Un viaggio di poco meno di due giorni in una terra che è al cuore della spiritualità per cristiani, ebrei e musulmani. In un paese protagonista nell’Antico e nel Nuovo Testamento. Di Mosè che conduce il popolo ebraico fuori dalla terra dei faraoni e della Sacra Famiglia che compie il viaggio a ritroso, e cerca rifugio proprio in quella terra. È un viaggio breve in Egitto, quello di Papa Francesco, il 28 e 29 aprile. Un viaggio che, come ha ricordato lui stesso nel videomessaggio inviato al popolo egiziano, racchiude tre significati. Francesco va per portare solidarietà ai cristiani copti, per incontrare la piccola comunità cattolica e per incontrare il Grande Imam di al-Azhar, Muhammad Ahmad al-Tayyib. Formiche.net ne ha parlato con il professor Wael Farouq, egiziano e musulmano, docente di Scienze linguistiche e letteratura all’Università Cattolica di Milano: “Francesco va in Egitto non a fare il dialogo, ma come testimone. Così come ha fatto il santo di Assisi con il sultano”, dice. Ecco la conversazione.
Professor Farouq, che attesa c’è nel popolo egiziano per questo viaggio?
Una grande attesa. Papa Francesco è molto popolare in Egitto e in generale nel mondo islamico. È una popolarità che viene dal fatto che non ha mai fatto il capo del “partito” cattolico. Ha sempre parlato per tutte le vittime, per tutti i poveri, per tutti quelli che sono marginalizzati nel mondo di oggi.
Spesso si definisce Francesco come l’unico leader morale del mondo. Non crede che questo rischi di ridurne il messaggio?
Attenzione: il Papa non è buonista. Presenta il desiderio di tornare a vivere il rapporto, l’incontro con gli altri in modo profondo. Come persone, non come uomini che hanno titoli diversi, cristiano, musulmano o altro. Denuncia sempre quello che è male. Le vittime sono vittime. Non importano le categorie. E così parla al cuore di tutti.
Come si può leggere questa visita nei termini dei rapporti fra cristiani e musulmani?
Tutti mettono l’accento sull’incontro del Papa con l’Islam egiziano. Non dimentichiamo però che l’Egitto non è un paese islamico, ma è un paese islamico e cristiano. Prima cristiano che islamico. Quindi il Papa non incontra i musulmani in Egitto, ma incontra l’Egitto con tutti gli elementi della sua identità. Poi c’è un punto cruciale.
Quale?
Dopo mille anni si incontrano di nuovo la Chiesa di Costantinopoli, quella di Alessandria e quella di Roma. E si incontrano al Cairo. In questa terra dove i cristiani sono martirizzati. In questo paese che è al centro della storia dello spirito per i cristiani, gli ebrei e i musulmani.
È l’effetto di Francesco, uomo del dialogo?
Francesco non fa il dialogo. Non discuterà di teologia musulmana. Il Papa sta portando una testimonianza. Tutti lo guardano come un amico. Sono cresciuto in Egitto, dove ci sono anche pregiudizi. E tutti sono caduti perché oggi c’è uno che porta una testimonianza. La testimonianza dell’unità. Così avremo l’incontro tra Bartolomeo, Tawadros e Francesco. Si incontrano come amici. È la dimostrazione del potere dell’amicizia vera fra le persone. Ed è il potere della visita del Papa. L’unità dei cristiani è una testimonianza grande davanti ai leader musulmani in Egitto. Davanti all’Islam diviso tra sunniti e sciiti. È un incontro tra le Chiese cristiane che ha molto da dire a tutti i musulmani. Un incontro che costruisce la fiducia e la speranza, anche nell’ambito religioso, che l’unità, l’amicizia, sono possibili.
Dall’attentato di dicembre a quelli di Tanta e Alessandria nella Domenica delle Palme. Le vittime designate sono sempre le stesse: i cristiani.
È vero: i cristiani sono uccisi perché cristiani. Per la loro fede. Questo è il primo punto fondamentale. Ci sono imam che portano avanti una propaganda cattivissima contro di loro. Ma c’è anche altro. In questo contesto storico l’obiettivo dei terroristi è di distruggere la convivenza che sta nascendo tra cristiani e musulmani in Egitto. Una convivenza che sta rifiorendo dopo la rivoluzione. Abbiamo visto che i musulmani hanno aperto le moschee per accogliere i feriti; sono andati a migliaia per donare il sangue. E questo non per il potere, non per la gloria. Ma per offrire la loro testimonianza di credenti.
Il governo non brilla per il rispetto dei diritti più elementari.
Il presidente al-Sisi gode di una popolarità enorme. È stato eletto con un consenso amplissimo. Non dico che sia un governo liberale o democratico. Ma stiamo alla realtà. È un governo che è arrivato dopo una rivoluzione popolare contro l’Islam politico, una rivoluzione che ha combattuto per la diversità del paese. I copti lo hanno compreso bene e sono sempre al fianco del governo. Capiscono che sono colpiti anche perché i terroristi vogliono far male al governo egiziano che ha rotto coi Fratelli Musulmani.
Un altro protagonista è il grande Imam di al-Azhar, Muhammad Ahmad al-Tayyib. Un uomo non privo di ambiguità, se ci riferiamo anche ai rapporti con la Santa Sede ai tempi di Papa Benedetto.
Non è sempre libero di muoversi come vorrebbe. Al-Tayyib è il più importante esponente religioso dell’Egitto sunnita, a capo di una università che è una realtà culturale e religiosa enorme. Che dà istruzione ai più poveri, anche agli “scarti” della società. Dove i Fratelli Musulmani reclutavano i loro militanti. Quando è sceso il gelo in seguito al discorso di Benedetto XVI a Ratisbona nel 2006, con il fraintendimento del ragionamento di Ratzinger, credo che Al-Tayyib si sia limitato a interpretarlo secondo quanto riportava Al Jazeera. Ma dobbiamo guardare a tutta la realtà. A quanto sta accadendo oggi.
Cosa si attende dal viaggio di Francesco?
Sono convinto che la visita del Papa sarà un avvenimento per il popolo egiziano. Ma non possiamo aspettarci le conseguenze di un avvenimento. C’è sempre una sorpresa. Per questo mi attendo tante sorprese da questa visita. Non voglio parlare delle autorità. Le autorità in sé non possono cambiare nulla. Sono le persone, è il cambiamento del cuore dei singoli che fa il cambiamento. Non dimentichiamoci di un precedente.
A quale si riferisce?
Papa Francesco è il secondo Francesco che va in Egitto. Ci è andato per primo Francesco d’Assisi, coi crociati. I crociati finirono sconfitti. Non ottengono nulla. Quello che è rimasto è stato l’incontro del più debole, quello di Francesco con il sultano. Con la sua umiltà, Francesco non era andato per predicare, ma per testimoniare la sua fede. Ecco perché il sultano lo ha accolto. E quella testimonianza ha aperto l’Egitto. È la lezione della storia. La testimonianza del Papa è proprio questa, di svelare all’uomo il bene che ha in sé. Per questo sono fiducioso che la sua visita possa cambiare tante persone. Tutti vogliono incontrarlo. Il presidente, le autorità religiose della Chiesa ortodossa e di al-Azhar. Non perché Francesco dice cose buone sull’Islam, ma perché ha la capacità di far vedere a tutti il bene e il bello che ogni persona ha in sé. Tutti parlano dei pericoli, del male. Dei demoni. Lui indica il bene e il bello che c’è nell’uomo. È l’unico che ci fa vedere gli angeli.