In Francia sembra ormai che si spendano più soldi per i sondaggi sulle presidenziali che per le elezioni stesse; ogni giorno esce una previsione. Sono spannometriche, ma vengono prese sul serio. Nella corsa alla presidenza si sono formati quattro gruppi di pensiero; uno centrista, con alla testa il giovane prodigio Macron (nella foto); uno nazionalista, dietro alla Le Pen; uno liberista (repubblicano) con Fillon; e uno “socialista”di sinistra guidato da Mélenchon. È probabile che il ballottaggio se lo giocheranno il centrista Macron (pupillo del presidente Hollande e anche di una parte di quello che fu il Partito socialista) e la nazionalista Le Pen. Ma pochi parlano del dopo.
Il presidente in Francia presiede anche il governo, che nomina; ma poi ne risponde al Parlamento che potrebbe anche essere politicamente diverso; e così in alcuni casi del passato il presidente ha dovuto coabitare con una Assemblea nazionale “ostile”. E la prospettiva attuale fa temere proprio che si possa ripetere un conflitto di questo genere. Nel 2012, con l’attuale sistema elettorale “maggioritario” i 577 seggi dell’Assemblea nazionale furono così ripartiti: 331 socialisti; 229 repubblicani; 10 comunisti e sinistra varia; 2 centristi; 2 nazionalisti.
L’11 e 18 giugno prossimo ci saranno le nuove elezioni legislative e la situazione appare molto diversa da quella del 2012. Ognuno dei quattro gruppi in corsa per le presidenziali è stimato tra il 20 e il 30 per cento dei voti. E tra loro c’è forte “incompatibilità”: i socialisti di Mélanchon e i nazionalisti della Le Pen dichiarano di non volere accordi con nessuno; ma anche i liberal-repubblicani di Fillon-Sarkozy non potrebbero accettare accordi con il pupillo di Hollande, loro storico avversario. Quindi la corsa presidenziale sembra essersi diretta in un brutto cul de sac. Chiunque vinca rischia di perdere dopo, in Parlamento.
Molti stanno proponendo di tornare a un sistema proporzionale per cercare rappresentatività (i nazionalisti con più del 25% dei voti hanno solo due parlamentari) e possibilità di maggioranze parlamentari pluri-partitiche; questa prospettiva era stata combattuta dal partito socialista e da quello repubblicano, una volta egemoni; oggi sono tutti e due “a rischio” e quindi possono vedere con altri occhi la questione “proporzionale-maggioritario”. Oltretutto bisognerà fare anche i conti con una curiosa clausola elettorale vigente nelle legislative; qualsiasi candidato che raggiunga più del 12,5% degli aventi diritto al voto (non quindi dei votanti) può partecipare all’eventuale ballottaggio, che in questo caso potrebbe diventare triangolare o addirittura quadrangolare. Tutti e quattro i poli politici in lizza potrebbero trarre vantaggio da questa clausola e, forse più di altri, i nazionalisti e la sinistra socialista.
Alcuni si sono lanciati in stime. La nuova Assemblea nazionale potrebbe avere circa 270 deputati repubblicani, 180 socialisti-centristi, 50 nazionalisti (ne avrebbero almeno 150 con il proporzionale) e 60 socialisti e sinistra (ne avrebbero forse più di 100 con il proporzionale). E in tutto questo viene sancita la morte del vecchio Partito socialista, che si spalmerebbe tra il centro e la sinistra. Non sembra quindi possibile una maggioranza parlamentare, a meno che Macron, nel caso di vittoria, non trovi un accordo con i suoi ex antagonisti “repubblicani”. In effetti i due gruppi sono rimasti gli unici a sostenere questa Unione europea, avendo contro sull’argomento, molto probabilmente, la maggioranza dei francesi (su 11 candidati alle presidenziali solo due si sono dichiarati filoeuropei, a favore di questa Europa: Macron e Fillon; gli altri nove con sfumature diverse si sono manifestati contro); già nel 2005 in un referendum il 54,7% dei francesi si dichiarò contrario alla ratifica della Costituzione europea. Oggi quel 54% potrebbe essere una valanga capace di superare il 60% dei voti.
Chiunque vinca quindi sembra avere davanti non un cattivo tempo, ma un probabile “uragano”. E sulla vittoria presidenziale inciderà molto anche il “non voto”. Un matematico francese con un suo modello di previsione sostiene che sotto il 70% di partecipazione alla fine vincerà la Le Pen; forse con il 70% no, ma con poco più del 50%, come attualmente si mormora, è possibile la vittoria della nazionalista. Molti vecchi leader hanno annunciato il proprio prossimo ritiro a vita privata; la cosa sembra comprensibile; i danni sono ormai stati fatti; non sarebbe piacevole esporsi ancora.