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Santo Stefano e Ventotene, storie di ergastolo e di confino

Da poco sono terminati i festeggiamenti, spesso falsi e poco convinti, del 60mo anniversario della firma dei Trattati di Roma; quel 25 Marzo del 1957, Paesi che si erano combattuti su due fronti diversi solo venticinque anni prima riconoscevano, dopo un periodo buio di morte e distruzione,  l’importanza di una rinascita verso una pace e un modo nuovo di convivenza e cooperazione.

Da tempo questo spirito si è affievolito per errori gravi da parte della tecnocrazia che si è andata a formare per la gestione comune dell’Europa unita alla miopia, per non dire incultura, dei politici che hanno preso il posto dei padri fondatori. E il risultato è il crescente sviluppo di movimenti nazionalisti che egoisticamente non riescono a guardare al di là del loro misero orticello di potere e che corteggiano la delusione di cittadini sempre più distanti dalle oligarchie che li governano: gli esempi anche in Italia sono non pochi. Il tutto frutto di una classe politica non all’altezza dei compiti che dovrebbe avere ed incapace di dare risposte concrete a bisogni primordiali dei cittadini posti di fronte ad una realtà che vede i poveri sempre più poveri, il cui numero cresce con l’affievolirsi delle classi medie, e i ricchi sempre più ricchi che sfruttano posizioni di privilegio raggiunte o ereditate raramente per meriti oggettivi.

È in questo contesto che è appena uscito un libro di Pier Vittorio Buffa che tutti dovrebbero leggere per imparare e capire. Il titolo, lo stesso che riportiamo qui, racconta la storia della vita poco nota di due isole, Ventotene e Santo Stefano, pietre miliari della storia dell’Italia e dell’Europa.

Entrambe note come mete importanti di un turismo di qualità, lo sono molto meno come punti di riferimento storici di rilievo, isole di confino, Cayenna italiana. A Ventotene furono esiliate Giulia la figlia di Augusto e Ottavia la moglie di Nerone; l’isola ha poi ospitato essenzialmente detenuti politici durante il fascismo alla fine degli anni trenta. Grave errore di ingenuità dei capi di allora perché non capirono che in questo modo concentravano in un’unica sede il meglio degli oppositori al regime favorendo un’elaborazione politica che avrebbe contribuito a metterli in ginocchio.

Fu un incubatore che ha prodotto il manifesto a base della nascita di un’Europa unita e tra i migliori padri costituenti della Repubblica che verrà. Negli angusti stanzoni dove erano ammassati, Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni crearono le basi per edificare un mondo nuovo. A Santo Stefano, l’isola ergastolo, le teste politiche “più calde” e pericolose per il regime furono segregate con delinquenti comuni pericolosi, assassini, ladri, camorristi. Le celle che nel secolo precedente avevano ospitato Luigi Settembrini e Silvio Spaventa, oppositori del Borbone, videro Sandro Pertini e Umberto Terracini.

Il libro ci accompagna in un percorso di dolore, di umanità dolente dove l’alto pensiero politico si mescola con la miseria di persone che avevano perso ogni barlume di umanità, pronte al suicidio per uscire dall’incubo, sepolte in bare di legno sottile sotto pochi centimetri di terra, abbandonati e cancellati anche nella morte.

È una storia che va preservata e difesa e, soprattutto, va raccontata ai giovani per far comprendere loro sfaccettature della storia italiana spesso trascurata. In un periodo in cui in politica si agitano bulli provincia parolai e inconsistenti o persone che  “vanno al mare” a Budapest, questo libro rappresenta un punto di riferimento serio per quanti ancora credono che si possa costruire un futuro per il nostro paese diverso e migliore della realtà di oggi.


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