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Alitalia, perché l’idea del prestito Cdp non decolla al Tesoro (ma le banche premono)

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Il termine ultimo è il 13 aprile per Alitalia. Entro quella data il governo, l’azienda e i sindacati dovranno trovare un’intesa su esuberi e rinnovo del contratto, necessari all’aumento di capitale della compagnia aerea.

Oggetto del confronto restano soprattutto il netto taglio del costo del lavoro al personale di volo, il perimetro delle attività da esternalizzare e la gestione dei 1300 licenziamenti previsti, sui cui l’azienda non pare intenzionata a fare passi indietro.

L’ipotesi su cui si lavora è quella di concedere due anni di cassa integrazione straordinaria più altri due anni di Naspi con l’intervento del Fondo di Integrazione del Trasporto aereo per assicurare un reddito pari a circa l’80% della retribuzione.

In particolare, la cassa integrazione riguarderebbe soltanto 1.388 lavoratori sui 2.037 esuberi annunciati e, quindi, la platea di addetti a tempo indeterminato, mentre gli altri contratti a termine non avrebbero la protezione della Cassa, ma soltanto la Naspi.

È invece tramontata l’ipotesi di un ruolo della Cassa depositi e prestiti, società controllata all’80% dal ministero dell’Economia. Proprio al dicastero retto da Pier Carlo Padoan era maturata l’idea di un finanziamento di Cdp ad Alitalia, come sollecitato in particolare dalle banche azioniste e creditrici della compagnia guidata dall’amministratore delegato Cramer Ball nell’ambito dell’operazione di rafforzamento patrimoniale e finanziario del vettore in crisi.

L’ipotesi studiata in particolare al Tesoro più che nella società presieduta da Claudio Costamagna e guidata dall’ad, Fabio Gallia, poggiava – come rimarcato giorni fa da Formiche.net – sull’articolo 5 del dl 269/2003, comma 11, let. e) bis in cui si legge: “Le esposizioni assunte o previste da CDP S.p.A., diverse da quelle di cui al comma 7, lettera b), possono essere garantite dallo Stato, anche a livello pluriennale. La garanzia dello Stato può essere rilasciata a prima domanda, deve essere onerosa e compatibile con la normativa dell’Unione europea in materia di garanzie onerose concesse dallo Stato”.

Ma l’idea al momento pare che sia stata accantonata, secondo indiscrezioni che circolano in ambienti sindacali. Il Tesoro – si dice anche nella maggioranza di governo – non vorrebbe aprire un nuovo fronte e un nuovo dossier a rischio a Bruxelles rischiando una procedura per aiuti di Stato. Meglio concentrarsi a Bruxelles sulle partite Mps e banche venete (Popolare di Vicenza e Veneto Banca).

Ma azionisti e finanziatori della compagnia come ad esempio Unicredit stanno facendo pressing sul governo per avere comunque una “copertura” pubblica, sotto forma di garanzia statale, per nuovi ed eventuali interventi necessari ad Alitalia anche a carattere finanziari. La partita, dunque, è tutta da giocare.


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