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Cosa faranno Raynair, EasyJet e Vueling con un’Alitalia dimagrita. Parla il prof. Ponti

Se come nel Risiko ogni compagnia aerea dovesse mettere una bandierina su ogni aeroporto in cui risultasse principale operatore, Alitalia conterebbe appena 8 vessilli sul totale dei 40 scali italiani. Se poi la classifica riguardasse soltanto i 16 aeroporti classificati come di primo livello, quelli considerati strategici perché inseriti nella rete Transeuropea, il bottino verrebbe dimezzato.

L’AVANZATA DI RYANAIR

A sventolare sulla maggior parte degli scali italiani è infatti l’arpa celtica di Ryanair, simbolo delle low cost e primo vettore in oltre la metà degli aeroporti italiani, (e la percentuale non cambia tra quelli strategici). A Fiumicino, scelto tre anni fa da Etihad come hub della rinascita della compagnia, i numeri già confermano il trend. Nel primo trimestre del 2017 la capacità di Alitalia è scesa del 6% e nonostante ciò il traffico complessivo del Leonardo da Vinci è cresciuto del 3,2%.

COSA SUCCEDE A ROMA

Gli altri operatori infatti hanno registrato un aumento del 5%. Guardando ai ricavi, la compagnia tricolore ha pesato sullo scalo romano per il 30%, ma le proiezioni a fine anno indicano una contrazione. Rispetto agli anni Novanta Alitalia ha già perso il proprio ruolo dominante. Anche i due aeroporti milanesi sembrano non temere contraccolpi troppo duri. Un po’ perché a Malpensa la botta ci fu già nel 2007, quando gli si preferì Roma, un po’ perché slot e rotte hanno già pretendenti. Per Save, Alitalia è solo il terzo operatore, con circa il 6% del traffico, e secondo gli analisti di Mediobanca “la cancellazione dei voli da e per l’aeroporto di Venezia potrebbe avere un impatto temporaneo contenuto sull’Eps, nell’ordine dell’1-4%”.

IL RUOLO DEGLI SLOT

Molto nello scenario futuro dipenderà dal commercio degli slot, ricorda il professor Marco Ponti (nella foto), docente di Economia e pianificazione dei trasporti al Politecnico di Milano. “In passato l’Unione europea è stata conservativa al riguardo, permettendo alla ex compagnia di bandiera di mantenere gli slot più preziosi. È il caso dei collegamenti Milano-Parigi o Milano-Roma delle 8 del mattino o di quelli serali, utili a intercettare la domanda business. Occorrerà capire se sarà ancora così”, spiega Ponti a MF-Milano Finanza. La stessa Ryanair si sta orientando verso questo segmento. Se è pur vero che negli ultimi anni ha dimezzato il traffico, scendendo a 1,2 milioni di passeggeri, la tratta tra il capoluogo lombardo e la capitale è ancora richiesta. È al terzo posto tra i collegamenti più utilizzati dopo la Catania-Fiumicino e la Palermo-Fiumicino. «Non è quindi da escludere che possano arrivare anche qui le low cost. Questo nel caso che gli asset vengano venduti a spezzatino».

IL CASO DI NAPOLI

D’altra parte, almeno che non si concretizzi la cessione ad un unico vettore, si parla della tedesca Lufthansa (che al momento comunque ha smentito), il copione vuole che gli spazi lasciati liberi siano riempiti dalle low cost. Che molto spesso rivitalizzano lo scalo. È il caso di Napoli, dove nel 2014 Easyjet ha inaugurato la sua terza base italiana. Ryanair, EasyJet e Vueling sono già il primo operatore nella maggioranza degli scali italiani. Dai dati 2016 di Assaeroporti emerge che tra i primi dieci aeroporti per traffico passeggeri, soltanto Fiumicino e Milano Linate vedono le livree tricolori al primo posto. Peraltro, per numero di passeggeri totali Alitalia è già seconda a Ryanair, (primo operatore nella penisola con il 23% del valore di mercato) staccata di quasi 10 milioni di passeggeri (32 milioni per gli irlandesi contro 23 milioni). Alitalia primeggia però sui voli nazionali: 12,7 milioni di passeggeri contro i 10,4 milioni di Ryanair.

I CONTRIBUTI REGIONALI

Quanto agli slot meno profittevoli, la chiave di volta sono i sussidi sotto forma di contributi degli aeroporti regionali. “In proporzione si tratta di noccioline rispetto a quanto potrebbero costare i collegamenti sulla rete ferroviaria”, spiega ancora Ponti, riferendosi agli aeroporti minori, quelli maggiormente serviti dalle low cost. “Potrebbero essere messi a gara. Ma sono comunque contratti stipulati tra i vettori e i gestori, nei quali le compagnie prendono impegni precisi. Prendendo sempre come esempio Ryanair, questa compagnia garantisce un certo numero di passeggeri all’anno, che portano lo scalo a guadagnare dalle attività a terra”, ricorda ancora Ponti. Il professore non vede comunque grandi ripercussioni sul sistema aeroportuale italiano nel suo complesso: “Un quadro di maggiore concorrenza non può che può avere esiti positivi, che sicuramente supererebbero le eventuali conseguenze negative”.

(Articolo pubblicato da MF/Milano Finanza, quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi)


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