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Ridurre la pressione fiscale, ecco il monito della Corte dei Conti

Dieci anni di politiche fiscali tanto differenti quanto invasive ma incapaci comunque di ridurre in maniera decisiva la pressione fiscale.

Sembra il commento in una quarta di copertina di un libro di economia, in realtà è l’estrema sintesi di quanto riscontrato dalla Corte dei Conti nel rapporto sulla finanza pubblica 2017 pubblicato ieri, proprio in prossimità dell’ennesima manovra (o manovrina) economica.

Nel rapporto la Corte analizza appunto l’ultimo decennio individuando due “intonazioni” della politica tributaria, quella restrittiva degli anni 2008-2012 e quella del successivo quinquennio finalizzata al sostegno della ripresa economica causa crisi, contraddistinte però da un comune denominatore ovvero la cronica incapacità di abbassare complessivamente il carico fiscale in Italia.

Due sono i punti più inquietanti rilevati nel report, il cuneo fiscale, che polverizza il netto in busta dei lavoratori tanto da essere arrivato al 49% del costo del lavoro, ben 10 punti superiore alla media europea, ed il total tax rate per le imprese (la pressione fiscale complessiva) arrivato al 64,8%, ben 24,2 punti percentuali in più rispetto la media dei paesi UE.

Come indicato nel rapporto inoltre questa elevatissima esposizione tributaria oltre a non stimolare l’economia non aiuta la lotta all’evasione e la riduzione delle imposte è diventata quindi una necessità improcrastinabile realizzabile solo attraverso un “ridimensionamento della spesa pubblica” ed un intervento strutturale sul sistema fiscale nel suo complesso evitando provvedimenti temporanei o indirizzati solamente ad una limitata platea di destinatari ma che tanto piacciono ai nostri legislatori.

Un’esigenza che assume forse il carattere di monito, quella riscontrata dunque dalla Corte dei Conti e richiesta a gran voce da anni da cittadini ed imprese sottoposti ad un prelievo fiscale insostenibile, tanto elevato da rendere oltre il 60% dell’anno lavorativo necessario per pagare le imposte o meglio, per remunerare il socio occulto, lo Stato italiano.

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