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Perché Emma Marcegaglia bistratta il “pilastro sociale” Ue alla Jean-Claude Juncker

Paola Severino ed Emma Marcegaglia

Emma Marcegaglia, presidente di BusinessEurope, la “Confindustria europea”, attacca la Commissione Europea e il suo “pilastro sociale”. Oggi, mercoledì 26 aprile, la Commissione presenterà le novità del cosiddetto pilastro sociale europeo, un pacchetto di misure destinate a uniformare il sistema del welfare degli Stati membri, soprattutto in ambito lavorativo.

JUNCKER VUOLE UN’EUROPA PIU’ “SOCIALE”

È questa la grande priorità della Commissione, la strada scelta dal presidente Jean-Claude Juncker per evitare il disgregamento della stessa Unione. Un paio di giorni fa Juncker, intervistato da Politico, lo ha detto chiaramente: “Sto cercando di porre il sociale al cuore dell’agenda europea. Se l’Ue perde il sostegno dei lavoratori, se i lavoratori si sentono lasciati indietro perché non vengono considerati al pari delle altre forze sociali, allora l’Unione stessa perde ogni supporto”.

Quindi è sul pilastro sociale che Juncker vuole poggiare le nuove fondamenta dell’Europa, minata al suo interno da crescenti movimenti euroscettici che fanno leva sullo scontento dei cittadini vittime della crisi. Così si spiegano le misure che verranno lanciate oggi, condensate in 17 documenti, frutto di un anno e mezzo di concertazione con le parti sociali. Nuove regole che, per dirla come la Commissaria alle pari opportunità Věra Jourová, agli Stati membri “offriranno opzioni” senza imporre diktat. Si va dal salario minimo a nuove regole sull’orario di lavoro, passando per la tutela dei diritti dei lavoratori atipici fino all’estensione del congedo di maternità e paternità.

IL CONGEDO DI PATERNITA’

A questo proposito, peraltro, l’Italia fa passi indietro, come dimostra la riduzione del congedo di paternità, passato dai 4 giorni del 2016 ai soli due del 2017. L’Europa punta invece ad incentivare il diritto al congedo dei neopapà, per dare attuazione a propositi che l’Ue promuove sin dai primi anni ’90. Fra le mosse attese dalla Commissione c’è l’abrogazione del vecchio accordo sul congedo di maternità che risale al 2010, nell’ottica di un’estensione dei diritti. Allo stato attuale le tutele variano da paese a paese: in alcuni casi il congedo è retribuito dall’azienda, in altri dallo Stato, in altri casi il congedo di paternità non è proprio previsto. “Non possiamo aspettarci miracoli dalle madri – ha dichiarato la commissaria alle pari opportunità – Non possiamo aspettarci che siano madri e riescano a costruire le loro carriere nelle attuali condizioni”.

MARCEGAGLIA: “LE AZIENDE PERDERANNO COMPETITIVITA'”

Ma non mancano le resistenze e fra i primi a protestare c’è Emma Marcegaglia. “La gente vuole più lavoro e prosperità, non mal concepite leggi che compromettano la creazione di posti di lavoro” ha detto l’ex presidente di Confindustria, che poi ha criticato le ingerenze delle istituzioni europee nella concertazione sindacale. “Siamo in una situazione paradossale – ha dichiarato – La Commissione, che vorrebbe far rivivere il “dialogo sociale”, in realtà ne mette in pericolo lo strumento chiave che permetteva autonomi negoziati fra le parti sociali a livello europeo”. Per Marcegaglia un accordo volontario sul congedo parentale fra BusinessEurope e l’European Trade Union Confederation, la Confederazione europea dei sindacati, già impone alle imprese alle “obblighi difficilmente raggiungibili, andare oltre ne comprometterà la competitività”. Ha poi aggiunto che “molti stati, semplicemente, non sono in grado di garantire le retribuzioni ai lavoratori che prendono il congedo”.

REPLICA IL SINDACATO: “BUSINESS EUROPE VUOLE AFFOSSARE IL PILASTRO SOCIALE”

Pronta la reazione del segretario dell’Etuc, l’italiano Luca Visentini, che ha diffuso una nota in cui accusa BusinessEurope di aver rifiutato di rinegoziare i termini dei congedi. “Adesso il treno è partito e non possono lamentarsi di non essere saliti”, ha concluso, accusando BusinessEurope di cercare semplicemente una scusa per affossare il pilastro sociale, considerato “l’ultima chance dell’Unione di creare un’Europa più sociale”.

Difendendo le decisioni assunte dalla commissione, Jourovà ha argomentato dicendo che “i costi sono inferiori ai benefici”, auspicando che le nuove regole permettano a un maggior numero di donne di entrare nel mondo del lavoro.



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