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Ecco come in Francia i cattolici si sono divisi fra Macron e Le Pen

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Nonostante i cathos praticanti siano ormai minoranza, mai il voto dei cattolici in Francia era stato così discusso come per le presidenziali 2017. Con la Conferenza episcopale criticata apertamente tra primo e secondo turno per non avere preso esplicitamente posizione contro il Front National. Dopo l’elezione di Emmanuel Macron, i vescovi gli augurano buon lavoro “per il bene del Paese”, nel segno di un rimanere in una “Europa che va riformata”, mentre la scelta di non schierarsi per l’uno o l’altro dei candidati si conferma come il tentativo di non spaccare ulteriormente un mondo cattolico diviso, qual è emerso dalle urne del 7 maggio.

MACRON PREVALE TRA I CATTOLICI MA IL FN PROGREDISCE

Il consenso tra i cattolici è stato più marcato per il candidato centrista, con il 62% complessivo. Tra chi va regolarmente a messa, la percentuale sale al 71% e scende al 54% tra gli occasionali. Percentuali che smontano la narrazione del voto lepenista come prerogativa degli ultra tradizionalisti, che contestano a Macron le posizioni sui temi etici. Chi più va a messa, ha votato il centrista. Ma la diga è comunque saltata. Certo: il voto cattolico francese è tradizionalmente ancorato nel centrodestra – al primo turno il 46% aveva sostenuto il repubblicano François Fillon – ma è sempre stato recalcitrante verso l’estrema destra. Non questa volta. Secondo un sondaggio Ifop per La Croix e Le Pèlerin, il 38% del voto cattolico è andato a Marine Le Pen. Percentuale superiore alla media francese (34%), che cresce al 46% tra i praticanti occasionali e scende al 29% tra quelli regolari. Al primo turno, solo il 15% dei praticanti regolari aveva appoggiato la leader del Front National. “Un cambiamento senza precedenti”, osserva Jérôme Fourquet, di Ifop. I cattolici sono andati in massa alle urne: ben l’80% dei praticanti regolari. Ma il sondaggio non chiarisce quanti abbiano scelto scheda bianca, che a questa tornata elettorale ha raggiunto livelli mai visti. Con il 67% è squillante la percentuale di voto protestante per Macron e ancora più alto tra i musulmani, con il 92%. Il sondaggio non ha preso in considerazione il voto degli ebrei.

LA SOBRIA REAZIONE DELL’EPISCOPATO

“I nostri auguri e le nostre preghiere l’accompagnino nella sua impegnativa missione al servizio della Francia in vista del bene comune”. È stato monsignor Olivier Ribadeau Dumas, segretario generale e portavoce della Conferenza episcopale francese, a esprimere per primo in un tweet domenica sera gli auguri dei vescovi a Macron. Il presidente dell’episcopato transalpino, l’arcivescovo di Marsiglia, Georges Pontier, ai microfoni di Radio Vaticana, gli augura di riuscire “per il bene del Paese” e indica la lotta alla disoccupazione come prioritaria. Quanto alla divisione dei cattolici, Pontier non si meraviglia “perché i cattolici sono in ogni strato sociale”. Ma – osserva – ci sono dei limiti, “barriere che nascono dal Vangelo, dal rispetto dell’uomo, dal rispetto della vita, dal rispetto dell’accoglienza, dell’accoglienza dello straniero, dalla giustizia sociale, dalla ricerca della pace. E tutto questo deve iniziare a livello europeo”. Chiaro riferimento al disagio verso il lepenismo. Così come al disappunto sull’agenda etica di Macron che lo distanzia dalla dottrina sociale della chiesa. Ma non c’è ansia. Nel messaggio per l’8 maggio, festa in Francia che celebra la fine della Seconda guerra mondiale, Dominique Lebrun, arcivescovo di Rouen, ricorda semplicemente che “un’elezione non è che un’elezione. Altri verranno. Per il cristiano ogni giorno è un giorno di impegno politico”.

EMMANUEL E IL VATICANO

La Santa Sede non ha ancora rivolto nessuna parola ufficiale a Macron. L’uso diplomatico vaticano fissa nel giorno dell’insediamento del nuovo presidente l’invio di un telegramma di congratulazioni del Papa. Intanto ci si domanda se Macron chiederà udienza a Francesco in occasione del viaggio in Italia di fine maggio per il G7 di Taormina (26 e 27 maggio). Sarebbe un grande affollarsi in quei giorni dei leader delle superpotenze in Vaticano: Donald Trump incontrerà il Papa il 22; subito dopo il G7 anche il premier canadese Justin Trudeau avrà il suo primo incontro con Francesco. Probabilmente Macron attenderà qualche tempo prima di chiedere udienza al Pontefice. François Hollande aveva aspettato quasi due anni prima di arrivare in Vaticano. Un primo incontro cordiale, a conclusione di un periodo di difficoltà nei rapporti. Come ha ricordato lo stesso Francesco di ritorno dall’Egitto, con Hollande c’era stato un conflitto. Poi chiarito nel rispetto delle posizioni reciproche. Riferimento al mariage pour tous, il matrimonio gay, e alla decisione di inviare in Vaticano un ambasciatore apertamente omosessuale. Nomina poi ritirata dall’Eliseo. Tra i due i rapporti sono stati in seguito più distesi. Hollande ha incontrato in maniera privata Bergoglio dopo l’assassinio da parte dei terroristi del sacerdote Jacques Hamel. Ma il presidente non ha mai preso possesso del suo titolo di “canonico onorario” della basilica di San Giovanni in Laterano, la cattedrale del Vescovo di Roma. Una tradizione che risale al 1482, un privilegio concesso alla nazione “primogenita e prediletta della Chiesa”. Come Hollande, anche Georges Pompidou e François Mitterrand non ritirarono mai il titolo, a differenza di Nicolas Sarkozy. Come si comporterà Macron, ex allievo dei gesuiti di Amiens?

CAUTA APERTURA DELL’OSSERVATORE ROMANO

L’Osservatore Romano dedica due articoli alle presidenziali francesi. In prima pagina, si prende atto favorevolmente del progetto di “rifondazione necessaria” dell’Unione europea. Un piano che secondo il giornale della Santa Sede Macron ha ben preciso. Ma si evidenziano anche le difficoltà: “Sui problemi sociali non sembra esprimersi in modo altrettanto chiaro”.

COSA SCRIVE LA STAMPA CATTOLICA

Di “nuovo inizio per la Francia e per i cristiani” scrive il direttore del settimanale La Vie, Jean-Pierre Denis, riferendosi “ai delusi” del liberalismo di Macron, o ai tentati dalla “tentazione triste” del lepenismo. “Raramente – osserva – i cristiani sono stati così richiesti e tirati da ogni parte come oggi. È questa un’occasione favorevole per uscire dall’ideologia partigiana in favore di un’autentica laicità”. Tira un sospiro di sollievo il direttore de La Croix, Guillaume Goubert: “Possiamo rallegrarci perché a differenza di inglesi e americani i francesi hanno rigettato le tentazioni xenofobe e isolazioniste”, ma allo stesso tempo avverte dei problemi sociali da risolvere in un paese diviso. Sulla stessa lunghezza d’onda Dominique Quinio, responsabile delle Settimane sociali in Francia, che intervistato dal Sir ammette: “L’aspetto maggiormente positivo della vittoria di Macron è che non ha vinto il Front National con un programma inquietante”. Aggiunge: “Ciò che preoccupa è che Macron dovrà fare i conti con una Francia molto divisa”.

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