Se a vincere le elezioni dovesse essere il centrista ed europeista Emmanuel Macron, si concluderebbe un periodo di accentuata incertezza politica cominciato con il referendum sulla Brexit.
La vittoria di Macron rinsalderebbe la fiducia nelle prospettive economiche. La volatilità sui mercati azionari potrebbe diminuire con il dissiparsi dei timori di natura politica. I titoli europei presentano valutazioni interessanti rispetto agli omologhi globali.
Il contesto sarebbe propizio per gli investitori attivi e consoliderebbe la nostra capacità di individuare opportunità appetibili tra le azioni di alta qualità.
La vittoria di Emmanuel Macron alle presidenziali francesi non giungerebbe come una sorpresa, ma sarebbe un sollievo. Stempererebbe il clima di intensa incertezza politica che ha prevalso sin dal 23 giugno 2016, quando il Regno Unito ha votato per uscire dall’Ue. Ci aspetteremmo una diminuzione della volatilità sul mercato azionario a fronte del dissiparsi dei timori di natura politica. Alla luce del contesto macroeconomico favorevole, guardiamo con entusiasmo alle valutazioni interessanti delle società europee.
Se invece i sondaggisti si sono sbagliati e Marine Le Pen sconfiggerà Macron al secondo turno, l’Europa subirà un forte contraccolpo. Il trionfo del Front National (partito dichiaratamente anti-euro, anti-Nato e anti-Ue) sarebbe uno shock ben più grande del voto a favore della Brexit lo scorso giugno e dell’acclamazione di Trump a novembre.
Una vittoria di Macron, di contro, significherebbe che i francesi hanno votato per la stabilità. Ad appena 39 anni, Macron sarebbe il presidente più giovane della storia della Repubblica francese, pur non essendo membro dell’Assemblea nazionale e non essendosi mai proposto prima per una carica elettiva. Ma l’ex banchiere d’investimento nonché ex ministro dell’economia è lungi dall’essere un candidato anti-establishment dissidente.
Macron promette riforme economiche radicali per gli standard francesi, ma la sua vittoria riaffermerebbe lo status quo internazionale. A differenza della Le Pen, che minaccerebbe l’eurozona e l’Ue, Macron vuole che queste due istituzioni funzionino, e meglio di oggi.
FRANCIA: IL QUADRO ECONOMICO
Il presidente Macron erediterebbe un’economia che cresce lentamente dalla crisi finanziaria del 2008, segnando il passo rispetto a Germania, Regno Unito e Stati Uniti. Lo scorso anno la crescita ha raggiunto l’1,1%, molto meno della media Ue dell’1,8%. L’occupazione rimane il vero banco di prova. A dicembre 2016, il tasso di disoccupazione francese era pari al 10%. La disoccupazione giovanile è quasi il doppio di quella britannica e le ultime rilevazioni la danno al 23,6%. La Francia presenta uno tra i maggiori indici di spesa pubblica dei paesi avanzati, pari al 57% del PIL.
In caso di vittoria, Macron spingerà per l’adozione di un bilancio comune dell’eurozona gestito da un ministro delle finanze dell’area euro. Consapevole che queste sue proposte incontrerebbero l’opposizione della Germania, cercherebbe di rinsaldare la sua posizione riformando l’economia francese e rispettando la regola comunitaria del disavanzo pubblico non superiore al 3%.
Il programma di Macron si fonda su politiche pro-business e pro-crescita. Le proposte principali prevedono:
– Tagli alla spesa pubblica per EUR 60 miliardi entro il 2022.
– 120.000 posti di lavoro in meno nel settore pubblico ottenuti non sostituendo gli statali che vanno in pensione.
– Stimoli per 50 miliardi di euro in cinque anni.
– Riqualificazione professionale dei disoccupati e passaggio a un’economia verde.
– Deficit inferiore al 3% del Pil, in linea con i criteri Ue.
– Negoziazione con la Germania di un bilancio dell’eurozona e di un programma di investimenti comunitari-
– Riduzione dell’aliquota d’imposta sulle imprese dal 33% al 25%.
– Sussidi alla disoccupazione estesi anche a imprenditori, agricoltori, lavoratori autonomi e a chi lascia volontariamente il proprio posto di lavoro.
