L’accogliente Milano fa bene a essere orgogliosa d’aver manifestato per una buona causa: l’integrazione dei tanti stranieri che da ogni parte del mondo, e da molti anni ormai, arrivano nel nostro Paese per vivere con dignità e serenità. Come ha sintetizzato il presidente del Senato, Grasso, “chi è nato in Italia e studia in Italia è italiano”. Un auspicio di elementare buonsenso, un’idea di cittadinanza che deve poter aggiungere allo ius sanguinis, il diritto naturale e civile secondo il quale è italiano chi è figlio di italiani, anche lo ius soli: italiani non si nasce solamente, ma si diventa anche, vivendo sul territorio della nazione italiana, frequentandone le scuole, amandone la lingua, le tradizioni e la Costituzione.
Ma la marcia dei centomila e il bel motto (“insieme senza muri”) che l’ha animata, e che neppure le contestazioni dei centri sociali hanno scalfito, è solo un risvolto del fenomeno che scuote l’Europa. L’altro si chiama sicurezza e non può essere separato dal primo, cioè dall’integrazione: il dovere del rispetto per il popolo italiano e per la sua tranquillità accanto al diritto di aprire le porte a chi giunge qui per scelta o necessità. Sarebbe ipocrisia o demagogia sottovalutare questo secondo aspetto, che molto inquieta i cittadini, e non senza ragioni.
Gli italiani assistono, infatti, a un’Europa che ha delegato solamente a noi il compito di confortare il dolore dell’universo. E il fatto che lo facciamo con un coraggio, una competenza e talvolta un amore unici nel pianeta, non esime gli altri europei dall’obbligo di darci una mano forte, anziché di elogiare la nostra solitudine nel Mediterraneo. Neppure la Spagna, geograficamente più a ridosso dell’Africa di noi, mostra un decimo dell’impegno e del denaro che la Repubblica italiana investe per salvare vite sull’altra sponda. La prossima marcia la si organizzi a Bruxelles, e di protesta contro la compiaciuta indifferenza.
A ciò s’aggiunga la “variante” dei criminali, che ovviamente speculano sull’immigrazione incontrollata e non distribuita in modo responsabile fra tutti i Paesi dell’Unione. Si va dai delinquenti inumani quali sono gli scafisti alle infiltrazioni mafiose che cercano di lucrare e sporcare l’opera benemerita delle organizzazioni volontarie. Per non dire del fondamentalismo violento e inconciliabile coi valori occidentali che si cela e si alimenta nel deserto dell’insicurezza.
Accoglienza e rigore devono sempre “marciare” insieme.
(Articolo pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi e tratto dal sito www.federicoguiglia.com)