A urne chiuse, ora che tutti i puntini sono uniti fra di loro, il volto ghignante che si staglia dietro il “fenomeno Macron” è quello di un redivivo François Hollande. La sua presidenza è stata catastrofica, ha fatto crollare ai minimi storici i consensi del Partito socialista e non ha potuto presentarsi per un secondo mandato talmente a picco era colato il suo indice di fiducia. Eppure, il sicuro grande sconfitto della vigilia ha saputo cucinarsi una vendetta servita ancora calda, assicurandosi con ragionevole certezza l’insediamento del suo ex ministro dell’economia come suo successore all’Eliseo, ma soprattutto condividendo la disfatta con i suoi acerrimi avversari, esterni e interni. Che abbia o meno un ruolo pubblico in futuro, o preferisca ritagliarsene uno dietro le quinte, sarà meno amaro per Hollande lasciare l’Eliseo sapendo che anche la destra gollista è andata incontro a una cocente disfatta, non riuscendo a portare al ballottaggio un suo candidato nonostante la crisi dei socialisti, e che coloro che gli hanno sfilato di mano il partito si ritrovano intorno nient’altro che macerie.
Questo il duplice esito di una spregiudicata e brillante operazione politica condotta con l’aiuto dei magistrati, le cui preferenze politiche anche in Francia non sono un mistero, dei media “amici” e del 24% degli elettori (in gran parte di fede socialista). Uno dopo l’altro, gli ostacoli sulla strada di Macron sono stati brutalmente rimossi e le impronte di Hollande sono dappertutto. Fallimentare come presidente, si è confermato un maestro di tattica politica.
Senza nulla togliere alle abilità e alla freschezza di Emmanuel Macron, che in poche settimane ha messo su un movimento, una sua “start-up” politica, centrando il ballottaggio da vincitore del primo turno, ma l’azzoppatura per via mediatico-giudiziaria del candidato della destra gollista, l’ex premier François Fillon è stata decisiva. Altrimenti – come d’altronde indicavano tutti i sondaggi precedenti alle inchieste ad orologeria che l’hanno colpito (guarda caso solo dopo la vittoria alle primarie) – le loro posizioni di arrivo al primo turno si sarebbero probabilmente invertite. Ed è difficile credere che l’affermazione di Macron sia stata possibile in così poco tempo senza la mobilitazione attiva in suo favore di pezzi importanti dell’elettorato socialista, e quindi il concomitante sabotaggio della candidatura ufficiale di Hamon. Il Partito socialista ha fatto la fine di una “bad company” sulle cui spalle sono stati caricati tutti i debiti politici della presidenza Hollande, mentre gli elettori socialisti venivano “prestati” per un’operazione di maquillage giovanilista nel tentativo di salvare lo status quo (e restituire l’onore a Hollande).
Ma sia Hollande sia l’establishment (francese ed europeo), che in funzione anti Le Pen hanno preferito un maquillage giovanilista dei socialisti, facendo fuori per via mediatico-giudiziaria il collaudato argine gollista, si sono assunti un grosso rischio. Non gli resta che augurarsi di aver azzeccato il calcolo… Perché se da una parte la strada di Macron appare ormai in discesa grazie al ricostituirsi del “fronte repubblicano” contro il lepenismo, la sua capacità di attrazione di elettori di sinistra che lo ritengono di destra e di elettori della destra repubblicana in libera uscita, per la prima volta non rappresentati al ballottaggio, potrebbe essersi esaurita o quasi nel suo stupefacente 24%. Insomma, siamo in un territorio ignoto: sarà anche un’ipotesi remota ma rimosso l’argine gollista Marine Le Pen potrebbe trovare una prateria a destra, e qualche inaspettato sostegno dall’estrema sinistra.
Se, come probabile, Macron dovesse vincere, l’Unione europea si salverebbe da una crisi rapida e al buio, quindi drammatica, ma non basterà, come molti si illudono, per invertire la tendenza a un lento declino… Ammesso e non concesso che trovino sostegno parlamentare, le politiche omeopatiche di Macron, in totale continuità con quelle di Hollande, non riusciranno a guarire l’economia e la società francese, e quindi ad alleviarne le tensioni. Né, quindi, potranno rendere la Francia una parte della soluzione alla crisi dell’Ue. Il conto con la realtà, al giro successivo, potrebbe essere salatissimo. In un’intervista al Corriere lo scrittore francese Michel Houellebecq ha fatto riferimento a una “nevrosi”. I francesi “sono ancora più a destra rispetto al 2012”, Macron “non ha colpe”, anche se “molto migliore di Hollande può portare a una catastrofe” perché quando “la realtà politica non corrisponde alla società, è una situazione da nevrosi”.