– Esenzione dall’imposta locale sulla prima casa per l’80% delle famiglie.
– Esclusione degli investimenti finanziari dalla tassa patrimoniale.
– Nessuna modifica a età pensionabile e pensioni.
In che misura riuscirebbe ad attuare tutto questo? Essendo un candidato indipendente, Macron è sostenuto solo dal suo movimento “En Marche”. Sarebbe il primo presidente della Quinta repubblica ad essere eletto senza il sostegno di un partito politico vero e proprio.
Quand’anche vincesse, bisognerebbe capire se i suoi sostenitori riuscirebbero a ottenere la maggioranza nel parlamento francese in occasione delle elezioni legislative di metà giugno; a quel punto, Macron avrà bisogno della maggioranza (289 seggi) nell’Assemblea nazionale. Non è mai un buon segno quando gli elettori scelgono un parlamento in opposizione al presidente. Quando succede, il primo ministro, sostenuto dalla maggioranza nell’Assemblea nazionale, detiene gran parte dei poteri esecutivi.
Pertanto, sebbene la vittoria di Macron ridurrebbe l’incertezza geopolitica, manteniamo alta la guardia sui rischi politici di breve termine, vale a dire sulla possibilità che le elezioni legislative di giugno producano un esito divisivo.
Non si tratta, peraltro, dell’unico evento politico di quest’anno che potrebbe creare volatilità nel breve periodo. Il 24 settembre si terranno le elezioni per il Bundestag tedesco. In Italia, la chiamata alle urne è prevista per il 2018, ma potrebbe essere anticipata. I partiti populisti euroscettici cattureranno l’attenzione dei media in entrambe le elezioni, ma non ci aspettiamo grossi stravolgimenti.
In Germania, la vittoria andrà alla cancelliera in carica Angela Merkel o al leader dei socialdemocratici Martin Schulz. Schulz è ancora più europeista della Merkel e una sua elezione verrebbe accolta positivamente. In Italia, è probabile che si arriverà a una coalizione debole, tanto per cambiare, a meno che non vinca il Movimento Cinque Stelle di Beppe Grillo, il jolly in grado di sparigliare le carte.
COSA POSSIAMO ASPETTARSI DAI MERCATI?
Nel breve termine, ci aspetteremmo che i mercati e l’euro reagiscano positivamente alle elezioni in Francia. Ma i guadagni si preannunciano modesti. I mercati scontano una vittoria di Macron da prima di marzo, quando l’elettorato olandese ha rifiutato il populismo di destra.
Con la rimozione di una minaccia per il futuro dell’eurozona ci attendiamo una rinnovata fiducia nell’economia globale. Anticipiamo il protrarsi della debole ripresa economica europea. L’Europa non seguirà il percorso reflazionistico immaginato da Trump e i tassi d’interesse europei non stanno aumentando, a differenza di quelli statunitensi. L’inflazione al 2% dovrebbe sostenere i ricavi societari e garantire una politica monetaria ancora espansiva nell’area euro.
Alla luce di questo contesto propizio, le valutazioni europee appaiono relativamente interessanti. L’anno scorso, il crescente ottimismo sull’economia statunitense e il timore di choc populisti in Europa hanno fatto defluire capitali dai listini azionari europei, facendoli scambiare a sconto rispetto agli omologhi americani.
In tale scenario, gli investitori attivi possono individuare opportunità interessanti. Politica e populismo hanno dominato l’agenda, distorcendo le quotazioni degli attivi e i mercati finanziari. Se la Francia darà il suo appoggio a un candidato centrista ed europeista, la minaccia svanirebbe. I mercati tornerebbero a concentrarsi sui trend di più lungo termine: l’analisi fondamentale e la selezione sapiente dei titoli riacquisteranno la loro centralità. Ciò favorisce il nostro approccio che adotta una prospettiva di più lungo termine – supportata dalle nostre solide risorse analitiche – per individuare le società dotate di modelli di business robusti e di vantaggi competitivi sostenibili.
Il rischio politico non scomparirà, ma la sua importanza è soggetta ad alti e bassi. I titoli che deteniamo nei nostri portafogli diversificati sono abbastanza forti da sopportare gli scossoni a breve termine dei mercati e a livello politico, e che possono prosperare in una prospettiva di più lungo termine.