Impossibile trovare parole più chiare e disarmanti di quelle dell’Unicef: “L’umanità è morta oggi”. L’orrore delle armi chimiche che hanno ieri colpito bambini negli ospedali, la strage di sessanta morti in seguito al bombardamento di Assad contro i suoi nemici in Siria non è soltanto l’ennesimo capitolo di sangue in una guerra ignorata, nonostante duri da sei anni, abbia già causato cinquecentomila morti e sconvolto tutti gli equilibri in Medio Oriente. È una svolta nella mostruosità, al punto tale che il regime accusato, e non da oggi, d’aver fatto uso di gas tossici, nega qualsiasi responsabilità sull’accaduto, attribuendo non si capisce bene a quale propaganda il racconto irriferibile. Come si fa, in effetti, a far vedere le immagini agghiaccianti che pur circolano, le incredule testimonianze dei volontari, la pura e semplice (semplice?) cronaca della realtà dei fatti, che purtroppo vale più di mille indignati commenti?
Questo mondo impazzito ha imparato a digerire tutto. Ogni infamia del Novecento ha il suo drammatico nome di riconoscimento: il gulag e il Lager, le foibe e i desaparecidos, il Ruanda e Srebrenica. In ogni tempo e luogo del pianeta, partendo dalla drammatica unicità dell’Olocausto avvenuto nel cuore dell’Europa, sempre abbiamo ripetuto a noi stessi e al mondo: “Mai più”. Mai più accadrà di consentire a chiunque, in nome di qualsivoglia aberrazione, di annichilire popoli e persone, di uccidere nell’impunità e nell’indifferenza del resto dell’universo.
Nell’era di internet, dove tutto si sa di tutti, e subito, pare un’assurdità: come si può pensare che, assistendo a una strage e vaccinati contro i crimini del passato, i governi non vedano, non sentano, ma parlino soltanto? La Siria è la prova vivente, anzi, morente, dell’illusione in cui ci siamo a lungo cullati. “Mai più”, a fronte di bambini ammazzati col gas? “Mai più” davanti a filmati che ci urlano “aiuto”?
Non esiste ragion politica al mondo che possa tollerare l’assassinio di bambini. Siamo al di là di ogni convenzione internazionale e di ogni convinzione personale su torti e ragioni nel conflitto in Siria. Ma la tragedia nella tragedia è non individuare, ancora!, chi possa credibilmente e fermamente intervenire per porre fine al massacro.
È una vergogna senza fine, di cui un giorno qualcuno ce ne chiederà il conto. E noi non potremo dire, per giustificare la viltà, che non sapevamo ciò che avveniva sotto i nostri occhi.
(Articolo pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi e tratto dal sito www.federicoguiglia.com)