500 tra docenti e personale, e coprono diritti e fabbisogni che il Comune non riuscirebbe ad offrire ai suoi cittadini”.

IL VESCOVO: “NOI SOPPERIAMO ALLE MANCANZE DEL COMUNE”

L’arcivescovo rivendica il ruolo delle scuole cattoliche nelle periferie, ovvero le zone che hanno contribuito in maniera decisiva all’elezione della sindaca a 5 stelle. Per Nosiglia gli istituti cattolici “in molti quartieri della città sono veri e propri ammortizzatori sociali, molto apprezzati dalle famiglie. La invitiamo cordialmente a visitare le nostre scuole paritarie che nelle periferie della città, dalla Falchera, alla Barriera di Milano, da Le Vallette a Parella, da Mirafiori al Lingotto e a Borgo San Paolo, accolgono gratuitamente bambini di famiglie povere e oggi in difficoltà”. Gli istituti religiosi accolgono poveri, sfrattati e rifugiati, sostiene Nosiglia “spesso anche supplendo ai servizi comunali”. E ancora: “Un bambino in una scuola paritaria costa un terzo rispetto alla spesa complessiva per chi frequenta la scuola comunale o statale: le scuole paritarie non sono un peso economico per il Comune ma un risparmio”.

Il rischio paventato dalla Curia, ora, è che per far fronte al mancato introito dei fondi pubblici le scuole paritarie siano costrette ad aumentare le rette o a tagliare il personale.

La lettera si conclude con l’appello alla sindaca pentastellata a non dare corso a un provvedimento che “ci sembra ben lontano dalla scelta da Lei più volte ribadita di privilegiare le periferie. Ristabilisca dunque per lo meno la somma degli scorsi anni e non proceda a eventuali e ulteriori aggravi facendo pagare alle scuole paritarie la tassa per la raccolta dei rifiuti, discriminandole ancora di più rispetto a quelle comunali e statali”.

LE SCARAMUCCE SU UNIONI CIVILI E POVERTA’

A Torino si registra quindi il primo grave incidente diplomatico fra la Curia e Palazzo Civico. Di segnali ce n’erano stati negli scorsi mesi, anche se bisogna dire che il mandato di Appendino era cominciato nel segno della “benedizione” di Avvenire. Il quotidiano dei vescovi, a giugno, all’indomani delle elezioni, alla neosindaca aveva tributato un 9 in pagella. Nosiglia, nella sua lettera alla città, il 21 giugno, era stato più cauto, limitandosi a un suggerimento: concentrarsi sulle periferie “che hanno bisogno di essere viste come un’opportunità”.

La prima scaramuccia risale allo scorso luglio, quando Appendino ha deciso di istituire l’assessorato alle Famiglie (plurale, a significare anche quelle non riconosciute dalla Chiesa). Nosiglia non ha gradito. “Non possiamo condividere, nel linguaggio e nel metodo, lo stile con cui si sta affrontando il tema di una generica equiparazione tra la famiglia e altre forme, pure legittime, di unioni civili nella nostra città”, ha scritto sulla Voce del Tempo, il giornale dellaCuria.

Ad agosto, invece, dal Monsignore è arrivato il primo “avvertimento” di un rischio di marginalizzazione della città in seguito al trasferimento del Salone del Libro a Milano e allo spostamento in Olanda della Exor, controllata dagli Agnelli.

La linea del vescovo, comunque, ha sempre mirato a mantenere alta l’attenzione sul tema della povertà e delle periferie. Lo scorso Natale, nella lettera ai fedeli, Nosiglia aveva velatamente suggerito alla politica di farsi un giro nella pre-cintura. “Il 2016 non ha ancora segnato un cambio di tendenza rispetto al processo di impoverimento che ha visto colpita una larga fascia della nostra Città. Occorre rovesciare le linee strategiche di fondo su cui si muovono spesso i programmi e le risorse messe in campo per la nostra Città e puntare più decisamente su vie che privilegino le periferie. Conoscere dal vivo, parlare e vedere di persona le realtà del loro vissuto nel quartiere. Questo esige tempo da investire e non solo sporadiche visite occasionali, per lo più preavvisate per tempo per predisporre le cose meglio che si può”.

Parole, queste ultime, in cui molti avevano letto un affondo alla sindaca, interpretazione che tuttavia il vescovo aveva smentito, nel tentativo di non guastare i rapporti con Palazzo Civico. Ma poi è arrivato il travagliato bilancio “made in Appendino”, con la sforbiciata alle scuole cattoliche e tutto quel che ne consegue. E i rapporti si sono guastati comunque.



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