Sono più di 4500 cyber attacchi che i server della Bundeswehr, l’esercito tedesco, devono sventare quotidianamente. Questo denunciava domenica scorsa la ministra della Difesa Ursula von der Leyen dalle colonne del quotidiano die Welt. Si tratterebbe di attacchi che, una volta programmati, proverebbero in automatico a forzare le barriere di difesa (“firewalls”) tedesche. Più pericolosi ancora sarebbero i cosiddetti APTs – Advanced Persistent Threats, minacce persistenti e sofisticate – dietro ad alcuni dei quali von der Leyen sospetta esservi i servizi segreti stranieri.
La Germania non può però passare ad azioni preventive. Primo “perché vietati dalla legge – spiega la ministra – secondo “perché non è affatto semplice individuare l’aggressore. Diversamente dai conflitti ‘convenzionali’ nel caso di cyber attacchi non c’è nessun esercito che si posiziona lungo la frontiera”.
Il che però non vuol dire non studiare contromisure. Come racconta il settimanale Die Zeit, von der Leyen all’inizio di questo mese ha inaugurato il nuovo centro di commando CIR – cyber information room – messo a disposizione della Bundeswehr per favorire lo scambio tra le varie divisioni e proteggere così meglio le truppe e il paese nel suo insieme dagli attacchi degli hacker.
Nel discorso di inaugurazione del CIR von der Leyen aveva sottolineato che in caso di un attacco hacker che compromette la capacità di intervento delle truppe, la Germania potrebbe ovviamente difendersi, in che misura e con che modalità, aveva precisato von der Leyen. lo stabilirebbe il Parlamento. Il CIR agirà in futuro come nuova divisione militare accanto ad aeronautica, marina ed esercito e disporrà entro il 2021 di circa 13500 tra soldati e civili impegnati a difendere le reti e i sistemi bellici della Bundeswehr da eventuali cyber attacchi.
La cristianodemocratica von der Leyen è una politica navigata e assai versatile. Nel primo governo di Angela Merkel (2005-2009) è stata ministra per la Famiglia, a lei si deve il nido gratuito per tutti fino ai tre anni; sempre a lei si deve il prolungamento del congedo per paternità. Nel secondo governo Merkel (2009-2013), aveva invece guidato il dicastero del Lavoro e degli Affari Sociali. Due esperienze che von der Leyen ha messo a frutto nell’attuale incarico. “Quando ho preso in mano la Difesa” spiegava in una recente intervista al quotidiano Süddeutsche Zeitung “era evidente che questo pachiderma con 250 mila addetti soffriva di un enorme problema di persona e gestione: era superata la mentalità, era incapace di attirare nuove leve e al tempo stesso costretto a confrontarsi con sempre nuove sfide”. Così von der Leyen si è messa al lavoro. Tra i primi annuncia e interventi c’è stato quello di rendere maggiormente compatibile lavoro e famiglia. Soprattutto per le donne che da 15 anni servono nelle forze armate. È grazie a lei che sono stati aperti i primi asili nido nelle caserme: “L’esercito non può presentarsi come un club di persone fuori dal tempo. Come qualsiasi altro datore di lavoro deve modernizzarsi, aggiornarsi, deve essere capace di assicurarsi il personale più adatto alle proprie esigenze”. Il che significa tener conto dei mutamenti della società e dei temi dibattuti, anche riguardo all’esercito, cioè religione, back ground migratorio, integrazione dei soldati invalidi e assistenza a quelli feriti nel corso delle missioni. “
Questo approccio molto “sociale”, che le è valso più di una vignetta canzonatoria, non deve però trarre in inganno, come dimostra anche la creazione del CIR . È stata von der Leyen che nel 2014, durante l’annuale Conferenza internazionale sulla sicurezza di Monaco di Baviera, aveva auspicato – in sintonia con l’allora capo di Stato Joachim Gauck e dell’allora ministro degli Esteri Frank-Walter Steinmeier – una maggior assunzione di responsabilità da parte della Germania sul palcoscenico internazionale. Anche quello dei conflitti. Nell’intervista con la Süddeutsche Zeitung ricorda il massacro di Mossoul del 2014, quando i terroristi del sedicente stato islamico, Is, avevano conquistato la città e iniziato a uccidere gli yazidi. “La domanda allora era: vogliamo stare a guardare senza fare niente. Assumerci questo tipo di responsabilità? Perché è evidente che anche il non agire è un’assunzione di responsabilità. Chiaro che non c’è la decisione inequivocabilmente giusta. C’è una decisione e si spera che porti a qualcosa di buono. La Germania, dunque, è troppo grande per non fare nulla, ma è anche troppo piccola per riuscire da sola a imporre una svolta. La Siria costituisce in questo senso una lezione molto amara”.
Von der Leyen, 58 anni, sposata, madre di 5 figlie una laurea in medicina, è stata in predicato per la massima carica dello Stato e anche come possibile erede di Merkel. Forse l’occasione giusta per la corsa alla cancelleria sarebbero state le elezioni in settembre, se la situazione internazionale non fosse diventata così tesa e l’Unione Europea non si fosse trovata nella crisi in cui versa. Se dunque Merkel non si fosse vista costretta a restare. La Kanzlerin stessa motivò infatti il suo correre per la quarta volta per la guida del governo con la frase: “Non è questo il momento per andarsene”.