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Come cambia la politica con la retecrazia

Consenso e dissenso. Con la retecrazia cambiano le regole d’ingaggio”. E’ questo il titolo del convegno, tenutosi all’Università Bocconi di Milano e organizzato in collaborazione con Allea ed ERM Italia, nel corso del quale si è parlato di come l’avvento di Internet abbia modificato, alterato, migliorato o peggiorato – scegliete voi – l’approccio dei cittadini alle iniziative più disparate. A dare il benvenuto ai presenti è stato il rettore dell’Università Luigi Bocconi Professor Gianmario Verona. A moderare l’incontro, la giornalista Rai Barbara Carfagna,

LA SPERANZA PER IL FUTURO

Dopo il rettore, la parola passa a Luciano Floridi (nella foto), professore di Filosofia ed Etica dell’Informazione alla Oxford University: “Più il potere di coloro che lo detengono è staccato da chi lo esercita tanto più è difficile costruire il consenso”, dice Floridi. Come uscire dal problema? Floridi propone tre soluzioni. La prima: cercare di portare alle urne il maggior numero di persone così da avvicinarsi il più possibile alla scelta giusta. La seconda: bandire il suffragio universale in favore di un esercizio di voto controllato – “magari da un patentino” ha spiegato il professore – in base alle proprie conoscenze. E a questo punto ha specificato: “Per esempio, è un peccato sapere che chi ha votato Brexit abbia scoperto che cosa fosse l’Europa solo il giorno dopo il referendum. Il vaso però ormai è rotto e non si sistema più”. Inoltre, Floridi identifica la terza via “in una politica che riesca a motivarci”. Tendenzialmente ciò che ci ricordare di essere “animali politici”, nell’accezione aristotelica del termine, sono: l’interesse e la speranza. “Per esempio, nella partita elettorale americana tra Hillary Clinton e Donald Trump la prima ha più volte distrutto la speranza affermando: ‘Il presente è bellissimo il futuro farà schifo se votate per Trump’. Questo è stato un grande errore. Trump infatti ha sempre risposto dicendo: ‘Il presente fa schifo il futuro sarà bellissimo’, proiettandosi sulla speranza”. Ha aggiunto sornione: “E’ come quando entri in tabaccheria e compri le sigarette (il presente fa schifo) e un gratta e vinci (speranza per il futuro)”. Infine, ha concluso: “Se scollassimo capitalismo e consumismo a favore del ‘fosterismo’ riusciremmo a generare ricchezza prendendoci cura del mondo e non consumandolo”.

IL FENOMENO NIMBY

Di Nimby – acronimo inglese di Not in My Back Yard “Non sei nel mio cortile” – ha parlato Alessandro Beulcke, presidente di Allea. “E’ un fenomeno di opposizione a qualsiasi tipo di iniziativa infrastrutturale o industriale. Oggi se ne parla moltissimo. Noi di Allea abbiamo creato un forum che si occupa del Nimby in Italia. Il fenomeno infatti sta impattando moltissimo sulla vita sociale ed economica del nostro Paese”. Così, costruire il consenso diventa più complesso.  Beulcke ha snocciolato pure qualche numero: “Non è tanto un problema di ordine e di proteste, quanto forse quello legato alle decine di miliardi di mancati investimenti”. In generale infatti la notizia di un nuovo insediamento industriale in Italia genera Nimby: dalla Tav, al termovalorizzatore di Acerra, fino al gasdotto Tap, solo per fare qualche esempio. “Questi sono i grandi casi ma ce ne sono molti altri – ha detto ancora Beuckle – che non hanno eco mediatica ma si fanno sentire sulla vita territoriale. Nel 2015, abbiamo registrato 342 di casi di Nimby, mentre nei primi anni (2004-2005) erano 190 circa”. E’ comprovato quindi che l’avvento dei social network lungo lo stivale ha stimolato una crescita del fenomeno Nimby. Ha concluso poi il presidente di Allea: “Quando si deve costruire un’infrastruttura c’è un processo autorizzativo molto lungo ma oggi è quasi impossibile organizzare delle assemblee pubbliche per raccontarlo. Perché? Ci si trova spesso di fronte a persone che sono scarsamente informate, che hanno un’educazione all’ambiente molto bassa e che sono certi di essere più informati dell’altro interlocutore solo perché hanno in mano una serie di documenti pescati in Rete qua e là”.

LA CADUTA DELLE ÈLITE

Secondo Chicco Testa di Sorgenia invece il problema relativo alla costruzione del consenso e del dissenso è legato alla caduta delle élite: “Non credo che il problema sia nel mezzo (internet e i social network), tra gli effetti negativi della disintermediazione ce n’è uno importante: la caduta delle élite. Esistevano persone di cui ci fidavamo, esperti in un argomento e a cui ci si rivolgeva quando si aveva bisogno. Oggi non è più così. Celentano spiega i tumori e la casalinga di Voghera perché falliscono le banche”. La soluzione è investire sulla classe dirigente del futuro. Rivolto verso il rettore dell’Università Bocconi infatti Testa ha aggiunto: “Qui dentro bisogna formare élite”. Poi, rispetto all’importanza non così fondamentale a suo parere dei social network, ha aggiunto: “Hitler ha cambiato il mondo senza internet e Facebook, Twitter ecc ecc… Come ha fatto? Ha giocato sulla frustrazione dei tedeschi e sull’idea del capro espiatorio. Esattamente come si fa oggi: si gioca sulla frustrazione degli italiani e sul capro espiatorio che è la casta”.

LA CONCLUSIONE DI CRIPPA

Federico Pistono della Singularity University non è d’accordo con Testa: “Non ci si fida più degli esperti perché ci hanno preso in giro per troppi anni”. “La politica ha dei problemi strutturali. Bisogna basarsi sullo strutturalismo” ha detto ancora. Conclusione di Maurizio Crippa, firma de Il Foglio: “I giornali che dovevano essere i cani da guardia della democrazia ormai sono cagnolini. Il mondo è cambiato perché ormai sui social network si dice qualsiasi cosa: il dissenso è autoreferenziale perché non cerca la corrispondenza con la realtà”.

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