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Vi spiego gli errori di Lactalis in Parmalat. Parla Albano (Amber)

ARTURO ALBANO AMBER CAPITAL, parmalat

I francesi di Lactalis non ce l’hanno fatta, fallendo anche il secondo tentativo. Per una manciata di azioni, non hanno raggiunto la soglia del 90% che avrebbe consentito di delistare Parmalat dalla Borsa. Ci riproveranno. Ma dovranno per forza alzare la posta. A vincere sono stati i piccoli azionisti, non solo retail ma anche i fondi Amber e Gamco che insieme hanno una quota del 5%. “Più che di vittoria – dice a Formiche.net Arturo Albano (nella foto) rappresentante in Italia di Amber – è il riconoscimento di quanto avevamo espresso fin dall’inizio: Parmalat vale di più dei 3 euro offerti da Lactalis. Un pensiero che è stato condiviso da tanti altri soggetti, fondi Banca d’Italia e tantissimi investitori retail che in buona parte era stati coinvolti nella bancarotta del 2003, ex obbligazionisti che avevano ricevuto azioni. Erano già stati frodati una volta, questa volta hanno la possibilità di beneficiare del titolo e della società”.

Quali saranno le prossime mosse di Lactalis?
Lactalis ha preso atto di quanto avvenuto e ha dichiarato che continuerà a gestire la società come hanno fatto dal 2011. Io sinceramente spero che lo facciano meglio. Le performance di Parmalat in Borsa rispetto ai competitor sono state molto deludenti in tutto il periodo della gestione Lactalis. E non è un caso.

Voi sostenete che Lactalis non abbia gestito la società nell’interesse di tutti gli azionisti. Perché?
Già il fatto di aver fissato il prezzo a 2,8 e poi averlo alzato a 3 pone dubbi sul loro operato. E oltre alla performance di Borsa, ci sono altre partite aperte da considerare. Come l’acquisizione dell’americana Lag, sulla quale è in corso un’azione penale e si va verso il rinvio a giudizio di alcuni ex amministratori, cosa gravissima che dimostra, come abbiamo sostenuto sempre, che alcuni amministratori hanno agito non nell’interesse di Parmalat ma dell’azionista di maggioranza, facendo pagare al primo un prezzo maggiore di quello che avrebbe potuto. O il cash pooling, che dava a Lactalis la gestione della liquidità di Parmalat, che è stato realizzato a esclusivo vantaggio dell’azionista di maggioranza: tanto che il collegio sindacale ha stabilito che puntando sui depositi a breve Parmalat avrebbe potuto ottenere ritorni tra 4,3 e 5,9 milioni superiori, il 30% di quelli effettivamente realizzati.

Che dice invece dei conti?
Sui conti si vede che ci sono stati investimenti ma è troppo presto per vedere i ritorni: ci vorrà qualche anno. E proprio su questi ritorni, oltre che sulla possibile risoluzione in maniera benevola per la società delle controversie con Citigroup si basa la nostra valutazione del titolo, che è ben oltre i 3 euro, tra 3,8 e 4,5.

Ci ricorda su quali elementi si basa questa valutazione?
Innanzitutto, dalle cause aperte con Citibank e poi dalle prospettive di redditività dell’azienda.

Quanto vale la partita Citibank?
Parmalat ha chiesto 1,8 miliardi di risarcimento in sede civile a valle di un procedimento penale verso Citibank, che si è chiuso con un patteggiamento. C’è stata una prima udienza in cui il giudice ha chiesto alle parti di trovare un accordo. E pare che ci siano stati incontri tra le parti, precisamente tra Lactalis e Citi, come è stato scritto dal Sole 24 Ore (le trattative sono state smentite dal gruppo, ndr). Quindi l’accordo potrebbe passare sopra la testa degli azionisti di minoranza. Questo magari era fatto nella prospettiva dell’Opa e del delisting: fuori dal mercato e dalle regole di Borsa, non ne veniva a sapere niente nessuno. Il 30 maggio c’è la prossima udienza e le parti dovranno dire se sono riuscite a trovare un accordo. Anche Citi ha una causa pendente in Cassazione contro Parmalat: chiede il riconoscimento di una sentenza Usa che ha condannato la società italiana al pagamento di 430 milioni di dollari in azioni Parmalat con recovery ratio del 30%, 30 milioni di azioni; Parmalat ritiene di aver già risarcito la banca d’affari Usa. In ogni caso anche se si trovasse un accordo per entrambe le cause è evidente, per un mero confronto di numeri, che il bilancio sarebbe a favore di Parmalat.

Realisticamente, quanto vale questa causa per il titolo?
Guardi, si parla di un risarcimento che potrà essere nell’ordine dei 900 milioni: considerando che la capitalizzazione del gruppo è oggi di 5,6 miliardi, parliamo del 20%. Dunque, su circa 3 euro del valore della singola azione un extra di 60 centesimi.

Come arriviamo a 4,5 euro?
Le nostre ipotesi sono basate sulle informazioni tratte dal management in merito alle prospettive di rendimento degli investimenti in Brasile, Messico e Australia: si tratta oggi di società in pareggio o in perdita, che dovrebbero essere portate a una profittabilità pari alla media del gruppo, che ha un ebitda margin dell’8,5%. Questo e la chiusura del contenzioso con Citi portano il valore tra 3,8 e 4,5 euro.

Cosa farete adesso?
Continueremo a fare il nostro mestiere di investitori responsabili e a tutelare le minoranze, sperando che la società inizi davvero a essere gestita nell’interesse di tutti.


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