La notizia è passata quasi sotto silenzio, ma è clamorosa. Tesla Motors, la società di veicoli elettrici che fa capo a Elon Musk, (nella foto) vale più di Ford, un colosso dell’auto statunitense. A far salire le azioni del gruppo californiano a Wall Street (oltre 46 miliardi di dollari di capitalizzazione), è stato il record stabilito per la produzione e le consegne nel primo trimestre dell’anno. Chissà se sta festeggiando nella sua tomba questa performance anche lo scienziato da cui prende il nome una delle industrie più innovative al mondo. Questo scienziato è il serbo Nikola Tesla (1856-1943). Per alcuni un sognatore visionario (come il miliardario della Silicon Valley, che vuole colonizzare Marte), per altri una delle menti scientifiche più brillanti del suo tempo. In un volumetto di cui consiglio la lettura, Edoardo Segato smonta la prima tesi e disegna un ritratto più veritiero di un protagonista della modernità tecnologica (Tesla. Lo scienziato contro, Hoepli, 2015).
Nel 1884, dopo essersi laureato in ingegneria al Politecnico di Graz e già padrone di ben nove lingue, Tesla può finalmente coronare il suo sogno: lasciare l’Europa e salire a bordo di un piroscafo diretto a New York. Aveva con sé una lettera di presentazione del suo mentore, l’ingegnere inglese Charles Batchellor, indirizzata a Thomas Alva Edison. Dopo un breve colloquio, viene assunto alla Edison Machine Works.
Titolare di circa quattrocento brevetti, che spaziavano dalla telefonia alla conservazione dei cibi freschi, dal fonografo al grammofono, dalla lampadina alla telegrafia, il trentasettenne Thomas era un’icona della seconda rivoluzione industriale. I suoi laboratori, all’avanguardia nel campo dell’elettrotecnica, avevano trasformato l’illuminazione urbana – avviata a Manhattan e nel New Jersey – nel businnes del secolo.
Tuttavia, il sistema a corrente continua dell’inventore americano non era privo di problemi. Esigeva infatti una centrale ogni due miglia per prolungare il flusso elettrico, con dispersioni di energia e costi assai elevati. Tesla propone di sostituirlo con un sistema a corrente alternata, capace di far viaggiare l’energia per centinaia di miglia senza la minima perdita, tramite semplici convertitori di tensione. Thomas accetta, e promette al suo ambizioso collaboratore una somma di cinquantamila dollari se fosse riuscito nell’impresa. Sei mesi dopo, l’ultimo bullone dei nuovi impianti veniva avvitato. Quando il giovane serbo gli chiede la ricompensa pattuita, Edison scoppia in una risata e lo congeda con una pacca sulle spalle. Tesla, indignato, si dimette su due piedi e sbarca il lunario come operaio alla Western Union Telegraph Company.
Divenuto cittadino americano, nel 1891 in affollatissime conferenze presenta gli esperimenti compiuti con diversi tipi di gas nobili. Sempre in frac e cravatta bianca, mandava in visibilio la platea quando accendeva le lampade fluorescenti forgiategli da esperti soffiatori veneziani. Sebbene dieci volte più luminose e più resistenti di quelle a incandecenza di Edison, solo molto più tardi gli verrà riconosciuta la paternità delle lampade al neon e al plasma. Ormai famoso, nonostante il carattere schivo e una certa tendenza all’ipocondria, è ospite abituale del raffinato ristorante Delmonaco, dove conosce il compositore Antonin Dvorak, l’architetto Stanford White e Mark Twain, che diventerà il suo migliore amico.
Grazie alla munificenza di John Jacob Astor, il proprietario del Waldorf Astoria, nel 1899 installa una stazione sperimentale alle pendici di Pike’s Peak, la montagna che sovrastava Colorado Springs. Con una potenza di cento milioni di volt, il suo trasmettitore era capace di produrre fulmini artificiali che terrorizzavano gli abitanti della zona. Colpito dai suoi progressi e dalla lettura di un suo importante articolo “Sull’incremento dell’energia umana”, il magnate John Pierpont Morgan gli accorda una grossa somma per la costruzione di un nuovo impianto. Tesla assicura che molto presto il cavo telegrafico che passava sotto l’oceano sarebbe apparso come un reperto archeologico. Mentre veniva eretta la gigantesca “torre di Wardenclyffe”, il 21 dicembre 1901 la stampa diffonde una notizia sensazionale: usando un aquilone come antenna, Guglielmo Marconi aveva spedito il primo segnale radio dalla Cornovaglia fino all’isola canadese di Terranova. Nel 1909 lo scienziato italiano è insignito del premio Nobel (insieme Carl F. Braun). In seguito ammetterà di aver utilizzato una bobina di Tesla, negando però di essere a conoscenza delle sue ricerche.
Nel 1893 Tesla aveva conosciuto Swami Vivekananda, il mistico indiano in viaggio negli Stati Uniti per diffondere la dottrina yoga. Era rimasto affascinato dai concetti vedici sull’energia, il cosmo e la materia, e da quell’armonia universale predicata dalle filosofie orientali per lui affine alla kantiana pace perpetua (di cui perfino il suo amato Voltaire dubitava, definendola una chimera). Energia libera e un pianeta pulito, sgombro da scempi, sprechi e crimini: il suo era un idealismo talmente radicale da risultare spietato nello stesso personalissimo stile di vita. Vegetariano come Einstein (ma contrario alla teoria della relatività),nessuna donna riuscirà a scassinare il suo cuore. Maniaco dell’igiene (mangiava sempre con i guanti), era ossessionato dal numero tre e dai suoi multipli. Si recava quotidianamente a Park Avenue per nutrire i piccioni, diventando il tutore di tutta la fauna avicola di Manhattan. Era ormai solo, emarginato dalla comunità scientifica, lontano dalla sua patria, e si manteneva con le donazioni annuali delle autorità jugoslave e di qualche benefattore privato.
Il 7 gennaio 1943 viene trovato esanime nella sua camera del New Yorker Hotel. Poche ore dopo, agenti dell’Fbi sequestravano tutti i suoi documenti, “most secret” per un ventennio. Non c’è quindi da stupirsi che siano fiorite tante leggende sull’uso che ne avrebbe fatto la Cia. Sappiamo per certo, invece, che aveva già brevettato la prima candela elettrica per l’accensione del motore e un tachimetro ad attrito per alcuni modelli di lusso della Pierce-Arrow. Inoltre, che aveva brevettato un velivolo a decollo e atterraggio verticale (negli anni Cinquanta sarà realizzato dalla Lockheed). Infine, che aveva progettato una potentissima arma, da lui chiamata “raggio della pace” ma soprannominata dai giornali “raggio della morte”, che alimenterà le spy story più stravaganti. Se posseduto da tutte le nazioni, per Tesla il raggio avrebbe spento ogni istinto bellicoso degli uomini. Come osserva Segato, aveva detto la stessa cosa Alfred Nobel dopo aver inventato la dinamite. Del resto, il grande serbo non poteva immaginare che, appena due anni e mezzo dopo la sua morte, ordigni forse più micidiali della sua arma misteriosa avrebbero raso al suolo Hiroshima e Nagasaki.