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Un ritorno verso la coscienza. Il libro di Maurizio Grandi su fede e scienza

creato, coscienza

Un viaggio tra fede e scienza, guidato dai molteplici volti della coscienza, per giungere finalmente alla consapevolezza e alla cura di se stessi, degli altri, del Creato.

La scienza ha raggiunto livelli di applicazione impensabili fino a pochi decenni fa: “Fisici, a Ginevra, cercano di capire i segreti primitivi della materia, smontandola – come fanno i bimbi con i giocattoli – attraverso gli scontri tra protoni. […] Biologi, in Giappone, restituiscono memorie perdute, illuminando i neuroni con impulsi luminosi”.

Però qualcosa (e, certamente, anche più di qualcosa) non va: “Induciamo cambiamenti climatici che siamo incapaci di controllare. Distruggiamo il mare e le acque che beviamo e l’aria che respiriamo. La scienza padrona si è allontanata dalla vita. L’uomo ne è al di fuori”. Rifiuti tossici, contaminazioni, epidemie… Un “genocidio silente”.

Questo perché “le scienze, mediante un presunto metodo esatto, una tecnica raffinata, un’immagine dell’orologio che descrive il cosmo, hanno costituito un mondo fisico-matematico slegato dagli orizzonti della vita. […] Quando si distruggono la meraviglia e la compassione umana, si uccide l’uomo, anche se l’uomo in questione continua a svolgere le sue mansioni in laboratorio”.

Immersi, quindi, in questo “vuoto spirituale offerto dalla società occidentale moderna ai suoi cittadini, che la ragione, la scienza, la verifica empirica, i trionfi (e i terrori) tecnologici non si sono dimostrati capaci di soddisfare”, dobbiamo ritornare a cogliere l’armonia, la musicalità, l’ordine dell’universo, “cantando la bellezza da cui siamo circondati. […] Lasciare libero il desiderio di comprendere e la capacità di meravigliarsi. […] In un momento che sta perdendo la capacità di sentire quel “bello” che il mondo ci dà”.

Inserendosi nel sempre aperto dibattito sulla comunicabilità tra fede e scienza, Maurizio Grandi, medico specialista in oncologia clinica e immunoematologia e direttore del Laboratorio di Ricerca sulla vita, prende posizione contro “il trionfo apollineo della ragione umana e della scienza come suo strumento […] che ci lascia soli su questa terra senza l’appiglio di un punto che tutto vede e provvede, che condanna la teleologia e considera l’uomo come “non previsto””.

D’altra parte, “l’esperienza della gioia, della soddisfazione, della felicità quando si trova quello che si cercava è comune sia al percorso scientifico sia al cammino di fede […]. Nel momento in cui lo scienziato incontra e scopre le leggi della natura, le caratteristiche dell’universo, potrebbe cadere in uno stato di confusione, se i risultati scientifici non portassero anche al riconoscimento – o almeno all’intuizione – della presenza di una saggezza trascendentale che spieghi la presenza di tali leggi. […] “La scienza”, senza un’idea morale che le dia forma, non resiste… scienza è il bene, non i beni. […] Riconoscere il ritmo dell’esistenza, seguirlo, per arrivare agli aspetti più elevati dell’esperienza umana”.

Con una prosa dai contenuti a tratti fortemente poetici, Grandi pone quindi il centro della sua osservazione sulla questione della vita e della sua cura. Che cos’è la vita: “Mistero o fenomeno da spiegare scientificamente e riprodurre tecnicamente?” Va rispettata nella sua inviolabilità o manipolata “dopo aver capito (compreso?) i meccanismi della sua composizione e del suo funzionamento? […] Ricreare un batterio esistente con un genoma… è “vita”? […] “Vita” è… umanità, gloria e dramma, grandezza etica, miseria e splendore… […] Il tema della clonazione umana, di drammatica attualità, spinge a cercare una dimensione etica delle scienze, fondata sulla metafisica o, almeno, su una comprensione esistenziale comune”.

“Oggi, nel mondo, salute e malattie sono contraddittorie. Mai c’è stata tanta salute nel mondo, mai tante persone hanno perso la vita per malattie prevedibili e curabili. […] Salute non è un bene di consumo: è un diritto che non può essere comprato o venduto. […] Preoccupata di conquistare l’autorevolezza della scienza “esatta” come la fisica e la matematica, la medicina si è inventata concetti che le permettono di definire il confine tra salute e malattia. Ma dati confrontabili, parametri “scientifici”, sempre comunque meccanici e al di fuori delle soggettività, quale senso hanno nel vivente? Quale strumento di laboratorio può definire chi è malato e chi no? Malato chi supera “la soglia”, anche se sta bene?”.

Si percepisce allora come “irrinunciabile l’esigenza di dare un senso all’agire dei sanitari, mediante riflessioni che esplorino il sentire di tutti coloro che vengono a contatto con la malattia. Riflessioni che richiedono la messa in comune di saperi tradizionalmente separati, quali le conoscenze biologiche e cliniche e le riflessioni esistenziali. L’incontro tra la scienza e l’humanitas passa attraverso le esperienze di malattia quali esse sono rappresentate nei racconti dei pazienti e dei medici: il creare un luogo e un tempo privilegiati per raccogliere queste narrazioni, esperienze e riflessioni costituisce un modo di riappropriarsi del significato dell’essere rispettivamente medici e pazienti e realizzare benefici condivisi. […] Negli ultimi momenti di vita si presenta un orizzonte immenso di bisogni grandi e complessi cui dare una spiegazione: la ricerca del significato dell’esistenza, il senso di inutilità della sofferenza, la conoscenza del proprio destino oltre la soglia, l’attesa dell’assoluto, la sconfitta nel morire, la paura del mistero, il dubbio del nulla, la speranza dell’eternità.

Le risposte coinvolgono chi cura e chi è curato. […] Curare significa aiutare il malato a tornare a un’unità compromessa dallo stato patologico. […] Essere presenti. Con-solare (con-solo) “non fuggire”, “restare”, a dispetto del disagio profondo che il dolore e la sofferenza dell’altro provocano in noi. […] La tenerezza del terapeuta è così rara da sorprendere e segnalare l’eccezionalità dell’incontro. […] Quante volte le nostre mani, anche se attese, non si sono allungate verso il corpo dell’altro per abolire la distanza e la separazione, per raggiungerlo nel momento della visita? Sulla superficie del corpo è distesa l’interiorità del soggetto, raggiungibile solo dalla mano che si posa sulla nuda epidermide. […] Il toccare non è un semplice gesto: è entrare nella storia più intima della sofferenza che ci è davanti e chiede di essere alleviata. Nella tenerezza è la pietas, la compassio, l’amore verso il malato. […] La mano rassicura e ricorda che l’individuo non è solo con il suo dolore”.

La situazione, conclude Grandi, riguarda e impegna tutti noi da vicino, ognuno con il proprio ruolo. “Viviamo in un mondo sempre più complesso: per evolvere occorre trovare, costruire una coscienza collettiva, che dia la luce del cammino. […] Se la coscienza, che diventa comprensione (e non solo conoscenza) del sé, cresce, aumenta la nostra responsabilità. Alla ricerca di un’entità irriducibile che tutto include e tutto comprende”.

Maurizio Grandi

Fede e Scienza dentro le Sacre Mura

Streetlib, 2016, pp. 168 euro 15

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