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Parmalat, ecco come Amber, Gamco e Bankitalia hanno sgambettato l’Opa di Lactalis

ARTURO ALBANO AMBER CAPITAL, parmalat

Missione fallita. Il progetto di delistare Parmalat non è andato a buon fine. La famiglia Besnier, che controlla il colosso Lactalis e che già deteneva oltre l’87% del capitale del gruppo di Collecchio, non ha convinto fondi e piccoli azionisti e ora dovrà mantenere quotata l’azienda italiana. Ieri al termine dell’offerta d’acquisto il veicolo Sofil si è fermato all’89,6% del capitale della società agro-alimentare emiliana sfiorando, ma senza superare, la soglia critica del 90% che avrebbe permesso alla finanziaria che fa sempre capo al polo industriale guidato da Emmanuel Besnier di portare fuori da Piazza Affari lo storico marchio che fu dei Tanzi.

A pesare in maniera significativa, anzi decisiva, sull’esito dell’opa è stata la scelta di Banca d’Italia, titolare di un pacchetto minuscolo, pari allo 0,5% del capitale di Parmalat , ma in questo caso strategico e fondamentale al buon esito dell’offerta transalpina. L’istituzione guidata da Ignazio Visco non ha di fatto preso posizione nella partita che vedeva opposta Lactalis ai fondi attivisti Amber (accreditato di una partecipazione del 3,5-4% anche se non risulta formalmente) e Gamco (1,06%).

Ma questo atteggiamento super partes, o per qualcuno pilatesco, di via Nazionale ha deciso l’esito della contesa, visto che il pacchetto in portafoglio se apportato avrebbe fatto superare, seppure di un’inezia, la soglia del 90%. Detto ciò è tradizionalmente risaputo che Palazzo Koch detiene partecipazioni in aziende quotate e che tende a replicare i principali indici di mercato (al netto dei comparti media, assicurazioni, banche).

Quindi, la sconfitta dei Besnier è da attribuire al mercato. O, evidentemente, alle pressioni fatte da Amber e Gamco che si erano dette non soddisfatte non solo della gestione di Parmalat targata Lactalis, ma neppure del prezzo offerto, ossia 3 euro per azione, dopo il ritocco all’insù dalla precedente soglia dei 2,8 euro. I fondi attivisti (ivi compresa Btg Pactual, 0,3%) puntavano a un range da 3,8 a 4,5 euro. Ma i Besnier, forti anche del parere del cda della controllata italiana, hanno deciso di non accettare questa sfida.

“Il gruppo Lactalis, in qualità di azionista di ampia maggioranza, continuerà, come già fatto in passato a partire dall’aprile 2011 quando ne acquisì il controllo, a valorizzare la società nell’ambito di una visione industriale di lungo periodo, facendo leva sui suoi prodotti, i suoi marchi e la sua rete commerciale a livello globale, mantenendo allo stesso tempo un forte radicamento industriale nel territorio italiano”, si legge in una nota diramata ieri sera da Sofil.

(Articolo pubblicato su MF/Milano Finanza, quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi)

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