Subbuglio nel Pd, con mugugni e silenzi renziani, per la ricandidatura di Nicola Zingaretti a governatore del Lazio.
“Io mi candiderò con coscienza di aver fatto davvero tutto per cambiare il Lazio”. L’annuncio ufficiale è arrivato la scorsa settimana. L’anno prossimo Zingaretti si rappresenterà per un secondo mandato da presidente della Regione Lazio. Una notizia che arriva nel vivo della campagna per le primarie in cui Zingaretti sostiene apertamente il principale sfidante di Matteo Renzi, il ministro della Giustizia Andrea Orlando.
Quello che Zingaretti ha scritto sul suo sito più che un annuncio sembra un manifesto programmatico, teso a rinsaldare i rapporti con l’ala sinistra della sua coalizione che fa riferimento al nascente Campo progressista di Giuliano Pisapia e che trova in Massimiliano Smeriglio il suo rappresentante nel Lazio.
“Siamo una coalizione larga – ricorda Zingaretti – dobbiamo confermare una coalizione larga e vincente che raccolga, non solo le forze politiche del centrosinistra, ma quella miriade immensa di forze che già 4 anni fa ci fece vincere. Forze fatte di associazioni, di gruppi, di società civile, di tanti sindaci che, in questi anni, sono state eletti con le liste civiche e sono un patrimonio immenso”. Il governatore del Lazio, con questo spirito, prepara gli Stati generali del centrosinistra che si terranno questa estate.
“Io ci sarò, farò la mia parte, mi candiderò con la coscienza di aver fatto davvero tutto per cambiare la nostra regione”, conclude Zingaretti, quasi a ricordare ai sostenitore della ‘vocazione maggioritaria’ di veltroniana memoria che il Pd vince solo quando aggrega tutte le forze di centrosinistra. Un messaggio detto alla ‘nuora perché suocera intenda’. E, in questo caso la nuora è l’ala renziana del Pd che, secondo gli ultimi rumors, avrebbe preferito puntare sull’attuale ministro della Salute, l’alfaniana Beatrice Lorenzin, come ha scritto Il Tempo.
I renziani, infatti, confidavano in una candidatura di Zingaretti al Parlamento per rinsaldare l’alleanza con i centristi anche a livello locale per le prossime Regionali. Una scelta che andrebbe in direzione completamente opposta a quella tracciata dall’attuale presidente e che segnerebbe una spaccatura anche dentro il Pd tra laici e cattolici. Nel centrosinistra ricordano che proprio la Lorenzin e Zingaretti hanno avuto un animato botta e risposta quando il secondo ha deciso di escludere da un bando per l’ospedale San Camillo i medici obiettori, ossia gli antiabortisti.
Ed è forse per questo che tra i vertici del Pd renziano è calato il gelo e il silenzio all’annuncio di Zingaretti. Non una parola da Matteo Renzi né da parte di Matteo Orfini che, pure, governa indisturbato da commissario straordinario del Pd romano dal 2015. L’unico a dirsi lieto della decisione di Zingaretti è stato Dario Franceschini, ministro dei Beni culturali che sostiene la candidatura di Renzi alla segreteria nazionale. L’esponente meno renziano tra i renziani, da sempre sostenitore di una modifica dell’Italicum che reintroduca il premio di coalizione, ha esclamato: “È davvero una bellissima notizia per il Pd la ricandidatura di Nicola. Aver governato bene e aver saputo tenere unita una coalizione larga, sono le premesse migliori per una competizione vincente alle prossime regionali”. Ma nel Pd i mugugni pullulano.