È stata una Pasqua affollata, in Cina. Parola di Asianews, la coraggiosa agenzia stampa dei padri missionari del Pime (Pontificio Istituto Missioni Estere), che segue da anni il difficile dialogo tra la Cina e il Vaticano. Le due realtà non si parlano ufficialmente dal 1951, dopo che Mao ordinò la cacciata dei missionari dal Paese; e sebbene negli ultimi vent’anni si sia tentato in più modi di riaprire il dialogo, fino a un clamoroso avvicinamento sfumato nell’estate 2005 secondo i cablo di Wikileaks, da ultimo sembra che un accordo tra la Santa Sede e Pechino possa essere davvero a portata di mano. Ci vorrà tempo, fors’anche un anno e più, ma sembrerebbe ormai vicino.
E così è stata Pasqua anche in Cina, sia per l’Associazione patriottica (che è la “chiesa” ufficiale, dipendente dal governo e che non riconosce l’autorità papale, visto come capo di Stato straniero) sia per la Chiesa clandestina, tra gli 8 e i 12 milioni di fedeli e una manciata di preti ancora fedeli al papa e per questo perseguitati da decenni. Asianews offre un’interessante testimonianza di un sacerdote clandestino che naturalmente non svela né la diocesi né, tantomeno, l’identità del sacerdote.
Ecco che cosa comunica: “Almeno il 95% dei fedeli hanno ricevuto il sacramento per riconciliarsi con se stessi, con gli altri e con Dio. Per una giornata intera, per otto ore, ho ascoltato confessioni insieme a un altro sacerdote. Ma non avendo finito, dato che vi erano molti fedeli in attesa, abbiamo continuato a confessare anche per il giorno successivo”. E ancora: “Durante questo periodo, alcuni sacerdoti hanno offerto speciali lezioni di catechesi, predicato ritiri annuali, proposto adorazione dell’eucarestia anche nella notte, la Via Crucis. In alcune parrocchie vi era una “scatola della carità”, dove si fa un’offerta e si inserisce anche un’intenzione di preghiera al Padre e a Gesù sulla croce. (…) Ogni anno i sacerdoti lavorano sodo durante la Settimana Santa e nel giorno di Pasqua. Ma è un lavoro che si fa con gioia perché si sperimenta il rinnovamento di sé, quello delle famiglie, delle parrocchie e della società, grazie anche a molte opera di carità”.
Se invece passiamo alle comunità ufficiali ecco che: “Le parrocchie (ufficiali) che in qualche modo hanno trovato un compromesso e ricevono il consenso del governo locale cercano di plasmare sempre più buone relazioni con il governo per essere sicuri che qualcosa di sgradevole possa loro non accadere”.
Anche se il vero problema, più sentito, riferisce sempre Asianews: “È la penuria di pastori. Sebbene vi siano 5mila sacerdoti in Cina (compresi ufficiali e sotterranei), è difficile rispondere ai bisogni spirituali di 12 milioni di credenti. In Hebei e Shanxi vi è un considerevole numero di preti che si prendono buona cura dei fedeli. Ma in altre province non vi sono preti a sufficienza e così i sacerdoti devono andare da una parte all’altra per celebrare messe e sacramento della riconciliazione. E siccome I fedeli ci tengono al precetto pasquale – la confessione almeno una volta all’anno e la comunione a Pasqua – i sacerdoti sono molto impegnati a offrire tempo per il sacramento della riconciliazione almeno fino all’ottava di Pasqua”.
Proprio per la carenza di sacerdoti, catechisti e leader delle comunità hanno un ruolo molto importante da giocare nelle diocesi. Insieme a loro, i preti guidano i fedeli a vivere questo periodo come un rinnovamento del loro battesimo e un incoraggiamento ad approfondire la fede contro la mentalità corrente piena di superstizioni e di idolatria del denaro.
Questa Pasqua è anche successo altro. Come l’abbraccio tra monsignor Taddeo Ma Daqin, vescovo riconosciuto dal Vaticano e poi dimessosi dall’Associazione patriottica (che ora lo considera solo “padre Ma”) e il vescovo patriottico non riconosciuto dalla Santa Sede (ma ormai sono davvero pochi) Zhan Silu, vicepresidente del Consiglio dei vescovi cinesi (organismo non riconosciuto dalla Santa Sede).
Tutto questo è successo a Mingdong, dove sempre durante la settimana santa il vescovo clandestino di Mingdong, Guo Xijin, è stato arrestato dalla polizia e portato via per “farlo studiare” per una ventina di giorni. Secondo Asianews: “L’ipotesi più ricorrente in diocesi è che il vescovo sia sottoposto a un lavaggio di cervello per ottenere da lui l’iscrizione e la sottomissione all’Associazione patriottica (Ap)”. E quindi: “La diocesi di Mindong è nella quasi totalità costituita da fedeli della Chiesa sotterranea: su 90mila cattolici, più di 80mila sono clandestini, molto organizzati e vivi, con oltre 45 sacerdoti, più di 200 suore, più di 300 laiche consacrate e centinaia di laici catechisti. Il vescovo sotterraneo è accettato ed è in buoni rapporti con tutti i fedeli, anche quelli ufficiali. La cosa rappresenta uno smacco per l’Associazione patriottica (Ap), ancora di più perché la Santa Sede, dopo la morte di mons. Huang (Shoucheng, morto il 30 luglio 2016, n.d.r.), ha confermato la successione a mons. Guo come vescovo ordinario”.
Insomma, tra alti e bassi in Cina il cattolicesimo cerca la sua strada. Ma la Santa Sede lavora con tenacia e dedizione, con il segretario di Stato Pietro Parolin (nella foto), – profondo conoscitore delle cose cinesi – in testa.
Vedremo fino a che punto il dialogo potrà portare a una soluzione in grado di garantire un’effettiva libertà di culto per i cattolici cinesi. Tutt’altro che cittadini di serie b, malgrado la loro fedeltà al papa abbia da sempre minato la loro percezione di “buoni patrioti” cinesi.