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Chi gongola per il commissariamento di Alitalia

LUIGI GUBITOSI, alitalia

Le attività di volo sono «al momento» garantite. Ora la priorità di Alitalia è tentare di bloccare l’emorragia dei passeggeri. Quanti, infatti, da oggi se la sentiranno di acquistare un biglietto della compagnia, avviata all’amministrazione straordinaria dopo il no dei dipendenti al pre-accordo raggiunto tra compagnia e sindacati? La bocciatura dell’intesa sul costo del lavoro (67% la percentuale dei no) e del piano che avrebbe sbloccato un mix di finanziamenti per due miliardi di euro, 900 milioni dei quali per cassa, rischia perciò di essere un regalo ai competitor, mentre a ridosso della stagione estiva, quando le vendite dei biglietti raggiungono il picco massimo, Alitalia deve almeno provare a fare un po’ di cassa. Preso atto «con rammarico» dell’esito del referendum, il cda intanto «ha deciso di avviare le procedure previste dalla legge e ha convocato un’assemblea dei soci (il 2 maggio, ndr) al fine di deliberare sulle stesse».

Successivamente ci sarà un nuovo incontro al ministero dello Sviluppo economico con management e sindacati per capire se ci sono o meno margini per un intervento pubblico. Esclusa la rinazionalizzazione della compagnia, si lavora per ridurre l’impatto sui lavoratori ma anche sui cittadini. Il semplice ricorso agli ammortizzatori classici, si stima, avrebbe un costo di circa un miliardo di euro, limitandosi alla cig ordinaria e non a quella protratta per sette anni che era stata concessa al personale in esubero al momento della privatizzazione, nel 2008. Nel frattempo il governo dovrà indicare uno o più commissari per mantenere in vita la compagnia nell’immediato. «Tra sei mesi si saprà se Alitalia verrà venduta o si procederà con la liquidazione», ha detto il ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, che non ha escluso una dismissione parziale degli asset. Resta sempre in piedi l’ipotesi di una cessione a un’altra compagnia aerea, come Lufthansa, che però ha tutto l’interesse ad aspettare che Alitalia venga ridimensionata, esattamente come ha fatto in precedenza con la svizzera Swiss e la belga Brussels Airlines.

Per questa fase si fanno i nomi di Luigi Gubitosi, presidente operativo in pectore (anche la sua nomina era legata alla ricapitalizzazione, e quindi alla vittoria dei sì nel referendum) e di Enrico Laghi. In ogni caso chi si troverà a gestire Alitalia in amministrazione straordinaria dovrà fare un inventario degli asset e delle attività in perdita, garantendo la continuità aziendale, al netto però dei costi non necessari all`operatività ordinaria. Il rischio che molte rotte vengano chiuse c’è, mentre dovrebbero essere mantenuti quelli in continuità territoriale per le isole. La compagnia conserverà comunque la licenza per le attività di volo, come ha già chiarito l’Enac (l’ente per l’aviazione civile), che però dovrà esserle rinnovata mese per mese. Rischierà invece di perdere tutti gli slot che non potrà più presidiare se i voli verranno tagliati. La legislazione italiana, infatti, ne vieta la vendita (a differenza, per esempio, di quello che accade in Gran Bretagna). Potrebbero avvantaggiarsene le low cost, come Ryanair che proprio di recente aveva deciso di ridurre la sua presenza su Fiumicino in disaccordo con la politica tariffaria di Adr. Per la società che gestisce gli scali romani, la piega presa dalla vicenda Alitalia ha una doppia lettura. D’altra parte però però il peso di Alitalia su Fiumicino è in calo (-6% nel primo trimestre dell’anno), mentre cresce quello degli altri vettori (+ 5%). Certo non festeggia Generali, che si ritrova con obbligazioni Alitalia per circa 300 milioni di euro.

Il futuro commissario di Alitalia avrà comunque qualche piccolo asso nella manica. Potrà sterilizzare i pagamenti con i fornitori e, secondo alcuni fonti, persino uscire senza penali dalla discussa jv transatlantica che tiene schiacciata Alitalia tra i giganti Delta ed Air France. La flotta, invece, non rappresenta un asset monetizzabile, visto che circa due terzi agli aerei sono detenuti in leasing.

Il sì dei dipendenti era stato posto come condizione per i nuovi finanziamenti dalle banche azioniste Unicredit e IntesaSanpaolo, che hanno già ampiamente svalutato la partecipazione in Alitalia. Il socio di minoranza Etihad (49%),invece, non aveva posto aut aut. James Hogan, ceo uscente del gruppo emiratino, ha parlato di «sconfitta per tutti». Ma non è un mistero che proprio Etihad ha avviato una revisione delle partecipazioni di minoranza detenute nei vettori europei, affidata a un manager appena nominato, Robin Karmak.

(Articolo pubblicato su MF/Milano Finanza, quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi)


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