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Vi spiego cosa possono fare i commissari Alitalia. Parla il prof. Giuricin

LUIGI GUBITOSI, alitalia

Paradossalmente sarebbe stato meglio per Alitalia non avere tutta la disponibilità del prestito ponte“, spiega a MF-Milano Finanza Andrea Giuricin, docente di Economia del Trasporto aereo all’università Bicocca. “Con quella liquidità a disposizione il commissario straordinario potrebbe non sentirsi in obbligo di tagliare i rami secchi. Il rischio così è solo di prolungare l’agonia“. Qualche taglio andrà comunque fatto, soprattutto tra i voli domestici. Sul lungo raggio, invece, secondo Giuricin, in bilico ci sarebbero Seoul e Pechino, quest’ultima entrata da poco nel network con Santiago del Cile, Città del Messico e L’Avana.

Così come è tutto da vedere se da fine ottobre, come annunciato, Alitalia potrà davvero collegare Roma alle Maldive con voli di linea plurisettimanali (tre) diretti, fino al 24 marzo 2018. Al momento fa fede ciò che la compagnia sta comunicando attraverso tutti i suoi canali, e cioè che i passeggeri non subiranno contraccolpi. Ma che il fallimento vero e proprio, con gli aerei fermi negli hangar, non debba essere considerato un tabù è dimostrato per Giuricin dai casi di almeno altre due compagnie europee finite in bancarotta e risorte: Brussels Airlines (l’ex Sabena) e Swiss (l’ex Swissair). Fallite nel 2001, per una concatenazione di eventi (la prima concorrenza delle low cost, gli attacchi terroristici dell’11 settembre e gli impegni finanziari eccessivi per acquisti di aeromobili ben oltre le proprie necessità), sono entrambe ripartite da zero, senza interventi pubblici, e fanno parte del gruppo Lufthansa, lo stesso che, nonostante le smentite, avrebbe messo nel mirino proprio Alitalia. Il caso vuole che il piano per risanare Swissair si chiamasse Phoenix, Fenice, proprio come quello dell’Alitalia, che però da allora in poi non ha mai chiuso un bilancio in utile, cumulando perdite che solo negli ultimi 4 anni sono arrivate a circa 2 miliardi di euro.

Se invece Swiss oggi è un vettore in grado di assumere 550 nuovi dipendenti, e Brussels ha mantenuto l’Ebit positivo nonostante gli attacchi terroristici del 22 marzo 2016 nel suo hub di Bruxelles, è perché dopo aver dichiarato bancarotta sono ripartite da zero: “Chiaramente sia Brussels che Swiss sono state ridimensionate rispetto a come erano prima del fallimento“, ricorda Giuricin, “e il loro rilancio è avvenuto in totale distacco dalla politica, cosa che invece non si riesce a fare con Alitalia, nemmeno da quando è stata privatizzata. Anche la scelta di assicurarle un prestito ponte è politica, così come lo sarà la decisione di garantirle in qualche modo la sopravvivenza almeno fino alle prossime elezioni“.

L’altro caso di scuola che fa emergere ancora di più l’anomalia Alitalia è rappresentato da Aer Lingus. La compagnia aerea irlandese ha attraversato una crisi feroce, dopo essersi ritrovata in casa l’incubo di tutti i vettori tradizionali, quello che anche a sentire Alitalia è all’origine di tutti i suoi mali: Ryanair. Poteva soccombere, invece ha rivisto il suo modello di business, ha resistito a ben due opa lanciate dalla diretta concorrente, e oggi è il fiore all’occhiello di Iag, la holding che controlla British Airways, Iberia e Vueling e che l’ha acquisita nel 2015 con un esborso di circa 1,5 miliardi di sterline. Il numero uno di Iag, Willie Walsh, ha annunciato proprio in questi giorni che il gruppo si aspetta un aumento della capacità del 2,5% nel corso dell’anno, e che il tasso di crescita di Aer Lingus sarà superiore persino di quello di British Airways. “La scelta ragionata è stata di non fare concorrenza a Ryanair ma di presidiare gli spazi che una low cost non può occupare, ovvero le destinazioni di lungo raggio“, spiega Giuricin: “Questa strategia si accompagna a una grande capacità di innovazione. La compagna irlandese, per esempio, sarà tra le prime a proporre alcune rotte intercontinentali con aerei narrow body, tradizionalmente riservati al breve e medio raggio“. Si tratta degli Airbus Neo (New engine option) evoluzione dell’A320. Già oggi, Aer Lingus totalizza due terzi dei ricavi di Alitalia (circa 3 miliardi di euro) pur avendo meno del 50 per cento della domanda. La compagnia ha chiuso il 2016 con profitti per 233 milioni di euro e lanciato altre due rotte per il suo mercato d’elezione, gli Stati Uniti, collegando Los Angeles e Newark.

Di fatto il mercato europeo si è andato concentrando, intorno a pochissimi player tradizionali e a due low cost. In particolare Lufthansa è cresciuta grazie alle acquisizioni (Swiss, Austrian, Brussels, ecc.), così come Iag con British Airways, Iberia, Vueling, e Aer Lingus). Ma Alitalia non ha perso solo perché non ha costruito alleanze. “Si è consegnata alla sconfitta nel 2015“, conclude Giuricin: “Quando non è riuscita a convincere Adr di essere la compagnia di riferimento di Fiumicino“.

(Estratto di un articolo più ampio pubblicato su MF/Milano Finanza, quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi)



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