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Perché i mercati sono allineati sull’ipotesi soft Brexit. Il parere degli analisti

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Non bastavano le elezioni francesi super controverse, l’attesa di quelle tedesche e l’incognita sulle tempistiche del voto italiano – inframezzate da altre elezioni locali sia in Italia sia in Germania, anche il Regno Unito vuole andare alle urne. Lo ha annunciato a sorpresa Theresa May, con una data: 8 giugno.
“Nessuno se l’aspettava. Anche perché lo stesso governo aveva escluso un’elezione prima del 2020 nemmeno 4 settimane fa. Ma Theresa May ha fiutato chiaramente l’opportunità di consolidare il suo mandato prima dei negoziati della Brexit – commenta Luke Bartholomew, Investment Manager di Aberdeen Asset Management, che nota come la reazione dei mercati “sia stata finora pacata. Inizialmente si è visto un sell-off sulla sterlina, poi rientrato. Ma ci vorrà un po’ di tempo perché gli investitori digeriscano gli effetti delle elezioni nel corso dei prossimi giorni. Una questione importante per i mercati è se le elezioni renderanno più o meno probabile una posizione più soft nei negoziati di Brexit. Le elezioni dovrebbero conferire a Theresa May un mandato molto più forte per resistere alla linea più dura dei parlamentari anti-UE. Sarebbe qualcosa che i mercati finanziari apprezzerebbero”.

IL MERCATO PUNTA SU SOFT BREXIT

In effetti la reazione pacata del mercato dipenderebbe, secondo gli osservatori, proprio dall’attesa di una soft Brexit che seguirà la nuova maggioranza parlamentare, con tutta probabilità schiacciante a favore dei Tory ma con una prevalenza dell’ala moderata. Certo, abbiamo imparato che in questo campo tutto è possibile e nessun esito è scontato, ma per il Regno Unito le cose sembrano abbastanza chiare: uscirà dall’Ue e lo farà supportato da un governo forte e moderato. Più moderato di quello attuale e della stessa May.

LE IPOTESI

“Se Theresa May sarà in grado di aumentare la maggioranza dei Conservatori, questo le potrebbe dare maggiore potere e spazio di manovra in sede di negoziato dei termini di uscita del Regno Unito dall’UE – afferma Keith Wade, Chief Economist and Strategist, Schroders -. Essendo la fine del processo di negoziazione della Brexit prevista per marzo 2019, rimuoverebbe la pressione di un’elezione generale nel 2020 e darebbe a May più tregua e una minore necessità di strappare un accordo conclusivo all’UE. Un’elezione vincente darebbe a Theresa May il mandato per perseguire la sua strategia per la Brexit. A mio parere, un mandato più forte e più tempo permetterebbero un approccio più paziente e una Brexit più soft, probabilmente più in linea con la predisposizione del Primo Ministro”.

I RISCHI PER I TORY

“Le elezioni non sono prive di rischio per i Conservatori – sostiene David Page, Senior Economist di AXA Investment Managers – La premier sta scommettendo su un voto per scegliere chi è in grado di negoziare la Brexit migliore. Ma il rischio che le elezioni si trasformino in un secondo referendum sulla Brexit è reale”. Al di là della reazione mista che è seguita immediatamente all’annuncio con “la sterlina salita sia verso il dollaro che verso l’euro, dopo un iniziale crollo – spiega Page – Gilt oggetto di pesanti vendite e FTSE 100 in sofferenza; i mercati sembrano riconciliati con il percorso di Brexit scelto dal Regno Unito e la possibilità di aumentare la certezza di questa prospettiva sembra attraente. Per questo riteniamo che eventuali segnali di difficoltà da parte dei Conservatori a estendere la loro maggioranza potrebbero avere un impatto negativo sui mercati nelle prossime settimane. Ma insieme ad un aumento dell’incertezza dobbiamo aspettarci un aumento della volatilità nella misura in cui cominceremo ad avere indicazioni di voto più specifiche”.

GLI EFFETTI DI LUNGO PERIODO SUI MERCATI

“La comunicazione di Theresa May – sottolinea Paolo Geuna di Financial Analyst Tendercapital – ha l’intento di ottenere una maggiore forza contrattuale nei negoziati con Bruxelles grazie a un appoggio più ampio in Parlamento. L’effetto sui mercati finanziari è stato quello di una rapida rivalutazione della sterlina che, contro euro, è salita da un cambio in area 1,18 alla soglia del 1,20 di fatto ampliando il recupero partito dal 1,14 di metà marzo sull’indebolimento dell’Euro in prospettiva delle elezioni francesi”. Un rapido excursus di cosa accaduto sui mercati dal voto pro Brexit a oggi ci può aiutare a immaginare cosa accadrà da domani, o meglio da dopo il prossimo 8 giugno. La sterlina, dal 23 giugno si è svalutata di circa l’8% nei confronti dell’Euro (arrivata fino al -16% prima del recente recupero), l’inflazione è cresciuta dallo 0,4% di giugno all’attuale 2,3%, mentre la crescita economica si è rafforzata dall’1,7% del primo semestre all’1,9% di fine 2016, con una disoccupazione ulteriormente scesa dal 4,9% al 4,7%. Il tutto accompagnato da un taglio dei tassi di interesse della BoE dal 0,50% al 0,25% a sostegno della crescita e degli investimenti. “Mentre sul fronte finanziario – continua Geuna – il listino principale FTSE 100 ha guadagnato circa il 12,50% dal 23 giugno scorso, a fronte della perdita dall’1,37% all’1,05% accumulata dal Gilt a dieci anni”.

COSA ACCADRÀ DOPO L’8 GIUGNO

 

Il voto del prossimo giugno, “non modificherebbe l’incertezza nella durata e nei risultati delle contrattazioni con l’UE mentre il rischio di un rallentamento economico generato da minori investimenti per via dell’incertezza resterebbe difficilmente quantificabile”, precisa Geuna, secondo cui “le mosse della Banca Centrale, insieme alle conseguenti reazioni della valuta britannica, resteranno i primi driver sia dell’equity che del mercato fixed income locale, con le prime strettamente vincolate ad un eventuale ulteriore crescita dell’inflazione”.
Quanto agli investimenti in sterline, l’equity potrebbe crescere, e in particolare i titoli che non dipendono dall’economia domestica (fuori quindi da finanziari e infrastrutture); mentre i Gilt rischiano di essere troppo rischiosi soprattutto sulla parte lunga della curva. Il valore va cercato nei corporate a breve di emittenti votati all’export.

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