Se il matrimonio non è per sempre, neanche il divorzio può perpetuare lo stesso stile di vita. Con questo principio solo all’apparenza paradossale, ma in realtà rivoluzionario, la Corte di Cassazione ha appena cambiato i criteri che per trent’anni sono stati applicati per stabilire l’assegno da sempre parametrato al precedente tenore di vita per l’ex coniuge – nella grande maggioranza dei casi la donna -, che lo riceveva. D’ora in poi, hanno sentenziato i giudici supremi, il mantenimento non dovrà essere riconosciuto alla persona richiedente che è economicamente in grado di farcela da sé. Per capirlo, bisognerà guardare ai suoi redditi, ai beni immobili e mobili posseduti, alla “stabile disponibilità di un’abitazione”, al lavoro personale che svolge o che è in grado di svolgere. È chiaro che in mancanza di queste risorse o possibilità, all’ex coniuge spetterà un trattamento equo per vivere una vita dignitosa. Altrimenti si tornerebbe all’era del pre-divorzio e all’ingiusta discriminazione del “più debole”, che nessuna Cassazione potrebbe mai avallare.
Dunque, il divorzio non viene più associato all’idea unitaria di una coppia che si divide, ma alla realtà separata di due singole persone che si lasciano definitivamente. E se esse hanno deciso di rompere il vincolo giuridico – dice la Corte -, non si comprende perché dovrebbe restare vita natural durante il rapporto economico preesistente che era legato a quel matrimonio indissolubile, eppur dissolto.
Così come quarant’anni fa l’introduzione della legge sul divorzio – confermata dai cittadini con referendum – era il ritratto dell’Italia che stava cambiando, e che esigeva per moglie e marito il diritto civile di potersi dire addio, di nuovo è il divorzio a segnalare la svolta del costume e della società.
La condizione delle donne che oggi lavorano, quindi autosufficienti, è imparagonabile a quella delle mogli-casalinghe degli anni Settanta. Se la vera parità, anche economica, tra uomo e donna è ancora lontana, è tuttavia indiscutibile il cambio di rotta nell’equilibrio sociale e familiare tra coniugi. I giudici prendono atto e, anticipando i dormienti legislatori, danno una nuova interpretazione del diritto destinata a incidere molto nei divorzi vip, tipo Veronica Lario e Silvio Berlusconi. Ma è un richiamo forte alla auto-responsabilità dei divorzianti, che si antepone al principio, finora più considerato, della solidarietà.
(Articolo pubblicato da L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi e tratto dal sito www.federicoguiglia.com)